Arya

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L'ultimo giorno di viaggio fu il più pesante. Iniziò a piovere poco prima che partissimo e non smise finche' non arrivammo a Sarq. In autunno e in inverno era così; pioveva ogni singolo giorno e faceva un freddo bestiale, a volte nevicava anche.

-Mi stai mettendo agitazione. – borbottò Ness.

Non riuscivo a stare ferma, battevo il piede a terra di continuo e mi rigiravo uno dei coltelli che avevo nascosto nel vestito, come d'abitudine, nelle mani.

-Scusa. – biascicai.

Il sole del pomeriggio stava scendendo sotto l'orizzonte, dietro agli alberi, lasciando in cielo sfumature oro e rosso. Sembrava che stesse andando a fuoco. Gli ultimi attimi di meraviglia prima di arrivare in città.

Saremmo arrivati alla villa di Bennet entro mattina, poche ore e sarei tornata al mio passato, da mio padre.

Sbuffai e mi strinsi nel mantello nero e oro. Il materiale pesante era perfetto per quel periodo dell'anno, era leggero ma teneva al caldo.

Ormai era notte fonda, il cielo pieno di stelle era senza nuvole, la luce della luna illuminava tutto con una fioca luce argentea. Niente vento, non sembrava neanche inverno. Presto il mondo si sarebbe sporcato di altro sangue.

Osservavo la foresta scura fuori. Avevamo superato uno dei principali ponti che permettevano di attraversare il Kirosa, uno dei più importanti fiumi della regione, quindi mancavano tre ore a Sarq.

-Non si dorme, eh? –

Saltai sul sedile e dovetti coprirmi la bocca con le mani per trattenere un urlo. – Dei, mi hai fatto prendere un colpo! – sussurrai per evitare di svegliare tutti. – Dormi invece di rompere a me. – lo rimproverai.

Logan si appoggiò allo schienale del sedile. – No, tormentare te è mille volte meglio. – lo disse con un sorriso beffardo in volto.

Mi voltai dall'altra parte evitando di incontrare il suo sguardo. – Non è il momento. – fuori era tutto calmo, neanche un animale tra gli alberi, come se in realtà non ci fosse vita in quel bosco.

-E perché no? – insistette lui.

-Perché...! – mi fermai accorgendomi che stavo alzando la voce, così l'abbassai. – Perché no! –

-Va bene, va bene. – Logan alzò le mani, come per arrendersi.

Io sbuffai. Dopo alcuni attimi lui continuò. – Posso chiederti una cosa, almeno? –

Chiusi gli occhi per calmarmi e per evitare di ammazzarlo. – Si, dimmi. – dissi infine esasperata.

I suoi occhi nocciola si fermarono sul mio braccio. – Perché il guanto? –

Abbassai lo sguardo sul pezzo di pelle nero che copriva la mano, il braccio e sentii una pesantezza nel cuore, una sensazione orribile. – Diciamo solo che c'è stato un incidente. – intuendo cosa stava per chiedermi lo anticipai con la risposta. – No, non ti dico nulla. Quindi non provare a chiedere. – alzai una mano per ammutolirlo. Logan si grattò la testa, i capelli scuri erano così diversi da quelli del padre, anzi Logan era l'opposto.

-E... è stato così brutto da spingerti a coprire il segno. – non era una domanda. Lui sapeva a cosa serviva quel guanto. – E' per questo che non lo togli mai. –

Scossi la testa.

La carrozza prese una buca e sobbalzammo. Ness, seduta di fianco a me, quasi cade dal sedile e io la sorressi.

-Quanto cavolo pesi, Ness! – brontolai mentre la reggevo per un braccio. Il suo corpo era quasi spaparanzato a terra.

-Non è che qui siamo messi meglio, eh. – Logan era schiacciato dal peso dei corpi di Kat e Jordan. Era diventato rosso in volto per lo sforzo di rimettere i ragazzi seduti.

Ci riuscì. Si rimise seduto composto e mi aiutò con Ness. I capelli marrone scuro come il caffè erano arriffati e tutti in disordine, se li sistemò pettinandoli con la mano. Non erano proprio in ordine ma vabbè.

Batté una mano sulla parete ricoperta di legno. Poi si rivolge al cocchiere. – Ehi! Ho capito che abbiamo fretta di arrivare ma evitiamo le buche! – La carrozza rallenta un poco l'andatura. Logan sbuffa e torna con la schiena poggiata allo schienale. – Meglio. –

Sulle mie labbra spuntò un lieve sorriso, quasi impercettibile.

Lui mi guardò. – Dovresti riposare un po'. – mi disse – Se prendiamo un' altra buca e dovessi cadere, ti prendo io. – eccolo! Di nuovo quel sorrisetto malizioso.

Lo ignorai e poggio la testa sul vetro. Ora il vento aveva ripreso a soffiare e gli alberi oscillavano da una parte all'altra. Chiusi gli occhi lasciandomi cullare dal movimento della carrozza.

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