8. [Party]

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Mi svegliai verso le 9.00 del mattino. Avevo dormito tutto il pomeriggio e tutta la notte seguente. Era anche normale, visto il fatto che la notte prima non avevo dormito per niente.
Mi alzai controvoglia senza fare colazione, non avevo fame. Mi vestii con una canotta bianca, una felpa viola, delle calze nere, degli shorts di jeans e le mi amate Converse viola. Mi pettinai e scesi al piano di sotto. Lì trovai una cosa che non mi sarei mai aspettata: c'erano Kiara, Martin e mamma dietro ad una torta su cui c'era scritto "Tanti auguri Beth" ed il numero 17.
«Ma cos...» dissi con la voce impastata per il sonno mentre mi stropicciavo gli occhi con la mano. Meno male che non mi ero truccata. «Ma come?! Oggi compirai 17 anni, non ricordi?» puntualizzò Kiara. Solo a quel punto mi ricordai. Era il 15 febbraio, il giorno del mio compleanno. Ero così preoccupata per Jack che me ne ero completamente dimenticata.
«Grazie ragazzi!» dissi molto felice, ma poi il mio sguardo diventò cupo quando mi accorsi della mancanza della persona che aspettavo di più di tutte «Se solo ci fosse anche Jack...»
«Qualcuno mi ha chiamato?» sentii una voce familiare alle mie spalle.
«Jack!» mi girai e lo abbracciai forte. Poi lui mi prese il mento e mi baciò.
Appena ci staccammo notai mia madre che mi guardava con sguardo omicida. Io abbassai lo sguardo e arrossii, poi però lei sorrise e mi abbracciò. Adesso ero davvero felice.
«Dai mangiamo la torta, poi usciamo un po', ok?» disse Martin.
«D'accordo.» risposi, e poi ci sedemmo tutti intorno al tavolo a mangiare la torta. Era buonissima. Dopo che tutti avemmo finito, ci alzammo ed uscimmo per le vie di città. Era domenica mattina, e in giro non c'era nessuno.
Camminammo per un po', poi arrivammo al parco e ci sedemmo tutti su una panchina. Eravamo soli e non si sentiva nessun rumore.
Quel silenzio religioso venne interrotto da Kiara, che iniziò un discorso: «Visto che oggi è il tuo compleanno...» venne però interrotta da Martin che continuò la frase al posto suo «...Volevamo farti una sorpresa...» stava per continuare, quando Jack lo interruppe a sua volta e finì «...Abbiamo affittato un locale per la tua festa!»
Io ero ancora più felice. Abbracciai tutti e dissi: «Grazie ragazzi... Vi voglio bene!»
«Anche noi te ne vogliamo» dissero in coro Kiara e Martin. Ero sempre più convinta che quei due condividessero un solo cervello. A volte facevano persino paura quando dicevano le cose in contemporanea. Erano fatti l'uno per l'altra. Però loro non lo sapevano all'inizio, sono stata io a consigliargli di mettersi insieme. E a quanto pare avevo fatto bene.
«Io non ti voglio bene.» disse Jack, serio. Io lo guardai, e dopo qualche secondo continuò: «Io ti amo.» allora lo baciai.
«UUUUUH!» le voci di Kiara e Martin ci riportarono alla realtà. Stavano di nuovo condividendo i cervelli. Un giorno dovrò dirgli di impegnarsi a non farlo mai più.
«Ehi smettetela!» gli dissi, arrossendo. Loro risero e poi risi anche io.

Verso le 12.00 invitai tutti a pranzare da me e dopo pranzo Jack e Martin andarono via, per fare qualcosa che non sapevo, così rimanemmo io e Kiara da sole.
«La festa è alle 18.00, quindi in sole quattro ore devo darmi da fare: devo trovare qualcosa di carino da metterti, devo truccarti, sistemarti i capelli... E poi devo sistemarmi anche io! Abbiamo pochissimo tempo!» disse lei tutto d'un fiato ed aprì il mio armadio. Lo guardò per un po' e poi disse, tirando fuori da esso e lanciando all'indietro magliette e jeans che per lei non andavano bene: «Mmmh... Vediamo un po'... Questo no... Questo neanche... Questo non ne parliamo... Ma insomma! Qui dentro non hai proprio niente di elegante e adatto ad una festa? Mmh... Mi sa che dobbiamo andare a fare un po' di shopping!» e poi mi trascinò fuori casa. Non opposi resistenza: mai opporsi a Kiara mentre ha un istinto creativo.
Camminammo fino al centro commerciale e poi entrammo in un negozio dove vendevano vestiti eleganti e cose del genere. Non era proprio il mio ambiente.
Cercammo qualche vestito e Kiara mi propose un abito verde acqua chiaro, con la gonna a palloncino e con tante balze e pizzi bianchi dappertutto, con un grande fiocco bianco sulla schiena, abbinato a delle ballerine nere.
«Non voglio mica vestirmi da bomboniera!» le dissi e lei controvoglia lo posò.
Continuammo a cercare, ma non c'era niente che mi piaceva. Ad un certo punto, però, trovai un abito che mi colpì: era corto fino a metà coscia, aderente, con le maniche corte e lasciava le spalle scoperte. Aveva diverse sfumature di viola, ed all'altezza dell'ombelico c'era un nastro nero annodato da un lato, che lasciava penzolare l'inizio e la fine di esso. Sembrava piacere anche a Kiara, così optammo per quello con degli stivaletti neri alti fino a sopra la caviglia e con un tacco vertiginoso insieme ad una borsetta minuscola piena di paillettes, sempre nera.
Kiara invece non comprò niente, quello che doveva indossare lo aveva già nel suo armadio, così pagammo ed uscimmo dal negozio.
Poi mi riportò a casa e mi fece la piastra, poi andai verso il bagno per truccarmi, ma lei mi bloccò e disse che doveva truccarmi lei, perché "era un'occasione importante e non potevo truccarmi come al solito". Allora mi mise un ombretto rosa sfumato sul viola e l'eye-liner nero con il mascara. Poi mi mise un rossetto rosa.
«Ma questo potevo farlo anche io» le dissi, un po' scocciata.
«Si ma non sarebbe venuto così bene! E adesso va a vestirti!» mi rispose e feci come mi aveva detto. Quando finii mi guardai allo specchio. «Beh, devo dire che nel complesso non è male. Hai fatto un ottimo lavoro, Kiara, però non credo riuscirò a stare molto sui tacchi.» le dissi.
«Allora. Primo: certo che è venuto bene l'ho fatto io! Secondo: stai tranquilla, ti abituerai presto a quei tacchi vertiginosi.» disse lei ridendo. Poi iniziai a ridere anche io.
Poi si vestì anche lei e io dovetti aspettare fuori dalla mia stanza, perché "non voleva essere disturbata". Dopo qualche minuto uscì e la osservai: aveva un vestito lungo fin sopra il ginocchio, nero, pieno di paillettes, con una scollatura a cuore e senza spalline, con sopra un copri spalle a maniche corte bianco. Aveva delle scarpe bianche con il tacco (sempre altissimo) ed una borsetta con una tracolla bianca. I suoi boccoli neri con lo shatush le ricadevano sulle spalle ed i suoi occhi marroni erano messi in risalto da un trucco argentato tendente al nero, con un rossetto rosso fuoco.
Lei sorrise e poi indossammo le giacche e partimmo nella sua macchina, una di quelle macchine che si possono guidare anche senza la patente.
Arrivammo nel locale che avevano affittato e entrando trovammo una sala allestita da discoteca, con tanto di palla sul soffitto e stereo con delle casse enormi per sentire la musica. C'era un angolo con dei tavoli ognuno con quattro sedie e dall'altra parte della stanza c'erano due divanetti con un tavolino al centro.
Salutai tutti gli invitati, ragazzi e ragazze della nostra classe scelti accuratamente da Kiara, Martin e Jack. Quest'ultimo arrivò dopo qualche minuto, ed io lo salutai con un caloroso bacio. Tutti ci guardavano, ed io mi sentivo un po' a disagio. Lui deve averlo notato, perché si staccò e mi sorrise «Sei bellissima.» disse.
Arrossii lievemente «Grazie...» gli risposi.
Lo osservai, anche lui non era male: aveva un paio di jeans, una camicia bianca con le maniche arrotolate appena sotto il gomito ed un gilet blu scuro non abbottonato. Ai piedi aveva delle Jordan nere e azzurre. Ero poco più alta di lui, ma solo grazie ai tacchi vertiginosi che portavo.
Ricambiai il suo sorriso, lo presi per mano e ci incamminammo verso i divanetti per accomodarci.
Su uno di questi era seduto un ragazzo, era di spalle, quindi non riuscivo a vederlo bene. Mano a mano che ci avvicinavamo riuscivo a distinguere meglio la figura: aveva dei folti capelli nerissimi come la pece.
Ad un certo punto si voltò, era molto bello: i lineamenti quasi perfetti erano un po' tesi, i suoi occhi verde smeraldo mi fissavano e le sue sopracciglia nere come i capelli erano aggrottate a formare un po' di rughe sulla sua fronte.
Rimasi sbigottita da quello che vidi. Avevo la bocca aperta e gli occhi spalancati. Anche Jack era sorpreso, da questo capii che non lo aveva invitato lui. La mia mente iniziò a pensare più veloce della luce.

Non può essere lui.

E se è lui, chi lo ha invitato?

Quel ragazzo che mi fissava era...

Non mi lasciare solaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora