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Mi stavo passando un asciugamano tra i capelli ancora umidi dal bagno caldo che mi ero appena fatta, quando suonò il campanello. Io e Nada avevamo l'abitudine di finire i weekend peggiori, prima di una nuova settimana lavorativa, mangiando cibo spazzatura e bevendo pessimo vino in uno dei nostri appartamenti, con il sottofondo di una commedia romantica che spesso avevamo già visto innumerevoli volte. Quella sera era arrivata in ritardo a causa del fine settimana che avremmo potuto definire prolungato dagli eventi dei giorni precedenti, perciò la mia amica sarebbe arrivata non appena avesse staccato da lavoro. Quindi mi affrettai a rivestirmi ed andai ad aprirle, prima di sparire di nuovo in bagno per asciugarmi i capelli. Ormai non c'era nemmeno più bisogno di dirle di accomodarsi come fosse a casa sua, perché andavamo l'una a trovare l'altra sin da quando eravamo bambine e ancora vivevamo con i nostri genitori; credo che mia madre, infatti, considerasse Nada come una seconda figlia.

Io non ero abituata a ricevere ospiti, soprattutto per mancanza di spazio; non potevo certo permettermi di organizzare i grandi pranzi di famiglia o i compleanni nel mio minuscolo salotto privo di sala da pranzo. Quando accoglievo i miei genitori o i miei amici, nelle rare occasioni in cui non ci ritrovassimo a casa loro o al ristorante, ero costretta a smantellare il mio living per allestire un piccolo tavolo da campeggio troppo basso per gli sgabelli della cucina, o altrimenti ad apparecchiare la penisola. Qualunque soluzione trovassi, mancavano sempre e comunque dei posti a tavola, dato che vivevo da sola e non avevo abbastanza sedute, e spesso i miei ospiti dovevano portarsi delle sedie da casa, sperando non fossero troppo ingombranti. Per questo di solito non invitavo le persone da me. Ciononostante, alcuni erano ormai di casa, come Nada o i miei genitori, che passavano spesso, che fosse per un semplice saluto, per guardare una partita di baseball in TV insieme o per mangiare qualcosa nella mia piccola cucina. Un tempo lo era stato anche Nicholas.

Avevamo passato così tanto tempo insieme, in casa mia, che quando se n'era andato gran parte delle sue cose erano rimaste da me: i suoi vestiti, il suo spazzolino, alcuni suoi vecchi CD, dei film di Rocky, la sua tazza da caffè preferita. Avevo aspettato un paio di settimane, prima di mettere tutto in una scatola da trasloco, nella speranza che sarebbe tornato, che fosse per riprendersi le sue cose o per riprendersi me. Erano stati giorni interminabili, quelli dopo la nostra rottura, perché io avevo continuato ad aspettarlo come un'idiota; chiunque bussasse alla mia porta, o mi chiamasse e scrivesse al telefono, erano dei barlumi di gioia che Nick fosse tornato, ma non si era mai trattato di lui. Poi mi ero fatta forza e avevo raccolto le sue cose, le avevo messe vicino alla porta di casa, perché se mai fosse venuto, non sarebbe stato altro che per quelle. Erano rimaste lì per giorni, finché mia madre non mi aveva restituito le cose che io avevo lasciato a casa di Nicholas. Mi aveva detto che lui era stato a casa sua e gliele aveva date perché tornassero a me, e aveva aggiunto che io avrei potuto rispedirgli i suoi effetti per posta, o avrei anche potuto tenerli, se non avessi voluto scomodarmi. Il fatto che fosse andato da mia madre, invece che venire da me, mi aveva spezzato ancor più il cuore e mi aveva fatto capire che fosse indubbiamente finita. Non capivo perché d'un tratto mi avesse odiata tanto da non riuscire nemmeno a parlarmi di persona, o scrivermi almeno un messaggio. Ero tentata di andare a casa sua con la scusa di restituirgli le sue cose, ma non l'ho mai fatto, per rispetto della sua decisione di andarsene senza nemmeno discuterne. Gliele stavo per mandare per posta, come lui aveva suggerito a mia madre, quando mi era giunta notizia che si fosse trasferito a Washington, perciò le avevo sepolte in un angolo nascosto del mio appartamento, per un primo periodo, ma mi ero accorta che continuassero a rispuntare fuori e quindi avevo dato i suoi vestiti in beneficenza e avevo gettato il resto nella spazzatura.

Quando ebbi finito di asciugarmi i capelli, tornai dalla mia amica, che aveva già sistemato i contenitori di sushi sulla penisola della mia cucina e adesso stava frugando nel mio frigorifero alla ricerca del vino che avevo comprato quella mattina stessa. Nonostante la mia dispensa fosse praticamente vuota, fatta eccezione per gli alimenti della colazione, devo ammettere che fosse piuttosto disordinata. Purtroppo i miei turni di lavoro spesso non mi permettevano di tornare a casa per mangiare e comunque io ero una pessima cuoca, perciò spesso restavo al Bazaar a mangiare con Francis quando finivo di lavorare e la sera vivevo di consegna a domicilio dai miei ristoranti economici preferiti, di cui avevo la lista dei numeri di telefono appesa allo sportello del frigo.

𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑨𝑻𝑬𝑳𝑳𝑰𝑻𝑰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora