16. [Pact]

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Io e Jeff continuiamo a guardare il film, fino alla fine. Spengo il lettore DVD e porto in cucina la ciotola con i pop corn, ormai vuota. Torno il salotto, dove seduto sul divano c'è Jeff ad aspettarmi. Mi siedo accanto a lui, che mette il braccio intorno alla mia spalla. Rimaniamo così, fino a quando non lo sento dire: «Che ti ha detto lui?» non riesce neanche a nominare il suo nome, tanto lo odia. Ormai ama Sonya, ma è sempre stato iperprotettivo nei miei confronti, ha paura che Jack mi possa far soffrire ancora.
«Mi ha chiesto di tornare con lui.» gli dico, abbassando lo sguardo.
«Tu che gli hai risposto?» sento i suoi occhi verde smeraldo guardarmi.
«No.» gli rispondo. Mi sento a disagio a parlare del mio rifiuto, perché, dentro di me, voglio tornare insieme a lui, passare i pomeriggi insieme, la sera a guardare dei film sul divano e la notte abbracciati nel letto. Mi da fastidio il pensiero del "no" che gli ho detto, perché dalla mia bocca stava per uscire un "si". Mi manca. Tanto. Anche se abita a pochi isolati da qui.

È passata una settimana da quando Jack è tornato. In questi giorni, è sempre venuto a trovarmi al bar. Mi fa stare male, vederlo a qualche metro da me e non poterlo abbracciare.
Non riesco a capire che cosa mi fa. Mi ha lasciata, si è dimenticato di me, mi ha fatto soffrire... E non riesco ad odiarlo. Non ci riesco. Forse perché, in fondo in fondo, so che lo amo ancora. L'ho sempre saputo.

Mi sveglio grazie al suono assordante della sveglia. Sono le 7,45. Maledetta, ha suonato tardi. Sono in ritardo, alle otto devo essere al bar. Mi alzo velocemente dal letto e corro in bagno, dove mi vesto con la maglietta del bar ed un paio di pantaloni neri, indosso le mie All Star verde acqua e mi pettino velocemente i capelli, raccogliendoli in una coda alta, poi mi precipito fuori casa, senza neanche truccarmi. Salgo in macchina e mi avvio verso il bar. Le 8,00. Appena in tempo. Indosso il grembiule e corro dietro il bancone, iniziando a prendere le ordinazioni dei clienti.

Come ogni giorno, arriva Jack.
«Ciao Beth.» mi dice.
Non alzo lo sguardo dal bicchiere che sto lavando «Ciao Jack.»
«Ho bisogno di parlarti. In privato.» mi guarda come se la cosa che mi deve dire è molto importante. Faccio segno a James, un ragazzo di sedici anni, biondo con gli occhi marroni, che lavora come dipendente al bar da poco tempo, di venire a prendere il mio posto al bancone. Lui, tutto sorridente, viene e inizia a prendere le ordinazioni dei clienti.
Io e Jack usciamo e ci sediamo su uno dei tavolini esterni al bar. Mi guarda per minuti interminabili, in cui ricambio il suo sguardo preoccupata, poi parla: «Beth, io ti amo. Ti ho sempre amata da quando ti ho conosciuta due anni fa e ti amerò per sempre. So che non tornando ho fatto un grosso sbaglio, ma avevo paura che ritornando ti avrei arrecato dolore, quindi ho provato a dimenticarti, senza successo. In questi due anni ho continuato a pensare a te, e la cosa più brutta era la consapevolezza di non poterti baciare e abbracciare. Ti prego, perdonami. Ho bisogno di te.» mi guarda in modo supplichevole.
«Tu mi hai fatto soffrire. Io ti ho pensato più di quanto credi. E al tuo pensiero, soffrivo ancora di più. Sei tornato solo adesso, dopo due anni, ed io non so se essere felice o triste. Felice, perché la persona che amo è tornata. Triste, perché è tornata proprio quando la avevo dimenticata, e perché non riesco a perdonarla. Non ci riesco, mi dispiace.» abbasso lo sguardo, nonostante questo sento i suoi occhi guardarmi nell'anima.
«Che ne dici... Di ricominciare da capo?» dice dopo qualche minuto. Alzo lo sguardo, non capendo cosa sta dicendo.
«Facciamo che in cinque giorni, che partiranno domani, devo essere in grado di riconquistarti. Se ci riesco, staremo insieme, come vogliamo entrambi. Se non ci riesco, rimarremo come adesso, amandoci ed odiandoci allo stesso tempo.» dice quest'ultima frase quasi sussurrando, in tono triste, poi torna normale «Che ne pensi?»
Lo guardo. Sembra una buona idea. Io voglio tornare con lui, ma non riesco a personarlo. È come se dentro di me ci fosse una guerra costante, tra una parte che lo ama, che vuole stare con lui e che spera che riesca a riconquistarmi, e una parte che lo odia, non sa perdonarlo e spera in un rifiuto da parte mia. Mi sento contesa fra loro, senza poter fare niente per fermarle. Forse questo patto metterà pace fra le due parti in lotta, riuscendo a farmi decidere.
Lo fisso mentre decido, poi dico soddisfatta: «Affare fatto!»

Non mi lasciare solaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora