Chapter 12

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Allora non so se devo o meno mettere un avviso ad inizio capitolo, poiché non è esattamente quello che potrebbe essere definito straleggero, quindi vi avverto così, dicendovi che se siete sensibili a temi quali l'abuso, credo dovreste evitare di leggerlo.
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-Genjo?

T/n non poteva crederci, non poteva essere vero.

-Mi riconosci anche solo dalla voce? Quale onore mi fai. Mi hai desiderato fino a questo punto?

-Perché sei qui?- al contrario di quella ragazzo, la voce di t/n tremava.

-Non è ovvio? Avevamo un conto in sospeso, sono venuto a saldarlo.- il ghigno che gli deformava il viso faceva rabbrividire la ragazza.

-Non ho alcun interesse nel farlo, puoi tornartene da tuo padre.

-Ma io odio lasciare le cose metà.

Nel frattempo Genjo l'aveva girata di forza in modo da essere faccia a faccia.

Le afferrò il mento, già alzato in una tacita sfida, e strinse la presa.

-Non sei felice, sorellina?- aveva sussurrato nell'orecchio della ragazza, godendosi i suoi tentativi di tirarsi indietro.

Lei, con uno scatto e prendendolo alla sprovvista, si allontanò da lui e iniziò ad mettere distanza tra loro quel tanto che le permetteva di non essere toccata da lui.

Avrebbe voluto scappare, ma aveva molte più possibilità lì fuori ad aspettare Atsumu, che a correre verso casa con la certezza che l'altro l'avrebbe raggiunta prima di arrivare.

Lui avanzò beandosi del terrore negli occhi della ragazza.

Ogni passo avanti di lui corrispondeva a due indietro di lei, fino a che non arrivò a toccare il muro della palestra con le spalle.

Si maledisse da sola per non aver pensato che indietreggiando sarebbe potuta finire bloccata in quel modo.

Genjo si era avvicinato, le mani che lentamente andavano a finire ai lati della testa di t/n.

-Certo, non è proprio come lo immaginavo, ma va bene anche qui.

Improvvisamente t/n sentì un peso opprimente che la schiacciava contro il muro, le proprie mani portate in alto e tenute strette.

Girò il viso di lato.

-Genjo, smettila. Levami le mani di dosso. Ti ho allontanato una volta, ci riuscirò ancora.- ma tutti i tentativi di liberarsi erano vani, t/n ci metteva tutta la propria forza, ma non smuoveva minimamente ragazzo più grande di tre anni che torreggiava sopra di lei.

Però tutti quei tentativi infastidirono parecchio l'altro, che, per rendere ancor più vani gli strattoni di t/n, infilo a forza un ginocchio in mezzo alle gambe della ragazza e avvicinò le sue labbra al collo sottile.

-Smettila di agitati tanto, t/n, così non ci divertiremo.- i brividi corsero per la schiena della ragazza.

-Basta Genjo, lasciami perdere.

A quella preghiera il ragazzo si liberò una mano, tenendo quelle di lei con l'altra, e la fece scorrere per tutto il suo corpo fino ai fianchi, a quel punto lo strinse quasi facendole male.

-Sai mi ricorda i bei vecchi tempi questa situazione, ma allora la mia mano era in ben altro luogo, o sbaglio?

T/n rimpianse di non aver indossato le calze quel giorno quando le dita del ragazzo entrarono in contatto con il suo intimo.

-G-Genjo, levati, t-ti prego.- le lacrime avevano iniziato a scorrere sulle guance oramai calde a causa del puro terrore che provava.

Poi fu zittita a forza dalle prepotenti labbra del ragazzo sopra di lei, ma quel bacio improvviso non aveva assolutamente nulla a che vedere con quello di poco prima: se le labbra di Atsumu potevano essere paragonati alla dolcezza che i ciliegi infondono nel cuore, quelle di Genjo erano il forte ed irruento vento che fa cadere i fiori di quei meravigliosi alberi.

Dopo quella che le sembrò un'eternità t/n riuscì a liberare il viso dalla morsa che lo teneva immobile quasi quanto l'altra mano faceva con le sue braccia.

Appena libera fece la prima cosa che le venne in mente, gridò, gridò un nome.

Atsumu aveva appena finito, si stava sistemando la cravatta della divisa che entrambi avevano rindossato, quando sentì qualcuno gridare.
No, non era qualcuno, era t/n, e gridava il suo nome.

Inizialmente il ragazzo pensò fosse per dirgli di sbrigarsi, ci metteva troppo, ma il tono era urgente.

Quindi uscì di corsa, senza neanche preoccuparsi di prendere la borsa, prima voleva accertarsi che andasse tutto bene, ma aveva un bruttissimo presentimento.

Quando fu finalmente fuori dallo stabile, Atsumu impietrì.

T/n era bloccata contro il muro, il fratellastro che la immobilizzava, le sue labbra rapite dall'altro, la cui mano era sotto la gonna nera.
Poi riprese coscienza di sé.

T/n non ce la faceva più, voleva solo allontanarsi, nascondersi, scappare.

Genjo ce l'aveva fatta ancora, l'aveva riportata in quella situazione.

Però era diverso, non c'era nessuno a staccarglielo di dosso, nessun padre ad abbracciarla.

Non credeva neanche che Atsumu l'avesse sentita per come immediatamente Genjo l'aveva zittita con la sua stessa bocca.

"Preferirei gridassi il mio di nome" le aveva detto allontanandosi quel poco che serviva.

Poi fu libera, improvvisamente il peso che prepotentemente la opprimeva non c'era più.

Author
Credo non ci sia nulla da aggiungere a parte che nel prossimo capitolo tutto si chiarirà.
Spero vi sia piaciuto e se volete lasciate un voto :)

AD ASTRA || Atsumu Miya x readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora