Capitolo 7 "Soffice melodia"

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Elizabeth's Pov

Si dice che chi trova un amico trova un tesoro, e quando qualcuno trova un tesoro di qualunque tipologia e valore esso sia, i suoi occhi brillano.
L'amico è un tassello che non deve mancare.
Come un mattone che serve a completare un muro intero e se esso non c'è allora...quel muro non può essere completo. Bisogna cercarlo ed io, anche se un pò in ritardo, l'ho fatto. L'ho trovato e adesso posso davvero capire cosa si prova ad avere un amico. Credevo di non essere all'altezza di Christopher, credevo di essere stupida e ottusa in confronto a lui così tanto sveglio ed intelligente. Riponevo tutta la mia intelligenza nei libri che mi impegnavo a capire di più di quanto dovessi impegnarmi a capire le materie e gli argomenti che ci spiegava Miss Perez.
Il carillon sulla scrivania continuava a girare, emettendo una dolce melodia che mi arrivava fino al cervello. Inondava ogni mia parete e cellula, facendomi entrare in uno stato di pura calma e serenità. Solo quando smise di suonare chiudendosi del tutto il silenzio tornò a regnare nella mia stanza.
L'unica cosa udibile, però, era il mio respirare, lento mentre avevo gli occhi chiusi. Non pensavo a ciò che era successo in classe e non pensavo al fatto che presto, molto presto, io e Chris avremmo ricevuto una punizione.
La mia prima punizione.
Ero calma perchè sarebbe dovuto esserci anche lui con me quindi, qualunque cosa la Signorina Roy ci avesse assegnato, l'avremmo affrontata insieme.
Io e lui, come due veri amici.
Era passato solo un giorno e mezzo dall'episodio della mensa e già potevamo considerarci come fratelli. Era passato solo un giorno e mezzo ma era come se fosse passata una vita intera. Spesso pensavo a quanto tempo in più avremmo potuto avere io e Chris se solo tutto, compreso il litigio in classe, fosse successo prima.
Avremmo riso e scherzato fra i banchi della nostra aula, mangiato insieme e giocato con il cibo. O magari avremmo letto un libro di favole insieme, io con la testa appoggiata sulle sue gambe accanto alla finestra; mentre la sua voce, roca e lenta, avrebbe accarezzato quelle fiabesche parole piene di storia e significato. Saremmo cresciuti insieme come due fratelli rincorrendoci per i corridoi di quell'orfanotrofio che, in diverse circostanze, non ci avrebbe fatto paura e ribrezzo come in quella che una volta era una monotona e ripetitiva realtà.
Magari fantasticavo troppo e probabilmente esageravo, ma sentivo di potermi fidare di Christopher così come lui poteva fidarsi di me.
Sospirai ancora stesa su quel letto che in tutti quegli anni era stata una delle poche cose che riusciva a farmi stare bene. Amavo la mia stanza, la consideravo come un mondo a parte dove ogni cosa andava per il meglio. Solo quel giorno però, quando la Signorina Roy entrò per chiedermi cosa avessi, vidi ogni fiore di tranquillità appassire e ogni farfalla gioiosa perdere le sue ali.
Insomma quella stanza, solo in quella occasione, perse tutto il suo potere.
Mi sarebbe dispiaciuto lasciarla, ma andava fatto.
Mi misi a sedere e qualche riccio rosso che scostai con un soffio mi cadde davanti al viso; guardai il carillon che da poco si era chiuso su se stesso sulla scrivania, lo avevo trovato nella Tana il medesimo giorno in cui trovai essa stessa. Era appoggiato su una mensola, l'unica ancora attaccata del tutto al muro, la polvere non osava toccare l'oggetto ma preferiva caderci accanto.
Come se toccandolo persino essa, la polvere, sarebbe stata vittima di qualche maledizione.
Quella melodia mi incantò sin da subito e ogni sera da quando avevo portato il carillon in camera, lo mettevo sul comodino di fianco a letto facendolo suonare, lasciando così che la sua musica mi cullasse.
Era una melodia soffice, liscia direi. Non aveva intoppi o malfunzionamenti. Proseguiva meravigliosamente percorrendo un percorso di note che già altre volte, con anime probabilmente ormai felici, aveva percorso.
Avevo quasi rischiato di cadere per prenderlo, la mensola era alta quindi l'unica cosa che potei usare per arrivarci fu un piccolo sgabello vecchio e rovinato.
Ricordo che tornai tutta contenta nella mia stanza, nascondendo sotto il vestito a fiori il carillon che da quel giorno non abbandonai più.
Lo studiavo e nel mentre facevo ripetere la melodia di continuo.
Sotto l'oggetto c'era un piccolo cofanetto, dove le batterie piuttosto vecchie continuavano stranamente a reggere e funzionare e quel giorno, da dentro il carillon, trovai una collana. Aveva una catenina d'oro con un una piccola margherita come pendente e dal momento in cui la indossai, non la tolsi più.
Chissà quale buona anima aveva lasciato lì quel carillon così semplice ma allo stesso tempo, speciale.
Era passata qualche ora dall'accaduto in classe e dalla chiacchierata in libreria con Chris e da quando ero rientrata in stanza non avevo osato alzarmi per fare nulla.
C'era mancato poco che mi addormentassi anche.
Era l'ora di pranzo quindi era meglio sbrigarsi, in mensa mi sarei aspettata di tutto. Sguardi dei miei compagni, una ramanzina da Finnick e, perché no, magari anche pulire tutti i tavoli e la cucina per punizione. Quindi mi alzai, stiracchiandomi e sbadigliando come se non ci fosse un domani. Mi avvicinai allo specchio verticale guardando l'orribile aspetto che avevano il mio viso e i miei capelli, cercai di sistemare quella sorta di cespuglio rosso autunnale che avevo in testa ma, con scarsi risultati, decisi di lasciar perdere.
Sistemai il letto che poco prima avevo sgualcito e riordinai la scrivania dove libri, evidenziatori, fogli e soprattutto una piantina dell'orfanotrofio trovata in biblioteca, giacevano in disordine. La piantina era la cosa più importante per quella missione perché nonostante abitassi in orfanotrofio da sedici anni non conoscevo alla perfezione ogni stanza, uscita o sgabuzzino.
E quelli erano requisiti importanti per poter agire e portare a termine ciò che avevo intenzione di fare.

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