𝕔𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝕕𝕚𝕔𝕚𝕠𝕥𝕥𝕠

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TN, prefettura di Miyagi, 2013.

Camminavo a passo spedito, verso l'uscita della scuola.
Il fiato si faceva sempre più pesante e le lacrime spingevano, spingevano e percuotevano i miei occhi, che si rifiutavano di mostrarsi deboli davanti a lui.

Sentivo il rimbombo dei suoi passi, della sua voce che chiamava imperterrita il mio nome.
Suonava così dolce detto da lui, ma anche così distante.

Le vocali dette in modo chiuso non erano paragonabili alla dolcezza con cui pronunciava il suo vero amore.
La pallavolo.

Era così infantile prendersela con uno sport, ma era l'unico modo per allontanarsi da lui. Prendersela con una cosa, e allontanarmi dai miei sentimenti.

Sognavo anch'io un primo amore indimenticabile, ma non così doloroso. Sognavo anch'io una persona cara che mi avrebbe dato non una, ma due spalle su cui piangere, ma non così tanto. Sognavo anch'io un amore, ma ricambiato.

- TN cazzo, fermati! - urlò, arrivando all'entrata della scuola, dove vi erano tutti gli armadietti per cambiare scarpe.

Non lo calcolai minimamente, cambiando le ciabatte scolastiche con le mie scarpe in tessuto. Era estate, e il sole ormai in procinto di scomparire donava all'atmosfera un'aria romantica, non di confusione e rabbia, come il mio umore.

- Che cazzo significa "finiamola"?! - mi urlò contro, avvicinandosi sempre di più.

Ignorai di nuovo la sua voce, che raggiunse il mio cuore, ma non la mia decisione. Dovevamo portare quel punto che ci doveva essere già da molto tempo prima.

- Almeno se devi chiudere il nostro rapporto guardami in faccia! - mi afferrò la spalla, girando il mio corpo verso di lui, ma i miei occhi continuavano a fissare le scarpe all'interno dell'armadietto.

Dovevo andarmene, subito.
Faceva male, il mio cuore non resisteva. L'aria era poca e sentivo che mi sarei sentita peggio se fossi rimasta un minuti in più.

- Ripetilo! Dillo cazzo! Dimmi che mi odi! Dimmi che ti faccio schifo su! - sbraitò, cercando qualche affermazione dietro il mio silenzio.

Dovevo farlo, quel punto era fondamentale.

- Hai veramente bisogno di conferme? - sussurrai, guardando finalmente i suoi occhi furibondi - Ti odio, Tobio. Odio te, la tua faccia, la tua pallavolo di merda e tutto! Mi fai schifo! Non ho bisogno della tua presenza, sei solo una distrazione. - mormorai, avvicinando i nostri visi, per poter vedere meglio i suoi occhi, per avere un ultimo ricordo di quel colore - Mi basta la musica, il resto è nullo. Vattene, vattene via da me! -

Mentì, mentì come non lo ebbi mai fatto. Le parole uscivano, imperterrite, fuori dalla mia bocca. Come sputi, come acido che scioglieva il ferro. Come la sua rabbia il mio cuore.

Perché lo stavo facendo, perché?

Perché il mio cuore cominciò a battere più forte, più veloce?

Fu quello l'attimo in cui i nostri cuore smisero di battere all'unisono?
Fu quello l'attimo in cui il destino decise di mollare la presa, e comprese anche che lottare per noi era inutile?

La musica non mi bastava affatto, la musica mi ricordava lui e solo lui.

- Ti odio. - sputò fuori, afferrandomi la camicia, stringendola forte, avvicinandomi al suo viso.

- Allora vattene. - risposi, senza guardarlo in faccia.

No, non lo volevo. Non volevo lasciarti così, non in questo modo.
Non mi facevi schifo, tutte le mie parole erano false, sbagliate.
Era falso, non odiavo la tua faccia, non odiavo i tuoi passatempi, non odiavo il tuo amore, anche se non era rivolto a me.
Non ti odiavo.
Non l'ho mai fatto.

Eppure, l'avevo detto.
Eppure quelle parole erano giunte a te con così tanta efficacia da farti andare via, dopo avermi sbattuto contro gli armadietti, e avermi detto la frase che mi avrebbe seguito per anni e anni.

Avevo deciso tutto io, avevo progettato quel giorno da giorni, settimane, mesi. Eppure faceva così male.

Vedere quegli occhi, quelli che per molto tempo mi guardarono suonare, quelli che per anni mi seguirono in ogni classe durante l'intervallo, odiarmi, schifarmi, fece male.
Ma era colpa mia, ero cosciente delle conseguenze, eppure non avrei mai immaginato che quell'amore amaro avrebbe fatto così male.

Per un attimo l'avevo sentito.
Per un piccolo momento, avevo sentito il tuo cuore.

Batteva con il mio.

Vecchi Compagni ||kageyama×reader||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora