Logan

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-Cosa?! – credo di aver urlato perché Jordan e gli altri si fiondarono nella camera.

Anche Jordan era a petto nudo. C'era una stanza adibita a palestra e noi avevamo passato la prima mattina lì dentro.

Irruppero spalancando la porta. – Che succede. Perché urlate?! –

-La piantate per una buona volta di litigare voi due. – ci rimproverò Kat.

-Noi... - iniziai ma Arya mi interruppe. – Perché ti ha scritto? – ripeté, questa volta era solo un sussurro. Aveva abbassato lo sguardo.

-Quella lettera è arrivata sta mattina, sai chi è il mettente, Ary? – si informò Kat. Aveva legato i lunghi capelli rosa in una coda alta.

-Suo padre. – dissi io per lei.

Tutti ci guardarono sconvolti. Si elevò un coro di "cooooosa!?"

Mi rivolsi ad Arya. – Ascolta, non so perché mi abbia scritto, ma sa che siamo qua e il perché. – annuì.

-Dovremmo essere molto più discreti d'ora in poi. – disse Ness. – E credo sia arrivato il momento di mettersi delle magliette. – alludeva a me e Jordan.

-E mentre voi vi mettete qualcosa addosso, noi tre ci inventeremo qualcosa. – rispose Kat facendo un cenno alle ragazze.

Il nuovo piano consisteva nel rapimento.

Una buona idea. Sperando solo che gli altri non avessero pensato alla stessa cosa.

Era ormai buio quando finimmo di discutere. Ness e Kat si erano rintanate in cucina a preparare qualcosa per cena, Jordan era in camera sua a farsi una doccia dopo un'altra sessione di allenamento e Mike era da qualche parte a preparare boccette di veleno.

Arya si era volatilizzata subito dopo la riunione e non si era più fatta viva. Sicuramente era di nuovo andata a dormire fuori.

Stavo entrando in camera mia quando noto che la botola che portava alla soffitta era aperta. Ed, essendo uno curioso e che non si fa mai i fatti suoi, tiro giù le scalette di legno e salgo. Ad ogni gradino il legno scricchiola sotto il mio peso.

Sbucai in una stanza minuscola illuminata solo dalla luce che filtrava da una porta aperta.

Fuori tirava un leggiero vento freddo. In piedi sul cornicione del tetto c'era Arya.

-Non credi che buttandoti da li sia un gesto leggermente eccessivo? – le dissi avvicinandomi.

Lei non sobbalzò neanche, mi aveva sentito arrivare da un pezzo.

-Renderei felici molte persone. – mi si gelò il sangue alla sua risposta.

Si sedette sul corniciane, le gambe penzolavano nel vuoto. – La vedi quella casa. – indicò una mega villa tutta illuminata. Sembrava che il solo avesse dato ore in più di luce solo a loro.

Mi sedetti vicino a lei, con qualche decina di centimetri a separarci, con i piedi ben saldi sul tetto.

-Quella è... era casa mia. – mi girai di scatto verso di lei. Arya non mi guardava, aveva gli occhi posati in un punto indefinito davanti a lei. Erano velati, spenti.

-Avevi ragione. –

-Su cosa? – corrugai la fronte.

-Sulla paura del buio, avevi ragione. Ce l'ho da sempre e così mia madre comprò una lucetta che faceva una debole luce che potevo accendere la notte. – spiegò. – Ma non funzionò, era ancora troppo buio. Così istallò delle luci che illuminavano interamente la casa da fuori, come se fosse giorno e finalmente riuscii a dormire. –

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