Prove generali

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I mesi seguenti furono un inferno, perché al dolore per la perdita di Banita si aggiunse il pensiero della sconcertante rivelazione che le aveva fatto in punto di morte. Rebecca si tormentava giorno e notte, dilaniata dalla rabbia e dal dolore. Soffriva terribilmente per la perdita di sua madre ma, allo stesso tempo, provava una rabbia cieca al pensiero di quel segreto che le era stato celato tanto a lungo.

Adesso, lentamente, tutti i pezzi del mosaico cominciavano ad andare a posto.

"Mamma, io da dove vengo?" – aveva chiesto allegra a sua madre, un giorno di molti anni prima. Doveva avere non più di quattro o cinque anni.

"Che significa da dove vengo?" – aveva risposto Banita sorridendo.

Rebecca aveva indicato l'incavo del suo polso destro:"Da una stella?"

Banita l'aveva fissata seria, per un istante. "Sì, una stella molto lontana."

Rebecca aveva sgranato gli occhioni azzurri. "Davvero? E come si chiama?"

"Si chiama proprio come te."

"Una stella col mio nome?!" – aveva esclamato, fuori di sé dalla gioia.

Mucchi di bugie, una dopo l'altra. Era molto piccola, è vero, ma Banita aveva avuto tante altre occasioni, in seguito, per dirle la verità. Era pur vero, pensò Rebecca con un improvviso senso di colpa, che lei stessa non aveva mai fatto domande in proposito. Non aveva mai chiesto cosa significasse quel piccolo simbolo che sia lei che sua madre avevano sul polso destro.

Una piccola voglia, di colore blu, a forma di stella. Aveva sempre pensato si trattasse di una semplice coincidenza.

Che stupida.

Adesso, più ci pensava, più si rendeva conto che avrebbe dovuto capire. La stella era assolutamente perfetta, quasi il disegno di un artista esperto e dalla mano ferma.

Non poteva essere una coincidenza. Doveva esserci qualcosa di più.

Eppure, Rebecca non avrebbe mai immaginato che nascondesse un potere magico. Forse anche perché sua madre non l'aveva mai usato.

Almeno, non davanti a lei.

Ripensò alle sue parole. "Questa stella nasconde un grande Potere, un Potere che solo io e te possediamo. È sufficiente toccarla, mentre pronuncerai il nome del posto in cui vorrai andare, e lei ti condurrà lì."

Rebecca aveva corrugato la fronte. "In che modo?"

"Io lo chiamo Spostarsi". – aveva risposto Banita.

"Spostarsi?"

"Una sorta di orbitazione. Potrai viaggiare da un posto all'altro nel giro di pochi secondi."

Adesso la rabbia, pian piano, cominciava a svanire e Rebecca avrebbe tanto voluto avere sua madre ancora con sé. Avevano ancora così tanto da condividere.

La vita era ingiusta. Si era già portata via suo padre quando era piccola. Non ricordava niente di lui. Quando guardava le sue foto, Rebecca aveva l'impressione di vedere un estraneo.

Perché le era stata tolta anche sua madre? E perché proprio in un momento cruciale della sua vita? Pensava alle altre Prescelte, che sarebbero state accompagnate ad Amtara dai loro genitori. Loro, almeno, avevano qualcuno a cui appoggiarsi, un sostegno, qualcuno che li amava. Per lei, tutto questo non c'era più.

Era sola. E aveva paura. Paura di non farcela, paura di fallire, paura di farsi male. E soprattutto, paura di deluderla, perché era certa che Banita, ovunque fosse, non l'avesse abbandonata. La sentiva, in ogni momento, costantemente. Una presenza silenziosa e invisibile, ma c'era. Ne era certa. E si aspettava grandi cose da lei.

La Stella di AmtaraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora