Capitolo 25 - Una foto

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"Disegniamo sopra il mondo con una matita
Resteremo appesi al treno solo con le dita
Pronta che non sarà facile, è tutta in salita
E allora prendi tutto quanto
Baby, prepara la valigia
Metti le calze a rete e il tacco
Splendiamo in questa notte grigia"


Passarono due mesi da quando Damiano aveva lasciato la mia vita.

Mia madre stava ogni giorno meglio del precedente, i medici avevano deciso che non occorreva alcuna terapia supplementare all'intervento, così la ripresa fu rapida e efficace.

Io...io me la cavavo.

Continuavo a studiare, avevo dato qualche esame, e, di tanto in tanto, andavo a Milano per onorare il mio accordo con la casa di moda, nonostante avessi smesso di disegnare.

<<Sono fiera di te>>, mi disse mia madre mentre disfavo la valigia, appena tornata da uno di quei viaggi.

<<Grazie>>, dissi repentinamente.

Cercavo di tenermi impegnata il più possibile, se mi fermavo a pensare anche solo per un attimo, ricadevo in un baratro senza fondo.

<<Dovrai andarci di nuovo?>>, chiese mamma.

<<Sì, la prossima settimana e qualche altra volta ancora>>

<<E poi?>>

<<Poi cosa?>>

<<Magari ti offriranno un lavoro>>, disse speranzosa.

<<Non credo...e poi come faccio ad accettare un lavoro a Milano?>>

<<Hanno anche altre sedi sai? Mi sono informata. A Roma, ad esempio...>>

Le lanciai un'occhiataccia.

<<Devo finire l'università>>, dissi decisa.

<<Potresti chiedere dei permessi a lavoro per dare gli esami, o magari cambiare ateneo>>, insistette.

<<Io ho finito qui, torno a studiare>>, mi affrettai a dire, lanciando i calzini dentro al cassetto.

Recuperai i libri dalla borsa e li aprii sulla scrivania, mi costrinsi a concentrarmi e ricominciai.

Ogni giorno si accavallava all'altro in un turbinio di ore spese così, tra una faccenda e l'altra.

Era un mercoledì, il giorno prima che partisse di nuovo per Milano, quando, mentre stavo ancora sui libri, il nome scritto sullo schermo del mio telefono che squillava mi chiuse in una morsa di dolore la bocca dello stomaco.

Era Victoria.

Da quando ero andata via da Roma non avevo più sentito nessuno di loro, me lo aspettavo e immaginavo fossero molto arrabbiati con me.

Tenni il cellulare tra le mani per qualche secondo, poi deglutii e mi decisi a rispondere.

<<Pronto?>>

<<Meg, ciao>>, la voce di Victoria sembrava dolce, mi sorprese.

<<Ciao>>, risposi confusa.

<<Te disturbo?>>

<<No, certo che no. È successo qualcosa?>>, chiesi senza pensarci.

<<No, no. Non è successo niente>>

<<Ah>>, riuscii a dire soltanto.

<<Volevo sapere come stai>>, disse la ragazza.

L'altra dimensioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora