Capitolo 21 "I ragazzi di Harrow"

19 1 0
                                    

"Non ci si libera di una cosa evitandola ma soltanto attraversandola"
C.P

Narratore

Pensare di avere paura è umano e cercare di non averla lo è altrettanto.
Ma se solo una piccola parte di noi riuscisse a comprenderlo e ad ignorare la paura che ci impedisce di agire, forse quell'altra parte restante sarebbe libera da ogni tipo di ostacolo e impedimento. Per questo Christopher si era lanciato per strada senza nemmeno rifletterci su', se si fosse fermato a farlo quel bambino non si sarebbe ritrovato sano e salvo tra le sue braccia e lui non avrebbe mai potuto perdonarselo.
Era ora immobile, steso sul ciglio della strada con tra le braccia un corpicino tremolante e spaventato e tra le mani una testa avvolta dall'ombra di un corpo solo un po' più grande.  Anche tutto il resto sembrava essersi fermato intorno a loro.
Le auto, le persone, il vento, il tempo.
Tutto sembrava tacere, o forse avrebbero soltanto dovuto aprire entrambi gli occhi.
Il rumore di passi veloci e pesanti arrivò alle orecchie di Chris che, liberando chi aveva tra le sue braccia, si impegnò a studiarne i tratti del viso, segnati da quella che sembrava essere paura e, allo stesso tempo, a controllare che non ci fosse nessun tipo di graffio.
"S-stai bene?" gli chiese, tenendolo per le spalle.
Non riuscì però ad ottenere nessun tipo di risposta perché qualcuno gli strappò quel ragazzino dalle mani e lo racchiuse in un forte abbraccio che urlava preoccupazione da ogni angolo lo si guardasse.
Una donna lo stringeva impaurita mentre lacrime cadevano veloci sulle sue guance, lo scuoteva con fare insistente rimproverandogli quante volte li avesse detto di guardare da entrambi i lati della strada prima di attraversare e quanto lui fosse testardo.
In quello stesso istante Rosaly e Beth caddero preoccupate d'innanzi a Chris ancora sconvolto che continuava a guardare il bambino.
"Chris...Chris stai bene? Ti sei fatto qualcosa?" domandò Beth scuotendolo
"Perché non parli? Chris!"
Lui sembrò risvegliarsi di botto e spostando lo sguardo sulle sue amiche, tentò lentamente di rialzarsi.
"Si, si sto bene."
"Sicuro?"
"Sono sicuro, ora però dobbiamo andarcene." Christopher indicò con lo sguardo verso la fine della strada dove un auto della polizia era parcheggiata e proprio in quell'istante, due agenti uscivano da un bar con due caffè fumanti.
Prese entrambe per i polsi e cominciò a camminare spedito finché non si sentirono chiamare.
"Aspettate! Voi tre, aspettate!" la madre di quel bambino correva verso di loro tenendo il figlio per una mano, quando giunse davanti a loro si prese qualche secondo per respirare e riprendere fiato.
"Ragazzo, se non fosse stato per te mio figlio...ti prego lascia che ti ringrazi in qualche modo"
Chris non sapeva quali parole utilizzare in quel contesto quindi preferì rimanere in silenzio, confuso e ansioso con ancora i polsi delle sue amiche stretti nelle sue mani.
Quando Rosaly tentò di dire qualcosa per spezzare il silenzio fu interrotta da Elizabeth, si era accorta dei due agenti che camminavano tranquillamente verso la loro direzione.
"Dobbiamo andare" disse Beth, ma Chris non si mosse.
"Signora, vuole sdebitarsi?"
"Si, certamente!" la donna gli sorrise
"Allora ci porti via da qui"
"C-come?" lei si bloccò confusa stringendo più forte la mano del bambino nella sua.
"La prego si fidi di noi, le spiegheremo tutto per strada"
Quelli che misero su i tre ragazzi erano sguardi di speranza e paura. Avevano paura che da un momento all'altro tutto ciò che avevano pianificato fino a quel momento, anche se poco, venisse cancellato.
La donna sembrò temporeggiare e quando i due uomini furono a qualche metro di distanza da loro disse
"Venite, la mia auto è da quella parte."

                                                                                                          ***

Elizabeth

Eravamo partiti oramai da circa dieci minuti, il paesaggio correva veloce fuori dal finestrino quasi come se fossimo noi, all'interno di quell'auto, a non muoverci neanche un po'. Nessuno sembrava aver intenzione di parlare, erano tutti troppi concentrati a fare altro ed avevo la strana sensazione che se non avessimo cominciato nessun tipo di discorso, non sarebbe finita bene per noi. Così pensai che forse avrei potuto dire qualcosa io.
"Signora, grazie davvero per essersi fidata di noi."
"Non c'è problema, dovevo ringraziarvi per aver salvato mio figli." Il bambino si girò verso di noi, seduti nei sedili posteriori, ci sorrise e poi tornò a guardare la strada. La paura sembrava essere sparita dal suo dolce viso.
"Posso chiederle come si chiama?" azzardai
"Mi chiamo Jocelyn." Mi guardò dallo specchietto retrovisore
"Ed io sono Thomas!" rispose felice il bambino seduto accanto a lei che sorrise a queste parole
"Già, lui è Thomas"
"Piacere di conoscerla Jocelyn, e Thomas" gli feci un occhiolino e lui mi rispose con una piccola risata.
Mi ricordai che nessuno di noi le aveva detto i nostri nomi quindi anche questa volta presi l'iniziativa
"Io sono Elizabeth"
"Hai un bellissimo nome, Elizabeth" mi rispose
"La ringrazio" diedi una veloce gomitata a Rosaly che era mezza addormentata con la testa appoggiata sulla mia spalla.
"Eh? Siamo arrivati?" balzò
"No non siamo arrivati, presentati alla Signora Jocelyn" le sussurrai
"Oh ehm, piacere di conoscerla Jocelyn, io sono Rosalinda ma può chiamarmi Rosaly." disse per poi liberare un lungo sbadiglio
"Piacere Rosaly." Guardò poi dallo specchietto retrovisore verso Chris che si era perso tra gli alberi che passavano veloce davanti ai suoi occhi.
"E tu giovane eroe? Sei Chris giusto?" disse lei
Anche Rosaly dovette risvegliarlo con una gomitata, avevo capito che qualcosa non andava e una volta scesi dall'auto avrei dovuto capire cosa.
"Si, sono Chris."
"Chris sta per qualcosa o...?"
"Christopher, Chris è per gli amici."
"Grazie ancora per Thomas, se tu non ci fossi stato non so cosa sarebbe successo.
"Non c'è di che, l'importante è che lui stia bene.
"Allora...dove siete diretti?"
Quella domanda fu così improvvisa che nessuno di noi tre sembrava sapere cosa dire, era successo tutto così velocemente che non avevo pensato a dove saremmo potuti andare. Non avevamo più una casa o un posto dove stare, eravamo ora cittadini del mondo trasportati dal vento verso un luogo a noi sconosciuto.
"Ehm noi..." cominciai guardando i miei amici
"Non possiamo dirglielo Beth" mi sussurrò Rosaly all'orecchio
"Dobbiamo farlo, e poi ho la sensazione che ci aiuterà." Mi spostai dietro la sua schiena per cercare consenso nello sguardo di Chris che di conseguenza annuì
"Vede Jocelyn noi...stiamo scappando."
"Scappando? Da chi." Chiese
"Siamo fuggiti questa notte dal nostro orfanotrofio, siamo tutti e tre orfani... per quel che ne sappiamo."
Il suo sguardo vacillò dopo queste parole e lentamente rallentò la velocità
"Voi...cosa?! Perché mai sareste scappati dall'unico posto che può tenervi al sicuro, dalla vostra unica casa, soprattutto in una situazione come la vostra."
"Quella non è casa nostra" rispose Chris con tono leggermente scontroso
"Vede, quando un posto è pieno di bugie, ombre tra i muri che ti perseguitano, brutti pensieri. Quando passi la tua vita dietro ad una finestra pensando come sarebbe poter passeggiare liberamente per strada, scoprire il mondo, vivere ogni giorno una nuova avventura. È così che non ti senti a casa e di conseguenza neanche al sicuro. Quello non era il nostro posto, ci sentivamo inadeguati e fuori posto.
Noi vogliamo trovare la nostra felicità e pensiamo sia arrivata l'ora di cominciare a cercarla."
Sono sicura che se avesse potuto avrebbe fermato la macchina e si sarebbe messa le mani nei capelli. Dove si erano mai visti tre ragazzini che fuggono da un orfanotrofio per cercare qualcosa che, probabilmente, non avrebbero mai trovato. Eppure un passo lo avevamo fatto e lentamente uno dopo l'altro a qualcosa saremmo arrivati.
"Io...io non so cosa dire, non voglio sapere cosa abbiate fatto per scappare e tanto meno come abbiate fatto a passare la notte al freddo."
Una bellissima e accogliente tavola calda e tutto ciò che custodiva all'interno mi tornò in mente, ma soprattutto, la stramba e dolce Dafne, di cui sentivo la mancanza ad ogni minuto che passava.
"Posso solo chiedervi da quale orfanotrofio siete fuggiti?"
"L'orfanotrofio di Harrow."
E fu lì che frenò di botto, ed a quel gesto inaspettato tutti ci ritrovammo con la faccia spiaccicata nei sedili davanti a noi.
Aveva ancora le mani sul volante, lo sguardo perso come se d'improvviso qualcosa, come un ricordo, le avesse accecato la vista.
"Mamma..." il bambino accanto a lei, che per fortuna non si era fatto male, si avvicinò a lei toccandole il braccio facendola risvegliare di botto.
"Harrow..."
"Jocelyn? Sta bene?" Chiesi preoccupata.
"Non ci posso credere." Disse, per poi premere l'accelleratore e ripartire velocemente verso la direzione opposta."
"Dove stiamo andando?" Domandò Rosaly con tono agitato
"Vi riporto all'orfanotrofio"
🌼🌼🌼

BeatitudinemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora