Capitolo 3 "Aspettative pericolose"

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Narrator's Pov

I raggi del sole filtravano dal grande finestrone che dava sul giardino ed illuminavano la spaziosa sala popolata da bambini ed adolescenti sorridenti, ma soprattutto speranzosi di poter varcare presto quel portone che conduceva ad un mondo, per loro orfani, del tutto sconosciuto.
Ognuno lo immaginava a suo piacimento, ognuno aveva i propri pensieri e le proprie teorie, anche i bambini che amavano immaginarlo come un mondo da fiaba, con castelli altissimi e donne con abiti lunghi ed eleganti; oppure con dei giardini incantati, unicorni al galoppo e principesse in pericolo da dover salvare.

Poi c'era chi invece il mondo lo conosceva un pò più degli altri, chi aveva potuto visitarlo non solo attraverso uno schermo digitale o immagini di un libro, ma anche attraverso i sogni e bizzarre idee.
E quel Chi si riferiva proprio ad Elizabeth.

La geografia, una delle sue materie preferite nelle lezioni in orfanotrofio che svolgeva con Miss Perez, le permetteva di intraprendere veri e propri viaggi da una nazione all'altra, imparare ricette tradizionali o conoscere usi e costumi del singolo paese riportato su un foglio di carta.
Ma proprio quando le sue dita entravano in contatto con la carta del libro si svegliava da quella assurda e contemporaneamente fantastica illusione, che la portava poi a provare sempre più odio verso quelle mura che, silenziosamente, l'avevano vista crescere.

Quella mattina erano tutti molto entusiasti, e non solo grazie al magnifico sole che era sorto dopo una lunga tempesta, ma anche grazie alla probabile possibilità per qualcuno seduto lì in mezzo, di poter entrare a far parte di una famiglia che lo avrebbe amato come un vero figlio.
Elizabeth, come in tutte le altre riunioni di quel genere, se ne stava seduta in ultima fila, leggermente piegata sulla sedia in modo che nessuno potesse vederla dallo spalto rialzato dove la Signorina Roy stava per cominciare a parlare.
Poi c'era il Signor Finnick, che invece, se ne stava appoggiato allo stipite della porta d'ingresso della sala, mentre osservava Elizabeth e sperava per lei che qualcuno l'avesse adottata.
Almeno avrebbe evitato un grossissimo disastro fuggendo all'insaputa di tutti.

Da lontano, accanto ai due pilastri circolari in marmo, vi era Miss Perez, che oltre a cercare di tenere i bambini sotto controllo e calmarli dalle loro marachelle faceva di tutto pur di farsi notare dal Signor Finnick.
Ma lui, come da tutta la vita del resto, non la degnò di uno sguardo.

Il modo di Joanna Perez di ottenere visibilità con le sue solite manie di protagonismo, infastidiva la maggior parte delle persone che la conoscevano; colleghi, parenti e quei pochi amici che era riuscita a tenersi continuavano a chiedersi ormai da anni come facesse a mantenere un profilo così calmo e sereno sapendo di essere sotto gli occhi di tutti. Sapevano, però, che fosse talmente sicura di sé da non aver paura del giudizio di nessuno.
Se lei s'imponeva un obiettivo fidatevi che l'avrebbe raggiunto combattendo con le unghie e con i denti e infine ci avrebbe piazzato una bandierina con sopra le sue iniziali "JP".

Era sicura di tutto.
Della sua, secondo lei, elevata intelligenza. Della sua bellezza che tanta non era, ma soprattutto era sicura dell'amore, del tutto inesistente, che Finnick provasse per lei.
Secondo lei questo amore bisognava solo tirarlo fuori. Non pensava al passato, non pensava agli innumerevoli casini che aveva combinato e ai guai che aveva portato, alle amicizie che aveva fatto fuggire, ai legami spezzati e alla fiducia che gli altri versavano in lei, ormai persa.

"Buongiorno a tutti" ad interrompere tutta quella confusione, fatta sia da parole che da pensieri, fu la Signorina Roy.
Capelli a caschetto perfettamente pari contornavano il viso magro e dalla carnagione chiara, mentre occhi azzurri come il ghiaccio scrutavano attentamente ogni persona presente in quella stanza e per pochi secondi, il suo sguardo si fermò su Elizabeth, coperta da una felpa verde scuro mentre si accarezzava il dorso della mano sinistra, guardandola.
Come se facendo quel gesto il tempo sarebbe passato più velocemente e così sarebbe potuta tornare nella sua stanza a leggere qualche libro o magari a pianificare la sua fuga.

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