Capitolo 43

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Erano passati cinque giorni da quando io e Valerio avevamo dato la notizia e per quella ragione i ragazzi avevano deciso di organizzare una festa per quel sabato sera.
Non avevano invitato chissà quanta gente. Da quello che sapevo ci sarebbero stati Edo, Ros, Valeria e Jody.

E poi ovviamente P e le fidanzate dei ragazzi.
Ma loro non erano chissà che grandi invitate. Erano praticamente a casa loro.

In quei cinque giorni io e Lele non c'eravamo minimamente rivolti la parola, tranne che per qualche lieve discussione a botta e risposta che avevamo avuto, visto che il povero bimbo non riusciva ad accettare che me ne andassi, e che dunque non potesse più sfogare la sua frustrazione sessuale quando la sua ragazza non era nei paraggi.

Per quanto quella situazione sembrasse essermi totalmente indifferente, in realtà mi faceva stare profondamente male, e più volte mi aveva portato a rinchiudermi in camera mia con la scusa di voler migliorare in spagnolo, quando in realtà l'unica cosa che facevo era piangere mentre disegnavo.

In realtà cominciavo a credere che Zoe e Valerio lo avessero capito, e che probabilmente me lo lasciassero fare perché sapevano che era l'unico modo che avevo per sfogarmi.

Esattamente come in quel momento.

Mancavano poco più di tre ore alla festa, e anziché prepararmi ad accogliere Peia, io ero in camera mia a piangermi addosso per una discussione avuta con Lele pochi minuti prima, quando entrando in cucina lo trovai al bancone, e non appena fece caso a me lui cominciò a leggere la perfetta definizione di codardo su internet.

E ora non è che mi sentissi preso in causa, però non mi sembrava nemmeno un caso che la lèggesse dopo avermi guardato per qualche minuto negli occhi.

Così sbuffai e gli rivolsi un occhiata di fuoco, ma prima di andarmene lasciai che i miei pensieri prendessero parola "Sei proprio deficiente" e questa cosa sembrò non andargli a genio "Disse quello che se ne va in Spagna perché ha paura di innamorarsi" quella frase oltre a darmi completamente fastidio, mi aveva confermato che pochi minuti prima si riferisse effettivamente a me, così non ci vidi più dalla rabbia "Io me ne vado in Spagna perché mi sono rotto il cazzo di averti tra i piedi. Non per altre ragioni. Scordati che io possa innamorarmi di un coglione come te Emanuele. Piuttosto pensa alla tua ragazza che non sa ancora di essere cornuta" e me ne andai via, senza nemmeno fargli aprire bocca.

Ero stufo. Davvero tanto stufo di tutto quel suo modo di fare.
E si, era in parte vero quello che aveva detto, perché me ne stavo andando anche per provare a dimenticarmi di lui, e dei sentimenti che provavo nei suoi confronti. Ma ero anche certo che se per la seguente settimana rimasta, avesse continuato a trattarmi in quel modo io avrei finito con l'odiarlo a morte, e non avrei mai voluto.

Per questo appena arrivai in camera mi lanciai sul letto e cominciai a piangere frustrato.

Finché non sentii il suono del campanello, e dopo essermi asciugato il viso decisi di farmi una doccia.

Cercai di essere il più veloce possibile, ed infatti riuscii ad essere pronto in quaranta minuti circa.
Poi misi su un sorriso, e scesi le scale.

Ovviamente la prima persona che venne ad abbracciarmi fu Peia, ed io le lasciai un bacio sulla fronte.

Come ogni volta che ci vedevamo, me la trascinai dietro e feci qualche video insieme a lei.

Quando finimmo di registrare lei mi prese per mano, e insieme tornammo dagli altri.
Ormai erano tutti arrivati, e appena fecero caso a me i primi che vennero a salutarmi furono Edo e Ros, che ovviamente si congratularono con me, seguiti da Valeria e Jody che fecero esattamente lo stesso. Ma del resto era quello che avevano fatto tutti, quindi non c'era da stupirsi.

Era tutto un "Sono felice. Te lo meriti. Sono fiero di te" e tutte quelle cazzate simili.
E non è che mi dispiacesse sentirmi dire quelle cose, ma non credevo più di tanto al fatto che degli amici abbastanza distanti fossero davvero fieri di me, perché insomma: quanti di loro mi avevano visto sudare per portare a termine un lavoro?

Quanti di loro sapevano cosa ci fosse davvero dietro ai miei disegni?

Nessuno.
Lo sapevano solo i miei amici che vivevano con me.

Ad ogni modo decisi di non pensarci, e ringraziai tutti per le belle parole.

Quando guardai in lontananza vidi Gian alzare il volume allo stereo, mentre Lele si avvicinò ad Aurora e le poggiò le mani sui fianchi cominciando a ballare con lei. Decisi di fare la stessa cosa insieme a Peia, che ovviamente mi seguì senza obbiettare.

Quando partí una baciata, Lele afferrò il viso di Aurora ed iniziò a baciarla, senza però smettere di guardarmi, ed io non distolsi lo sguardo un attimo immaginandomi al suo posto.
Con quelle mani sui miei fianchi, e quelle labbra attaccate alle mie.

Oddio.
Che visione paradisiaca.

Sentii letteralmente le farfalle allo stomaco, e mi staccai da P dicendole che avevo urgentemente bisogno di andare in bagno.

Così salii le scale di corsa, ma appena appoggiai la mano sulla maniglia, sentii qualcuno sollevarmi di peso e trascinarmi in camera di Lele, dove fui sbattuto contro la porta non appena questa fu chiusa.

Io lo guardai un attimo negli occhi, e glieli vidi luccicare. Cosi senza indugiare oltre mi attaccai al suo collo con violenza e cominciai a succhiargli la pelle, mentre lui mi sollevava da terra per trascinarmi sul letto e sdraiarmici sopra.

Non c'era nulla da dire.
Era probabilmente l'ultima volta che ci saremmo ritrovati in quella situazione ed io volevo godermela a pieno.
In tutti sensi.

Eppure quando Lele mi tolse la maglietta e cominciò a lasciare una scia di baci che partiva dal collo per arrivare fino alla mia pancia, il destino decise di farci un brutto scherzo. Probabilmente il peggiore che avrebbe potuto mai farci.

"Lele"

Quando sentii quella voce spezzata sperai davvero con tutto me stesso che si trattasse della mia immaginazione, ma non era così.
Perché purtroppo Aurora era sulla soglia della porta e ci stava guardando senza parole.

"It will be our secret"~ Tancredi Galli Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora