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Pranzo con una di quelle merendine appiccicose provenienti da un distributore di un sottopassaggio e, camminando davanti ad una specie di mercatino gastronomico, mi viene offerto qualcosa che somiglia ad una Coca-Cola shakerata.

Alla fine, mi ritrovo a prendere l'autobus diretto a Tiburtina. Ci sono diverse ragazze sui posti posteriori che, come Aria sta mattina, sono dirette al residence dove risiedono i concorrenti di Amici. Parlano dei loro preferiti all'interno della scuola. Una di loro dice che vorrebbe "farsi" il rapper, dice che non lo ritiene bello ma "la eccita troppo". In seguito ad aver ascoltato il linguaggio colorito con il quale si esprime, mi volto velocemente ad osservarla. Ha una linea di eye-liner non indifferente sulle palpebre, le labbra rosse e gonfie e i capelli neri che le toccano le cosce. Avrà su per giù diciotto anni. Vorrei riderle in faccia ma evito e decido di provare solo pena per lei. Quelle dietro parlano, parlano, e io mi maledico ancora una volta per aver dimenticato l'iPod a casa. Mi rendo conto di essere quasi arrivata non appena l'autobus imbocca Tiburtina, dopo aver superato una rotatoria.

Fuori dal residence c'è molta gente, dalle 30 alle 40 persone. Mi costringo a fare un respiro profondo prima di scendere sul marciapiede, lo stesso che ho calpestato quest'estate.

"Sapevo che saresti venuta! Il mio biglietto è stato troppo dolce, ammettilo!" Presa dall'euforia, Aria mi corre incontro e mi abbraccia. Non mi da tempo nemmeno per spiegarle che, sinceramente, non so neanch'io perché le gambe mi hanno portata fin qui. Mi fa vedere le foto con una certa Silvia, poi con un'altra riccia, rossa, dallo sguardo da cerbiatto e ancora una con Michele. "Lui è quello più cucciolo, non ti sembra?" Non posso evitare di sorriderle dopo aver visto i suoi occhi assottigliarsi e gli angoli delle sue labbra distendersi da guancia a guancia.

Restiamo due ore esatte fuori di lì, io seduta sul marciapiede a stringere amicizia con l'asfalto della strada, osservando tutte quelle teenagers frementi che urlano i nomi dei vari concorrenti, e lei attaccata al cancello ad urlare assieme a tutte le altre.

"Hanno detto che gli altri ragazzi sono in giro per Roma, perciò possiamo anche andare. Faremo la prossima volta." Grazie a Dio. "Okay." Le sorrido.

Sono da poco passate le due di pomeriggio e Aria mi trascina in un centro commerciale. Manca un mese a Natale ed ogni negozio è ornato da qualche elemento natalizio, dagli addobbi più classici, alias Babbo Natale che si arrampica sulle porte, a quelli più moderni, come gli alberi con le palline meccanizzate che girano da sole. Una fetta di gente, durante questo periodo dell'anno, resta nella propria abitazione, a scaldarsi davanti ad un camino, poi c'è un'altra gamma di persone che esce di casa nonostante l'aria pungente per ammirare il clima caldo che avvolge Roma, ed io sono inclusa in quest'ultima categoria. Ho sempre adorato il Natale, le letterine che scrivevo da bambina perché altrimenti "Babbo Natale non ti porta niente". Una volta io e quello che era il mio migliore amico stavamo per darcene di santa ragione sulla faccenda di Babbo Natale "sì" o Babbo Natale "no". Io ero indubbiamente schieramento "sì", secondo me Babbo Natale esisteva, punto. Mi ci è voluto un bel po' prima di accettare la verità. È stato traumatico.

"Aaaah. Non mi piace nemmeno questo paio." Aria esce dal camerino osservando l'ennesimo paio di jeans che le aderiscono perfettamente sulle gambe. "Mia. Sinceramente, secondo te sono ingrassata?"

Alzo gli occhi al cielo. "Cambiati e andiamo, su." Svogliatamente raccoglie il gancio dall'appendi abiti e tira la tendina. "Così, però, mi stai dando ragione?" Chiede, seccata, da dietro la tenda gialla.

"Zitta, miss Italia."

"Adesso sì che si ragiona." Dice divertita mentre lascia scivolarsi i jeans sulle caviglie.

È già buio quando usciamo di corsa da una pizzeria. Se io e Aria stiamo assieme, la cognizione del tempo non esiste, ma ora ecco che l'autobus è ormai una piccola sagoma scura, lontana da noi. Sfruttiamo i nostri ultimi sbuffi di fiato per raggiungere la fermata a Tiburtina. Se i miei calcoli non sono sbagliati, dovremmo ancora essere in tempo per prendere l'ultimo bus delle otto. Tiburtina è vuota rispetto a questo pomeriggio, per fortuna. C'è solo qualche sportivo che corre ai lati della strada, nessuna traccia di ragazzine indemoniate con smartphone a portata di mano dotati di Retrica per far sì che le foto non ritraggano i loro volti adolescenziali imperfetti.

"Mia."

"Mmmh." Mugolo ricontrollando l'orario degli autobus sul display del cellulare.

Alzo lo sguardo e Aria non è più affianco a me. Mi volto e la vedo correre incontro al... tipo che sta mattina mi ha fatto passare per una cafona. Non so perché il mio istinto mi suggerisce di nascondermi. Indietreggio coprendomi con una siepe affinché io possa vedere loro, senza che avvenga il contrario. Per fortuna il ragazzo sembra non essersi accorto di me, talmente scosso dalla reazione eccessiva di Aria. Sono le otto di sera e ha ancora il cappello in testa, non sarà mica calvo?

Fanno un selfie, sento Aria dire che a causa del buio non si vede niente, ne fanno un'altro inutilmente, poi tentano un'altra foto con il flash e, ogni secondo che passa, il tipo sembra sempre più irritato.

"Mia!" Urla Aria. "Vieni a farci una foto?"

Appena avanzo mi sento come un cane che ha nascosto l'osso invece di riportarlo al padrone. Il ragazzo con il cappello assottiglia gli occhi come se mi stia ispezionando da capo a piedi. Tutto d'un tratto scoppia a ridere. È una risata grave e fastidiosa, di quelle finte, provocatorie.

"Non ci posso credere. Te devo esse' sembrato proprio bello se m'hai seguito fin qui!" Cambia verso alla visiera del cappello.

Aria mi guarda allibita. "Che mi sono persa?"

"Primo, non ti ho seguito, è un puro caso. Secondo, sei tutto tranne che bello e simpatico, perciò evita di dire cazzate. Terzo.. Questo punto avrei dovuto dirtelo già sta mattina: sei uno stronzo."

Ride ancora più forte, tanto che mi porto le mani alle orecchie per attenuare il suono. "Finiscila." Non mi da ascolto, anzi, cerca di aumentare il volume per alimentare la mia rabbia, e ci riesce. "Sei un deficiente!"

"Tu invece sei molto divertente!" Finge di asciugarsi le lacrime comportate dalla risata eccessiva.

"Okay. Non sto capendo." Interviene Aria mettendosi fra noi due.

"Non c'è molto da capire. Questo qui è un maleducato."

"Ineducato, grazie." Mi corregge con aria di sufficienza.

"Maleducato, ineducato, vedila come vuoi. Questo non toglie che se fossi stata un po' meno raffinata, ti avrei già lasciato un'impronta sulla guancia."

"Raffinata?" I suoi occhi si alzano dalle mie scarpe ai pantaloni della tuta, per finire con il giubbetto viola che non ha niente a che fare con tutto il resto del look.

Se non me l'avesse fatto notare lui, non mi sarei mai accorta di essere uscita di casa ridotta così. Sicuramente Aria ci aveva fatto caso sta mattina, ma per evitare di turbarmi ancora di più con la storia di Amici, ha deciso di non dirmi niente.

"Una tuta indossata a testa alta è meglio di un cappello indossato senza testa."

"Oooh oooh. È una sfida?" Un sorriso compiaciuto gli nasce sul volto.

"È la dura verità."

Come scudo ~ Mattia Briga e Stash FiordispinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora