𝐭𝐫𝐲𝐢𝐧𝐠 𝐭𝐨 𝐟𝐨𝐫𝐠𝐞𝐭 𝐡𝐢𝐦

586 26 1
                                    

Caterina era appena salita sul taxi che l'avrebbe condotta all'aeroporto, e Loren era improvvisamente rimasta sola in casa. I suoi genitori erano usciti e Lando si stava allenando.

La stanza era così silenziosa che la ragazza non poté che restare in balia delle sue riflessioni. Nonostante avesse provato a non pensare a George, proprio non ci riusciva.

Quella situazione era uno schifo e la faceva stare male, ma cosa poteva fare? Nulla. Assolutamente nulla.

Ad interrompere quel supplizio fu il suono del campanello. La giovane si alzò di malavoglia e andò ad aprire il portone. «Lotte.» mormorò, ritrovandosi l'amica davanti.

«Disturbo?»

«No, figurati, accomodati.» continuò l'altra, facendosi di lato per lasciarla passare. «Ti va di bere qualcosa? Ho del tè in frigo.»

«Sì, d'accordo, grazie.» Charlotte prese posto sul morbido divano bianco. «Cosa stavi facendo?»

«Niente di ché,» Loren prese due bicchieri dalla credenza e versò il tè al loro interno. «anzi, ti ringrazio per essere venuta, mi stavo annoiando tantissimo.»

«Beh, felice di averti salvato.» la monegasca si lasciò andare ad una risata. «Come stai?» le chiese, poco dopo.

«Ho avuto giorni migliori.»

«Vuoi parlarne?»

La sorella di Norris esitò per un istante ma, in fin dei conti, che senso aveva tenersi tutto dentro? Probabilmente se ne avesse parlato con lei si sarebbe anche sentita meglio.

«É così assurdo.» affermò, giocherellando con la cannuccia. «Io davvero non riesco a capire... perché lo ha fatto?»

Charlotte sospirò lievemente. «Non ne ho idea.»

«Insomma, non può comportarsi così, non può dirmi carinerie, fare in modo che io provi qualcosa per lui e poi tornarsene dalla sua fidanzata, non é giusto!»

«Lo so,» commentò l'amica, prendendole la mano. «ma tu sei forte, Lo, la vita non é mica finita. Devi andare avanti, so che puoi farlo.»

«Hai ragione.» la ragazza inglese annuì brevemente.

«Usciamo?» propose poi Charlotte. «Potremmo dedicarci allo shopping.»

«Non saprei...»

«Cosa abbiamo appena detto?» la monegasca si portò le mani sui fianchi. «Su, andiamo!» esclamò, facendola alzare a forza.

Lo shopping non era mai stato fra le priorità di Loren, ma quel pomeriggio si rivelò parecchio divertente. Charlotte la trascinò presso vari negozi, facendole provare diversi capi d'abbigliamento e tentando di convincerla ad acquistarne qualcuno.

Loren si divertì a fare la passerella davanti a lei, risero come matte. Provò un abito color panna che le arrivava sopra al ginocchio, stretto in vita e un pò più largo sulla parte inferiore, accompagnato da una sottile cintura dorata. Quando uscì dal camerino, Charlotte si tolse gli occhiali da sole e spalancò la bocca.

«Devi acquistarlo obbligatoriamente, sei bellissima!»

La diretta interessata si guardò allo specchio. Quel vestito le era piaciuto ancora prima di indossarlo, quindi perché non prenderlo?

«É stato davvero divertente, grazie per questo pomeriggio.» disse, quando furono tornate a casa.

«Figurati, per te questo e altro, lo sai... stavo pensando che potremmo andare a cena fuori, stasera, ti va?»

«Perché no?» Loren poggiò le buste per terra, di fianco al tavolo. «A che ora?»

La monegasca controllò l'orario sul cellulare. «Sono le sei, ce la fai per le otto?»

«Sì, credo di sì.»

«Perfetto, passo a prenderti io, ci vediamo più tardi!» concluse Charlotte, per poi andare via.

Loren salì al piano superiore, fece una lunga doccia e passò almeno mezz'ora davanti all'armadio, indecisa su cosa mettere.

Notò l'abito nero con le maniche in pizzo poggiato lì, in bella mostra. Subito lo afferrò e lo gettò nel fondo del cassetto, dove era sicura che non lo avrebbe più visto.

Quel vestito meritava di essere dimenticato, così come la serata durante la quale lo aveva indossato per la prima volta, così come George.

Dopo essersi finalmente cambiata, notò l'auto dell'amica dalla finestra di camera sua, così non perse altro tempo e la raggiunse.

«Possiamo dare ufficialmente inizio a questa serata!» Charlotte sorrise raggiante.

Loren rise e appoggiò la schiena al sedile, cercando di liberare la mente e di rilassarsi. Volse il suo sguardo fuori dal finestrino, ammirando la città illuminata.

La monegasca non sapeva orientarsi molto bene, così l'altra le fece da navigatore e la guidò verso una pizzeria in centro.

Anche la serata fu proficua, parlare con Charlotte la aiutò a liberarsi da un peso che sentiva addosso ormai da un pò di tempo.

La loro uscita si concluse con la visione di una commedia al cinema, che contribuì a migliorare lo stato d'animo della giovane.

«Dove sei stata?» indagò Lando, una volta che la sorella rientrò a casa.

«Sono uscita con Charlotte.»

«Ah, hai fatto bene.» constatò il ragazzo, per poi tornare a focalizzare la propria attenzione sulla Play.

«Vado a dormire, sono davvero stanca, buona notte.» gli augurò lei, per poi lasciargli un bacio sulla guancia.

«Notte, Lo.»

La mattina seguente Loren si svegliò prestissimo. Erano solo le cinque quando si rese conto che non sarebbe più riuscita a prendere sonno.

Non le sembrò il caso di alzarsi e rischiare di svegliare i familiari, così decise di restare a letto. Nemmeno lei seppe dire con certezza se fosse stata una buona idea; aveva bisogno di tenersi occupata per pensare il meno possibile alla causa del suo dolore, ma di certo non sarebbe stato semplice fare ciò a quell'ora del mattino e nel silenzio più totale.

Si domandò se avesse fatto qualcosa di sbagliato, ammesso che la colpa potesse essere stata sua ma, in fondo, che colpa poteva mai avere lei? Forse quella di essersi fidata di qualcuno che non lo meritava, forse quella di provare qualcosa per qualcuno che non lo meritava. Forse, quella di stare male per qualcuno che non lo meritava.

La situazione stava divenendo davvero insopportabile, così Loren balzò giù dal letto. Indossò una tuta, afferrò il suo cellulare e gli auricolari e sgusciò via di casa silenziosamente.

La città sembrava desolata, non soltanto per l'orario piuttosto scomodo, ma anche perché proprio in quel periodo erano iniziate le ferie per molti lavoratori.

Le gambe iniziavano a farle male, ma quello non poteva che essere un buon segno. Ciò voleva dire che aveva corso abbastanza e che era arrivato il momento di riposare.

La giovane si tolse gli auricolari e si sedette su un muretto. Il lontananza vide un volto conosciuto, appena uscito dal bar di fronte.

«Alex!» chiamò, sbracciandosi.

L'amico la notò e si apprestò a raggiungerla. «Loren, cosa ci fai sveglia a quest'ora?»

«Potrei farti la stessa domanda.»

«Io devo allenarmi, ma tu?»

«Non riuscivo più a dormire, così ho pensato di fare una corsetta.» l'altra fece spallucce.

«Capisco... andiamo insieme?»

«Certo.» la ragazza gli regalò un sorriso.

Entrambi, allora, ripresero a correre lungo le vie della città.

𝐇𝐀𝐓𝐄 𝐓𝐇𝐄 𝐖𝐀𝐘 // 𝘨𝘦𝘰𝘳𝘨𝘦 𝘳𝘶𝘴𝘴𝘦𝘭𝘭Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora