"Quando perdiamo il diritto di essere diversi, perdiamo il privilegio di essere liberi."
Charles Evans Hughes
Ero in un posto stupendo, osservavo tutta Roma brillare dall'alto, come se cielo e terra si unissero in un unico, immenso, firmamento, così vicino che sembrava di poter essere toccato.
Damiano era così, come quella visuale incredibile. Bella da fare impazzire, unica al mondo, dava l'impressione di essere proprio ad un passo da te, ma invece era distante anni luce, intoccabile.
E forse proprio per questo lui era così affascinante, proprio perché irraggiungibile, o almeno lo era per me.
Mi fu chiaro finalmente quella sera, lui poteva, e voleva, essere solo ammirato da lontano, come un quadro agli Uffizi, se ti avvicini troppo scatta l'allarme.
La domanda a quel punto era una sola: ero disposta a guardarlo da dietro le quinte, senza poterlo mai avere?
<<Avrai molta fame>>, disse togliendosi il cappello e poggiandolo accanto a me, ma io non risposi.
Non riuscivo a parlare, sentivo le mascelle come bloccate.
<<Resta qui, ci penso io>>, continuò dopo aver atteso invano qualche minuto.
Lo sentii andare via e iniziai, lentamente, a calmarmi.
Immaginai che lui pensasse che io mi fossi arrabbiata, mi chiesi se lo fossi davvero, ma non mi sentivo in collera.
A dire il vero non saprei proprio dire come mi sentissi.
Mi concentrai sul mio respiro, così da riuscire a rivolgergli di nuovo la parola.
Damiano tornò qualche minuto dopo con un vassoio di supplì, una birra per lui e una coca cola per me.
Posò tutto sul muretto accanto a me, io mi decisi a voltarmi nella sua direzione.
Lui aveva un'aria colpevole, il volto spigoloso in tensione.
Io gli sorrisi, ma non riuscii a dire altro.
Lui ricambiò e poi mi porse un supplì.
Assomigliava molto ad un'offerta di pace, un'offerta che accettai molto volentieri.
<<Assomigliano agli arancini siciliani>>, riuscii a dirgli dopo qualche morso.
Lui mi guardò e sorrise, come sollevato da un peso.
<<Sì, sono simili>>, disse storcendo il naso, probabilmente non era del tutto d'accordo.
Per il resto del tempo mangiammo in silenzio, tra gli alberi della terrazza dello Zodiaco, illuminati solo dalle stelle e dalle luci di Roma.
Sentivo lo sguardo di Damiano indagare di tanto in tanto il mio viso, ma non parlò finché non finimmo di cenare.
<<Te vuoi sedè?>>, mi chiese sorseggiando la sua birra chiara.
<<Dove?>>
<<Qui>>, disse battendo una mano sul muretto, sentii gli anelli tintinnare sulla pietra.
<<Sei impazzito?>>, chiesi osservando l'altezza.
<<Non puoi cadè se non te sporgi>>, rispose sollevando le spalle con noncuranza.
<<Soffro di vertigini>>
<<Non guardare giù>>
<<Non sono abbastanza atletica>>
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L'altra dimensione
FanfictionMargherita, giovane e confusa, cresciuta in un piccolo paese della Sardegna, incontra un gruppo di musicisti in tour per l'Europa. La sua vita tranquilla e insoddisfatta verrà capovolta, si renderà conto che ha sempre vissuto a metà rinnegando il su...