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"Mia, cosa non ti era chiaro della frase 'torna qui'?" I suoi occhi sono più scuri che mai, la bocca serrata e le sopracciglia tese rendono la sua espressione serissima. Fisso fuori dal finestrino attendendo che esploda, che me ne dica di tutti i colori, invece sospira. "So che quartiere è quello. Conosco Roma come le mie tasche e fidati se ti dico che se non ci fossi stato io, tu.."

"Basta." Lo imploro senza togliere gli occhi dal paesaggio, cercando di scacciare l'immagine di quel maledetto uomo dalla mia testa.

Mi passa una mano tra i capelli mentre posa l'altra sul volante. "Pensa solo che adesso è tutto finito."

Fisso le sue dita sgranate sulle nocche, c'è ancora del sangue in superficie. Mi sento in colpa per quelle ferite, se non fossi scesa dalla macchina sarebbe filato tutto liscio. È passata una quota notevole di tempo da quando siamo ripartiti, ma sta volta non c'è la sua voce sullo stereo, sta volta si sente solo il rumore delle ruote che circolano imperterrite e della città appena sveglia.

I raggi iniziano ad intravedersi sotto ad una sottile scia di nuvole grigiastre che, minacciando tempesta, corrono veloci trasportate dal vento.

"A che pensi?" Sento il suo sguardo su di me appena ci fermiamo al semaforo.

"In teoria provo a pensare al niente, in pratica alle tue dita."

"Le ferite guariranno, è un dato di fatto. Fidati, ci sono abituato."

Il mio volto è dritto verso il suo. "Che vuoi dire?", fa un mezzo sorriso e cambia la marcia per ripartire, "Non puoi gettare il sasso e poi riprendertelo, è troppo facile."

"Non potresti comunque capire."

"Prova a spiegarmi. Magari ti sorprendo." Ribatto.

"Penso che sta mattina ci voglia una colazione coi fiocchi." Cambia il discorso. Sterza il volante a sinistra per entrare in un parcheggio.

"Dove siamo? Io devo andare al supermercato, ricordi?"

"In un bar. Il proprietario è un mio amico. Le spese possono aspettare, lo stomaco un po' meno."

Deglutisco e lo seguo fino al bancone del bar. È uno spazio non tanto largo, dalle pareti verniciate in nero e ricamate da scritte rosse. Il pavimento bianco crea contrasto con il resto dei colori, resto stupita quando noto che le scritte sono presenti persino su alcune piastrelle.

Mattia saluta il suo amico con un pugno, l'altro risponde allo stesso modo. Mentre mi presenta, presto attenzione al l'abbigliamento grossolano del suo amico. Indossa una cuffia che gli ricopre l'intera fronte, dalla quale fuoriescono dei ciuffi rossi, sono dello stesso colore la barba e i baffi lunghi e arricciati sulla punta, ha un maglione verde scuro che gli arriva quasi fino al ginocchio e pantaloni di tre taglie superiori alla sua.

"Allora? Vuoi una brioche, 'na ciambelletta..?" Propone, indicando il bancone su cui sono esposti i dolci.

"Ho i soldi contati, Mattia. Non posso comprare nulla qui."

"Marco" appena lo richiama, l'amico torna dal retro del bar con tanto di grembiule legato addosso. "Due ciambelle, un caffè e una vodka artic alla frutta."

"E se a me facesse schifo il caffè..?" Gli chiedo sottovoce con un filo di vergogna.

"E chi ti ha detto che il caffè è per te?" Sorride.

Sgrano gli occhi. "Io non bevo Vodka alle sette di mattina!"

Scoppia a ridere. "Tranquilla, stavo scherzando." Si avvicina a un tavolino vuoto e tira indietro una sedia. "Prego, si sieda, madame."

"Mmmh.. Gentile, ma posso fare anche da sola." Tolgo la sua mano dallo schienale e mi siedo.

Una volta che siamo uno di fronte all'altra, il suo amico riappare in sala con un vassoio da servire ad una coppia dall'altra parte del bar. "Marco! A Mia je fa schifo il caffè, faje un cappuccino, grazie." Urla per farsi sentire.

"Mattia!" Lo rimprovero acida. "Non è che tutti, qui, devono per forza conoscere i miei gusti."

"Camomilla, ti ci vuole proprio una camomilla, non un cappuccino." Si copre la bocca per evitare di ridere.

"Tu, piuttosto, non avrai mica intenzione di bere vodka di prima mattina?"

"Gli alcolici delle sette e mezza fanno parte della mia routine ormai."

Deglutisco. "Ah." Già lo immagino sbronzo a girovagare per Roma come un delinquente.

"Li sopporto, non ti spaventare. Non andremo a sbattere con altre macchine, te l'assicuro." Non capisco se ci sia dell'ironia nelle sue parole, ma rabbrividisco al solo pensiero di dovermi sedere sul sedile accanto al suo mentre i neuroni del suo cervello sono incapaci di connettersi tra loro.

"Ecco a voi il cappuccino, la vodka e le ciambelle." Marco posa il vassoio sotto ai nostri occhi e scompare nuovamente dopo essersi fermato a scherzare con Mattia per qualche minuto.

Come scudo ~ Mattia Briga e Stash FiordispinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora