Capitolo 30 - Serpente

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"Adesso lasciami credere che questo sia reale
Che sento l'ansia che sale
Bevo le lacrime amare
Ti prego lasciami perdere
Dentro all'acqua del mare
Che le parole lontane
Giuro te le voglio urlare"

Accesi un'altra sigaretta, mentre mandavo giù l'ultima bottiglietta del minibar.

Il liquido ambrato mi bruciò la gola.

Solitamente evitavo di esagerare con gli alcolici, avevo sempre avuto delle corde vocali deboli, non volevo che ne risentissero.

Ma quella giornata era stata troppo per me, decisamente troppo.

Volevo solo evadere, fare finta di essere in un altro posto, di essere un'altra persona persino; sentirmi appena un po' più leggero, togliere un minimo di pesantezza dalla mia mente stanca.

Peccato che l'alcol non stesse funzionando.

Non funzionava mai, non con me almeno.

Ero sdraiato sul pavimento dell'ennesima stanza d'albergo a osservare l'ennesimo tetto bianco che non riuscivo proprio a mettere a fuoco, godendo del parquet fresco a contatto con la schiena nuda, troppo occupato a rivedere quel viso ovunque.

Possibile che il mio stomaco dovesse contorcersi in quel modo ogni qual volta la mia mente indugiasse su di lei? Possibile che il solo rivederla mi avesse fatto ricadere in quello stato semi-catatonico? Possibile che il tempo non avesse avuto effetti su quello che sentivo per lei?

Il fumo mi circondava come una fitta nuvola grigia, quando sentii bussare alla porta.

Mi alzai pigramente dal pavimento, spensi la cicca della sigaretta nel posacenere, agguantai la camicia e me la buttai sulle spalle.

<<Chi è?>>, chiesi accostandomi alla porta.

Qualche istante di silenzio.
Pensai che fosse la cameriera, o magari qualcuno che aveva sbagliato.

<<Chi è?>>, chiesi ancora.

Ancora silenzio.

Le mani, che stavano cercando lentamente di abbottonare la camicia, mi si bloccarono per qualche secondo, poi ripartino più svelte.

Aprii di scatto la porta.

Meg era lì, immobile, pietrificata, gli occhi sgranati e la bocca semi aperta in una strana smorfia.

Pensai che probabilmente avevo la stessa sua espressione in quel momento.

Semplicemente lasciai la porta aperta e mi feci da parte per permetterle di entrare, abbassando lo sguardo.

Lei tentennò, poi fece qualche passo verso l'interno e io chiusi la porta alle sue spalle, lei sobbalzò.

Mi parse di guardare uno di quei gatti terrorizzati persino dalla loro stessa ombra.

Era immobile, al centro della stanza.

Mi guardai intorno e vidi il disastro che aleggiava, buttai tutto ciò che c'era in giro dentro l'armadio, sistemai goffamente le lenzuola disfatte e mi diedi giusto un'occhiata allo specchio.

Mi diedi una sistemata ai capelli, ma per la mia faccia non c'era molto da fare.

Buttai le bottigliette di alcol vuote dentro al cestino e infine tornai da lei, la ritrovai nell'esatta posizione in cui l'avevo lasciata, eppure avevo sentito il suo sguardo sulla pelle per tutto il tempo.

<<Ciao>>, dissi notando solo in quel momento che, a furia di sistemare tutto di corsa, mi era venuto il fiatone.

Lei sembrò faticare molto per rivolgere gli occhi dritti sui miei, ma ci rimase comunque per un po'.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 05, 2022 ⏰

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