Capitolo 17 "Con i piedi nel mondo"

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"Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi."
(Cesare Pavese)

*Da ascoltare durante la lettura del capitolo*
I lived-OneRepublic
Riptide-Vance Joy
Ho Hey-The Lumineers
Hey, Soul Sister-Train
The Night We Met- Lord Huron

🌼

Narrator's Pov

Probabilmente li aveva colti di sorpresa con quella decisione. La verità è che anch'essa lo era rimasta.
Sorpresa da se' stessa, che in quel momento era come se avesse perso le redini del suo cervello.
Aveva agito senza pensare.

Detto quelle cose senza prima riflettere.

Ma quando aveva visto la faccia di Amber, maledettamente compiaciuta da quello che aveva fatto, così sicura di se' e di ciò che stava succedendo, come se sapesse già come le cose sarebbero andate poi a finire, qualcosa in Beth era scattato.
Forse aveva avuto solo paura che qualcuno volesse strapparle dalle mani un sogno, il suo sogno.
Immaginare i peggiori scenari era una delle sue specialità, ed infatti non ci aveva messo molto ad immaginarsi una Amber vittoriosa con i piedi fuori dall'orfanotrofio.
Con i piedi nel mondo.

Forse era proprio per quello che adesso Beth si trovava immobile in mezzo alla sua camera, a scrutarne ogni angolo e imperfezione, come se ne avesse.
Quella camera era tutto fuorché imperfetta ed Elizabeth si chiese, proprio in quell'istante, se un giorno sarebbe riuscita a trovarne una simile.
Una camera che la facesse sentire libera e al sicuro, avvolta dal calore di sole poche mura che invece sembravano aver fatto di tutto per non lasciarla andare.
Una piccola stanza che di particolare aveva tanto ma solo se la si guardava con occhi di chi la vita la stringe con tutte e due le mani.
Il vento spostò di pochissimo le tapparelle marroni, facendo sì che un raggio di sole entrasse e le illuminasse gli occhi.
Era tutto magnifico.
Dal cestino pieno di carte strappate ed accartocciate che teneva sotto la scrivania all'angolo della camera, al lampadario vintage appeso al soffitto, poco più distante dalla superficie del letto.
Il vaso bianco e vuoto sul comò accanto allo specchio.
Il carillon che aveva portato via dalla Tana e ora posato sulla mensola sopra la scrivania.
Lo zaino in stoffa beige abbandonato sul letto, ancora vuoto.
Lo sguardo di Elizabeth finì proprio su di esso.
Di cosa avrebbe dovuto riempirlo?

Aveva detto a Chris e Rosaly di portare con loro lo stretto necessario, ma se avesse potuto lei avrebbe fatto in modo che lì dentro ci entrasse l'intera stanza.
E così cominciò dalle cose più importanti.
Il carillon.
Lo prese e delicatamente lo mise nel fondo dello zaino per evitare che si rompesse,poi si avvicinò all'armadio e attentamente estrasse un paio di pantaloni e qualche maglia. Dopo con attimi di esitazione, afferrò il lenzuolino azzurro, quello che l'aveva coperta quella notte.
Lo strinse forte tra le mani portandoselo sotto il naso ed inspirandone l'odore.
Aveva un buon profumo, non sapeva a cosa appartenesse ma di certo si trattava di qualcosa di dolce, proprio come lei.

Erano tante le domande e altrettante le risposte che si aspettava di poter riuscire a trovare grazie a quella folle avventura in cui lei e i suoi amici stavano per buttarsi, ma una piccola, piccolissima parte di lei, credeva che quelle risposte non l'avrebbero raggiunta.
Forse non quel giorno o quello successivo. Forse mai.
Piegò con cura ogni cosa e la infilò all'interno dello zaino ed alla fine riuscì a ricavare un minuscolo spazio per quelle ultime cose da cui le sarebbe dispiaciuto separarsi.

Chiuse la cerniera dello zaino e tirò un lungo sospiro, poi si girò e si avvicinò alla scrivania dove, adagiata ordinatamente, giaceva la cartina dell'orfanotrofio.
Osservò quella che era la sua stanza e successivamente scrutò tutta la struttura, e fu lì che pensò che forse in quello zaino, anche se totalmente pieno, avrebbe dovuto infilarci anche qualche pezzetto di speranza.

Che grande confusione era tutto quello.
Ogni gesto, spazio e attimo erano confusione.
Confusione era lei, che guardava tutto ciò che era disposto sul piano in legno senza capirci niente, ma nel frattempo seppur lentamente, decifrandone ogni minimo dettaglio e significato.
Fu proprio in quella confusione però, con la mente ingarbugliata, che capì che forse non aveva bisogno di una cartina per orientarsi nel luogo in cui abitava. Come non avrebbe avuto bisogno del mappamondo o di qualsiasi altra cosa le indicasse la strada perché la strada, in un modo o nell'altro, l'avrebbe sempre scelta lei.
Lei era la strada che seguiva i sogni.
Lei era il sentiero che si avventura dove la strada non può portare, sostituendola.
Lei era il vicolo ed anche quello cieco.
Lei era marciapiedi e curve.
Lei era porte che indicano l'inizio o la fine di qualcosa, tetti che ospitano chiunque.
Lei era e poteva essere tutto.

Così alzò gli occhi dalla carta, incontrando i medesimi poi nel riflesso del piccolo specchio sulla mensola in alto alla scrivania.

Quel verde...quella speranza.

Tutto ciò che giaceva sulla scrivania raggiunse il pavimento e non si preoccupò del rumore che era nulla in confronto a quanto ne stessero facendo i suoi pensieri.
Aprì le tende e le tapparelle facendo entrare tutta la luce possibile, tolse con forza il lenzuolo e la coperta dal letto e spinse la sedia con un calcio facendola cadere a terra.
Aprì l'armadio e cacciò qualsiasi cosa ci fosse all'interno facendola volare per la stanza, qualcosa rimase anche a penzoloni sul lampadario.
Fece cadere ogni cosa dalle mensole, strappò le tende e le lanciò per aria e poi prese un cuscino bianco e col sorriso lo agitò in giro per la camera, facendo sì che le sue piume volassero libere, alcune anche fuori dalla finestra.

Elizabeth's Pov

"Ma che stai facendo?" mi girai verso la porta dove Chris mi guardava con un sopracciglio alzato e la testa piegata mentre Rosaly ridacchiava divertita.
"La tua stanza...è un completo disastro." disse quest'ultima guardandosi in giro
"Come noi, d'altronde." risi
"Venite, entrate e chiudete la porta presto!" andai verso di loro spingendoli dentro
"Beth ma che-"
Lanciai loro in faccia due cuscini e prima che se ne accorgessero li colpii entrambi con quello che avevo in mano, facendo volare altre piume.
"Non lo hai fatto!" Rosaly mi fulminò con lo sguardo
"Oh si, si che lo ha fatto" rispose Chris sputando una piuma
"Oh Holmes, sei finita!"

Gettarono entrambi i loro zaini per terra e così in quella semplice ma speciale stanza di uno dei tanti orfanotrofi di Londra scoppiò una guerra di cuscini.
Le piume volavano da una parte all'altra, le cuscinate da un viso all'altro e le risate riecheggiavano per tutta la struttura mentre i nostri battiti accelerati suonavano come tamburi nelle nostre orecchie.
Era l'ultimo giorno e stavamo a modo nostro dando un addio a quel posto. Erano tante le cose dell'orfanotrofio che avrei voluto far conoscere ad entrambi i miei nuovi amici, la Tana ad esempio, le fessure nelle vecchie librerie dove nascondevo i libri che avevo scelto di leggere in futuro, la parte strappata nella poltrona di Finnick dove proprio lui nascondeva le sue caramelle preferite, senza sapere che io lo sapessi.
Il tempo era però terminato e l'ora di andare si stava ormai avvicinando, anche se in quel momento sperai arrivasse con calma.

Cademmo sfiniti e col fiatone sul materasso bianco e su un tappeto di piume dello stesso colore, ritrovandoci con gli occhi rivolti al soffitto.
I raggi del sole illuminavano tutta la stanza che era diventata ormai il disordine più assoluto ed anche in quelle condizioni disastrose, essa era perfetta.
Oziammo sul letto fino a sera e ridemmo di qualsiasi cosa parlammo in quei momenti lì, per fortuna nessuno era venuto a cercarci per la cena.
Si fece poi notte e l'aria si rinfrescò ancor di più di quanto lo fosse già prima, così alzandomi per chiudere la finestra, rivolsi uno sguardo all'orologio caduto accanto al letto.
Le undici e trentasette minuti.
Tutte le luci dell'orfanotrofio erano spente tranne quella della mia camera e tutti dovevano già star dormendo.
"Ragazzi" si girarono entrambi a guardami ancora spettinati e con i vestiti sgualciti.
"È ora di andare."
Si guardarono poi a vicenda e dopo poco si alzarono, facendosi largo tra tutto ciò che fosse per terra ed indossando i loro cappotti, mettendosi poi in spalla gli zaini.

Rosaly, ritrovandosi a fare da capofila, girò lentamente il pomello della porta aprendola e facendola cigolare.
Il corridoio era buio e la luce della mia stanza ne illuminava una breve parte, così con calma e senza fare eccessivi rumori, varcarono la porta.
Io invece mi fermai sulla soglia e mi girai a guardarla.
Scrutai per l'ultima volta tutta la sua bellissima imperfezione, ne scrutai ogni angolo ed una impercettibile lacrima mi rigò la guancia.
"Beth" sussurrò Chris, mentre Rosaly controllava le scale
"Beth dobbiamo andare." mi sentii tirare dal braccio e per questo mi aggrappai alla porta chiudendola, forse, per l'ultima volta.

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