Capitolo 11 - Casa

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"Casa è dove si trova il cuore"

Plinio il Vecchio

<<Fai buon viaggio e torna presto a trovarci>>, disse zia Clara soffocandomi in un abbraccio.

<<Ci proverò, ma tu cerca di lavorare un pò meno>>, risposi stringendola, nonostante iniziasse a mancarmi il respiro.

<<Potresti tornare tra qualche mese, i voli ormai non costano molto>>, disse Giulia guardandomi da sotto le ciglia spesse.

<<Vedremo>>, le risposi rubando anche a lei un piccolo abbraccio.

Giulia ed io non eravamo mai state grandi amiche, ma quelle settimane passate in Inghilterra, o forse le nostre piccole avventure, ci avevano unite molto.

Mi sarebbe mancata, e io sapevo che, in fondo, anche io sarei mancata a lei.

Salii in aereo con un nodo alla gola, non del tutto pronta a tornare al tormento della mia quotidianità.

Un peso allo stomaco mi comprimeva il respiro, facendomi sospirare più del dovuto, come se provassi a liberarmene, ma proprio non ci riuscissi.

La verità è che non voglio tornare, pensai guardando fuori dal minuscolo finestrino.

Eppure quale altra scelta avevo?

Chiusi gli occhi e sospirai per l'ennesima volta, mi sentivo in trappola.

L'aereo decollò, ma io non rialzai le palpebre, decisi di perdermi in un ricordo.

Una volta che il mio olfatto si era abituato al tabacco sentii finalmente un profumo dolce di fiori, mischiato al pungente odore di un profumo costoso.

Delicatamente, quasi avesse il timore di rompermi, mi accarezzava le braccia nude per riscaldarmi.

<<Sicura di non voler rientrare?>>, sussurrò tra le labbra.

Se c'era una cosa di cui ero sicura in quel momento, era proprio quella.
Poggiò le mani sulla ringhiera alle mie spalle, sentivo i suoi avambracci premere sui fianchi.

<<Sì>>, borbottai, non fui certa che mi avesse sentito, sembrava distratto da qualcosa.

Era così vicino che i suoi capelli mi solleticavano le guance, il viso pallido e spigoloso concentrato e le labbra rosse mi confusero facendomi dimenticare qualsiasi cosa esistesse al di fuori di quella incredibile, bellissima, vista.

Parigi, alle mie spalle, spariva impallidita dalla perfezione di quell'uomo.

Mi accarezzò i capelli lentamente, sentivo le gambe reggermi appena.

Poi chiuse gli occhi e abbassò leggermente la testa, sospirò, vidi i muscoli della mascella contrarsi.

Infine si allontanò.

<<Non voglio che tu senta freddo>>, disse in tono piatto, arretrando di qualche passo.

Sentivo il viso in fiamme, avrei voluto dirgli che non sentivo nessun freddo, fino a qualche secondo prima, mentre in quel momento invece il gelo mi aveva assalita come mai prima di allora.

Sentii il pavimento scomparire da sotto i miei piedi e lo stomaco sprofondare.

<<Ok>>, fu l'unica sillaba che uscì dalle mie labbra, inaspettatamente le mie gambe si mossero e lo precedetti all'interno del ristorante.

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