Quella sera feci una lunga passeggiata.
Avevo un gran bisogno di staccare da tutto e tutti.
L'aria fredda mi baciava le guance, nuvolette bianche uscivano ogni volta che espiravo. Quando mi ero fermato davanti una vetrina illuminata di un negozio, avevo notato il rossore che avevo sul naso e sulle guance.
Una ventata di aria gelida mi investì. Mi strinsi ancora di più nel cappotto.
Stavo tornando a casa quando una sagoma scura all'interno di un vicolo attirò la mia attenzione. Snella e alta, era in piedi in mezzo alla strada.
Aveva il cappuccio del mantello scuro alzato, quindi non riuscivo a vederlo in volto. – Chi sei? – chiesi.
Un fruscio di mantelli alle mie spalle mi costrinse ad alzare la guardia. Non avevo bisogno di girarmi per capire che altri quattro ragazzi erano in piedi con i pugnali sguainati.
Perfetto. La situazione non era delle migliori.
-Voi avete ucciso il nostro capo. – la voce era femminile. – Quindi dovete pagare. –
Successe tutto in un attimo.
La ragazza dal mantello scuro scattò in avanti, tenendo qualcosa di scintillante in mano. Un pugnale.
Schivai il primo colpo, feci per prendere le mie lame ma mi ricordai tardi di averle lasciate alla villa. Merda!
I compagni della ragazza si mossero tutti insieme. – Cinque contro uno? Non è un po' squilibrata la situazione? – per di più ero disarmato.
Quando scattarono ebbi la risposta. No, per loro non era affatto squilibrata.
Si muovevano in maniera rapida, quasi non riuscivo a vedere dove fossero. Notai una sbarra di metallo su delle cassa poggiate a un lato dal vicolo, vicino al muro del palazzo. Potevo usarla come arma, se solo avessi superato il muro di assassini davanti a me.
Uno di loro fece per colpirmi ma mi scansai prima che potesse prendermi. Mi sfiorò la spalla.
Scattai in avanti, con una semplice mossa feci cadere sulla schiena uno di loro, rubandogli il coltello. Strinsi il pungo sull'elsa.
Parai ogni singolo colpo dei miei avversari, qualcuno di loro riuscì comunque a farmi qualche graffio, quando io avevo ferito un paio di loro, in modo superficiale ma doloroso.
Ero stanco e affaticato. Strano, solitamente avevo una resistenza maggiore. Ed ecco il momento in cui mi accorsi del taglio profondo che avevo al braccio.
L'ultima cosa che vidi fu il sangue colare sulla giacca e due nuove sagome arrivare dalla strada principale. Poi un forte dolore alla testa mi fece cadere a terra. Da lì in poi non ricordo nulla.
Mi risvegliai dopo non so quanto tempo, credo poco visto che qualcuno mi stava facendo sdraiare su un lettino. Una forte luce mi accecò, gemetti nel tentativo di alzarmi.
-Non muoverti, dobbiamo ancora curati il braccio. – disse una voce femminile al mio fianco.
Girai la testa e vidi una cascata di ricci biondi e due occhi del colore del cielo. La donna al mio fianco era di una bellezza divina. – Sono morto e ora mi trovo in paradiso? – lei rise e si portò una ciocca di ricci dietro l'orecchio.
-No, sei in una sala operatoria. – un uomo sui sessanta entrò nella stanza, aveva un camice bianco e dei guanti.
Ci misi un po' per riconoscerlo. – Dottor Kulsen? – dissi
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academy of murderers
General FictionL'Accademia degli Assassini era il posto meno appropriato dove passare la propria adolescenza. Ti addestrano per diventare una macchina omicida, poi, quando sei abbastanza forte, ti mandano in missione - così le chiamano loro -per uccidere qualcuno...