𝕔𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝕠𝕥𝕥𝕠

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- Kageyama, tu al liceo mi sei sempre piaciuto! -

Il suo sguardo era molto confuso, era come se si fosse beccato un due a una verifica su cui aveva studiato giorni e notti. Le mani, che fino a pochi minuti prima si appoggiavano sui fianchi, erano tremanti davanti al petto, indicando se stesso e poi me, con una faccia memorabile.

Il mio cuore saltellava da una parte all'altra del petto, scendeva lungo montagne russe e ballava come gli adolescenti in discoteca tutti ubriachi. Mi sentivo leggera ma anche ansiosa, piena di domande e incertezze. Avevo fatto bene a dirglielo?

- Kege...yama? - sussurrai, cercando di risvegliarlo dai suoi pensieri, ma nulla, era come paralizzato.

Non sapevo che dire o fare, quindi puntai il mio sguardo dritto sulle sue scarpe, aspettando una sua qualsiasi reazione, che però attesi per troppo tempo. Ci trovavamo in una strada poco trafficata, quindi non avevamo il problema dei passanti o dei clacson delle automobili. Insomma, eravamo in un luogo che rendeva ancora più imbarazzante il nostro silenzio.

Quel dannato silenzio mi spezzava, ma da un altro punto di vista mi rasserenava. Non ricambiava, perciò il mio allontanarlo a me stessa era servito a qualcosa, a dimenticarlo.
Più o meno.

- Io... Raggiungo gli altri, a dopo. - sospirai, stufa del suo mutismo che non dava nessuna risposta alle mie domande interne, che ormai si accontentarono di quella attesa.

- No! - urlò all'improvviso, appena lo sorpassai, e allora sobbalzai dallo spavento - Io... Tu ehm ecco... Io ti piacevo veramente? - chiese, nascondendo un sorrisino mischiato a del rossore con il giubbotto.

- Ovvio. - sorrisi- Durante gli anni del liceo ho sempre sognato di avere anche una tua piccola attenzione romantica, ma purtroppo non ti piacevo, era ovvio. - abbassai lo sguardo, toccando il mio cuore ormai impazzito con la mano destra - Con te mi sentivo veramente bene, eri come una cioccolata calda sul tavolino in soggiorno, in un giornata invernale andata male. -

Non so con quale coraggio ma gli spiegai, con semplici parole, come mi sentivo e cosa provavo quando, da ragazzini, lo vedevo o pensavo. Ammiravo profondamente quel ragazzo, sin dal primo istante in cui lo ebbi conosciuto.

- Sono stato uno stupido. - disse, guardandomi dritto negli occhi, facendo scomparire ogni segno di imbarazzo di qualche istante prima.
La mia mente andò in black out, cercando di metabolizzare il significato delle sue parole.

- Uh? perché? -

- Perché? Io ti amavo, TC! - urlò, attirando l'attenzione di un gruppetto di passanti che ridacchiò e fece qualche sorrisino intenerito dalla scena. Effettivamente era molto romantica: Kageyama mi teneva il polso stretto in una presa decisa ma delicata, e i nostri visi erano più rossi che mai. Il suo viso era così vicino al mio! Diamine.

Suonava tutto così... Cliché. Mi sembrava di vivere in uno di quei romanzi rosa che leggeva mia madre e per cui piangeva sempre.
La sua dichiarazione mi fece sentire esattamente quelle farfalle nello stomaco che gli scrittori descrivono.

Volavano, tiravano, picchiettavano lungo tutto il petto e mi riscaldavano le guance. La schiena era inondata da brividi e la mente si era dissociata da tutto.

- Cosa... - sussurrai incredula, ricevendo una leggera spallata dal corvino che corse dal lato opposto al mio, raggiungendo probabilmente gli altri, lasciandomi lì, a piangere i miei rimpianti e la mia attuale gioia nel sapere i suoi vecchi sentimenti nei miei confronti. Le lacrime scendevano lentamente, riscaldando le gelide guance che fino ad allora erano esposte al freddo, clima tipico di febbraio.

In quel momento ero completamente confusa, tutti i miei casini erano stati completamente inutili, i miei sentimenti erano pure ricambiati! Era una sensazione così fastidiosa e massacrante.

Vecchi Compagni ||kageyama×reader||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora