𝕔𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝕤𝕖𝕕𝕚𝕔𝕚

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- Come...? - sussurrò il corvino, alzando immediatamente la testa, incrociando il suo tanto atteso sguardo nel mio.

- Tobio, non è colpa tua. - sorrisi, asciugandogli le lacrime che gli inumidivano le guance.

In quel instante capì.
Forse il problema era proprio il nostro non saper comunicare, il problema stava in quel litigio, in quel dannato giorno...

TN, prefettura di Miyagi, 2013.

La luce del Sole entrava ormai lentamente nell'aula, illuminando con un colore caldo e rilassante i banchi e i nostri corpi.

Le sue mani si appoggiavano pigramente sul bordo della finestra semi aperta che permetteva l'aria calda e secca di entrare nella classe ormai vuota.

Era il nostro turno di pulizia e come al solito l'avevamo passato a parlare, raccontare e ridere. Un po' come il primo giorno in cui ci fummo conosciuti.
Ero perdutamente innamorata della sua risata. Non molte persone avevano avuto l'onore di sentirla, vederla.
Non molti avevano avuto l'occasione di vedere i suoi occhi sorridere e chiudersi quasi completamente per via di quel sorriso che mi riscaldava il cuore.

Eppure, se lo amavo così tanto, se quei dannati occhi e quel dannato sorriso da strafottente che solitamente aveva mi facevano innamorare ogni secondo di più, perché lo stavo per fare?

Perché?

Perché volevo mettere un punto a tutto quello? Perché volevo buttare all'aria quei tre anni, quei tre duri e lunghi anni in cui avevo amato, dedicato il mio cuore a lui. Per puro e unico egoismo?

Perché?

Perché volevo lasciarlo lì, quando non abbiamo mai avuto un vero inizio?
Perché volevo mettere un punto a tutto, quando non avevo nemmeno avuto la possibilità di liberarmi, di diglielo.

Perché?

Perché ero così codarda da non saper nemmeno fronteggiare i miei sentimenti? Perché ero così debole da non poter sopportare un tuo rifiuto?
Perché preferivo la tua assenza al posto del dolore provocato da un tuo no?

Come potevo, io, ammasso di cellule, carni, dotata di una putrida anima, piacere a te?

Come potevo donarti il mio amore, quando il tuo amore era indirizzato a tutt'altro?

Perché la gelosia era così forte, verso uno semplice sport, passione.
Perché il mio amore a senso unico desiderava tutte le tue attenzioni, senza la minima voglia di condividerle, di comprendere il tuo amore.

Di comprendere te.

Forse, l'avevo fatto per quello.
Per non ferirti, per non pesarti.
Per darti la libertà che sempre hai trovato nella pallavolo, e non in me.

Forse era vero quando a lezione il professore leggeva le sue parole.

La felicità è solo un momento di intervallo tra un male e l'altro.

La prima volta risi di sott'occhio, pensando che Leopardi fosse solo un idiota ad aver minimamente pensato che la felicità fosse così sottile, perché io ero così felice da tempo, ero felice da quando ti avevo conosciuto, ma non sapevo quanto avrei sofferto dopo quel giorno.

Il cielo sopra di noi ci univa, ci rendeva uniti e mi provocava ancora più insicurezza.

- Cosa dovevi dirmi, TN-chan? - chiedesti, girando il volto verso di me.
I tuoi occhi probabilmente non mi stavano guardando con l'amore che io nutrivo, ma che al contempo mi distruggeva.
I tuoi occhi non mi vedevano in quel modo, i tuoi occhi non mi avrebbero mai visto.

Vecchi Compagni ||kageyama×reader||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora