Dopo l'ultimo incontro in palestra con il rifiuto da parte di t/n di perdonarlo, Atsumu non fece altro che tentare di redimersi in qualsiasi modo possibile.
I tentativi di avvicinarla erano stati numerosissimi, così come le notti passate in bianco a tentare di capire perché si stesse struggendo tanto per qualcuno che, nonostante tutti i suoi sforzi, non voleva saperne nulla di lui.Con il favore del buio ed in compagnia delle stelle e della luna, il ragazzo si lasciava anche sfuggire qualche lacrima, incurante della possibilità di svegliare il fratello, crogiolandosi nella strana disperazione che gli provocava il solo pensiero che il giorno dopo, a causa sua, quando avrebbe varcato gli spessi cancelli del loro istituto, non avrebbe potuto avvicinarsi a lei.
Si sarebbe accontentato anche solo di parlarle o salutarla, pur avendo un incredibile desiderio di stringerla a sé talmente forte da non lasciarla più andare.
Erano tante anche le volte che ripensava al loro bacio, alle morbide labbra di t/n sulle sue, la sensazione di averla tra le braccia.
E poi inevitabilmente, con irruenza, gli tornavano alla mente le sporche mani del fratellastro sul suo corpo, la sua espressione, i problemi che dopo le aveva causato, e di conseguenza iniziava a stringere i pugni e a voler sfogare la rabbia su qualunque cosa o si chiunque gli fosse a tiro.
Quando poi Osamu non ne poté più, decise che era il momento di far aprire gli occhi al gemello.
Gli aveva detto in un una maniera forse anche brutale, che era "un cretino succube del suo schifoso orgoglio" e che se non si fosse sbrigato avrebbe anche potuto far crollare i muri della casa, ma la ragazza per la quale si era preso la cotta più grande del secolo si sarebbe rifatta una vita senza sentire minimamente la sua mancanza.
Atsumu, in quel momento, realizzò che si, era uno stronzo innamorato disposto a tutto pur di poter passare ancora qualche minuto in compagnia di t/n con il rapporto di prima a legarli.
Fu così che quando vide t/n cadere, sbattere la testa e perdere i sensi, non ci aveva pensato un attimo prima di precipitarsi in infermeria e pretendere di farle compagnia fino a che non si fosse svegliata, pur sapendo di non averne alcun diritto.
Eppure, Maki, a conoscenza di tutta la storia e anche degli struggimenti interiori della migliore amica per quel rapporto, decise di lasciarlo entrare.
Quando la ragazza finalmente di svegliò, rimase interdetta alla vista di Atsumu, ma il suo cuore perse un battito, letteralmente.
Il turbinio nella sua testa era implacabile e i suoi pensieri si alternavano, passando dal chiedersi perché fosse lì, a credere di volerlo cacciare via, alla speranza che rimanesse ancora un po'.
Era incoerente da parte sua, e lo sapeva bene, ma lo voleva vicino, voleva senza alcuna logica che fosse lui a dirle se avessero vinto o meno e la risposta non si fece attendere.
-Avete vinto, t/n.- il ragazzo spezzò il pensate silenzio che aleggiava nella stanza.
-Come?- fu la domanda di t/n che Atsumu interpretò alla perfezione: non era un'esclamazione di incredulità, lei già sapeva che avrebbero vinto in qualsiasi caso, ma si chiedeva se fosse stata la sua azione a decretare il vincitore.
-Sei stata tu. Maki Otosaka ha perfettamente schiacciato la tua alzata con una parallela nel campo avversario. Era fantastico quel passaggio.
Il lieve sorriso dell'alzatrice gli riempì il cuore e si diede per la millesima volta dello stupido per essersi lasciato intimidire da come il padre fosse stato distrutto da una cosa tanto bella quanto l'amore.
E seppe che probabilmente avrebbe accettato di buon grado di fare quella fine se ciò significava poter passare anche poco tempo con lei.
-T/n...- riprese Atsumu, che aveva deciso che in quel momento avrebbe dato il tutto per tutto -non ce la faccio più a doverti stare lontano, a non poter neanche incontrare il tuo sguardo perché lo fuggi sempre, a poterti guardare solo di sottecchi, rubando piccoli sprazzi di te dai racconti altrui.
-Atsumu ma cosa stai dicendo?
-Lasciami finire, ti prego. La notte, quando sono solo, non posso fare a meno di pensare a te, alla tua risata, alla fiducia che riponevi in me e mi riempie di orgoglio il sapere che tu mi consideri un degno avversario. Non riesco neanche a non incazzarmi al solo pensiero che tu non riesci a capire quanto vali, che ti sforzi fino allo sfinimento per raggiungere obiettivi che hai già pienamente acquisito. Ti ricordi quando tu corresti fuori dalla palestra dopo uno scontro con la mia squadra e ti ritrovai piangente addosso al muro?
T/n annuì, non capendo dove l'altro volesse andare a parare e con un groppo in gola sempre crescente e con le palpitazioni accelerate.
-Bene, io non ti risposi, perché l'unica cosa che potevo dirti era che tu sei l'unica persona che io abbia mai considerato una vera avversaria, l'unica contro la quale mi sono sempre impegnato al massimo, senza risparmiarmi, l'unica alla quale pensavo come l'ostacolo da dover superare, durate gli allenamenti.
La ragazza non sapeva come controbattere, ma soprattutto non sapeva che nome dare a ciò che le stava facendo mozzare il respiro ad ogni parola di Atsumu, che la avvolgeva come una bolla in cui contava solo ciò che l'alzatore stesse dicendo, che le faceva bere le sue parole come fossero l'unica cosa che potesse tenerla in vita.
-T/n, in questi giorni- la voce fino a quel momento piuttosto ferma si incrinò sotto il peso di ciò che stava per dire -credo di aver capito di volerti stare accanto, dovessi rinunciare alla pallavolo per farlo. È una parola grossa, importante e alla quale potresti anche metterti a ridere, ma non so che altro nome dare al vuoto nel mio stomaco ogni volta che la tua immagine mi sfiora la mente, se non quello di "amore". Ebbene sì, t/n, credo di essere innamorato di te.- lo aveva detto, si era esposto, aveva dato il tutto per tutto, ma non aveva ancora finito.
-Ovviamente non pretendo nulla, ma concedimi un solo giorno a Tokio, uno solo per dimostrartelo.
T/n non sapeva come rispondere, era certa che avrebbe dovuto rifiutare, non prendere per vera nessuna delle sue parole, ma anche lei aveva passato notti insonni a pensare a lui, anche lei provava un vuoto allo stomaco che la lasciava senza fiato per la sua intensità, e quello che aveva detto il ragazzo davanti a lei che ora la guardava con una ruga di preoccupazione tra le sopracciglia aggrottate, l'aveva scossa profondamente.
Per la prima volta nella sua rifiutò la razionalità, l'amor proprio e tutto ciò di cui era consapevole per rischiare.
-Va bene. Una giornata a Tokio. Però ha tutta l'aria di essere un appartamento, Atsumu.
-Perché lo è.
Il suo sorriso scaldò il cuore della ragazza che improvvisamente credette di capire le sensazioni dell'altro.
Probabilmente rivalutando successivamente la situazione di sarebbe data della masochista e dell'incosciente, ma in quel momento voleva solamente bearsi della vista di un Atsumu apparentemente al settimo cielo.
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Allora questo capito è un po' più lungo, ma credo ne valga la pena!
Spero vi sia piaciuto e se ne avete voglia lasciate una stellina :)
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AD ASTRA || Atsumu Miya x reader
FanfictionNon so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare. - Vincent Van Gogh Esiste rivalità più grande di quella tra due alzatori? iniziata: 5/05/2021 12/05/2021: 1° #atsumumiya 17/05/2021: 1° #inarizaki 17/05/2021: 1° #haikyuuxreader ...