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DANIEL

17 maggio 2016

Suono il campanello dell'appartamento di Rose, sistemandomi la manica della maglietta per nascondere quanto più possibile la fasciatura alla spalla. Quando lei apre, però, se ne accorge subito, infatti il suo sguardo saetta sulla garza che mi avvolge il braccio ancora indolenzito dall'ago.

«Che diavolo ti è successo, adesso?» mi chiede preoccupata.

Non posso fare a meno di notare quanto sia adorabile, nel suo cardigan oversize fatto a maglia, nella mia t-shirt dei Coldplay e in un paio di pantaloni da pilates grigi. È già passato il primo pomeriggio, eppure lei sembra sempre come se si fosse appena svegliata. A volte mi chiedo se non sia davvero così.

«Non mi è successo niente» la rassicuro. «Allora, mi fai entrare o parliamo qua fuori?»

«Sarei tentata di parlare qui, in effetti» ironizza con un sorriso falso.

So di aver sbagliato. Fino all'altro ieri ce l'aveva con me, perché abbiamo discusso sul fatto che io non mi senta pronto, dopo una vita passata in un letto deserto, a svegliarmi al suo fianco. E poi ieri siamo finiti a letto insieme ed io me ne sono andato perché mi sono sentito in colpa per averlo permesso. Spero non abbia pensato che io cercassi di sistemare la situazione con il sesso.

«Non quando indossi quei pantaloni» mi oppongo, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal modo in cui le fasciano le gambe e poi, quando si volta per entrare con un sonoro sbuffo, le natiche.

«Cosa vuoi, Daniel?» Mi schiocca le dita davanti al volto perché distolga l'attenzione dal suo corpo. «I miei occhi sono quassù.»

«Temo di aver fatto una cazzata» ammetto.

«Non ho intenzione di riparlare di...»

«Non intendo quello, Rose» mormoro. «Intendo che ho fatto proprio una cazzata.»

Mi tolgo la fascia dalla spalla per mostrarle il tatuaggio che ho fatto fare poche ore fa: una carta da gioco con una rosa al suo interno. La mia rosa. Anche se non credo lo sia più, ormai.

«Cristo, Daniel» sussurra, senza riuscire a smettere di fissarla. «Che diavolo devo fare, con te?»

«Amami e basta, Rose» rispondo, scuotendo il capo.

Finalmente, lei alza quel suo sguardo turbolento su di me. E sento ogni tempesta inondarle il volto, per oscurare persino i miei occhi sereni. È devastante, distruttiva. E l'unica cosa che voglio fare è gettarmici dentro.

«Il fatto che io sia arrabbiata con te non significa che io non ti ami più, Daniel» mormora. «Lo sai, che ti amo, cretino.»

30 novembre 2016

Non dormo. Non dormo mai quando lei è al mio fianco. Da una parte, per il timore di vederla scomparire al mattino. Dall'altra, per non perdermi nemmeno un suo respiro, quando è raggomitolata sotto le coperte, prona e con le braccia attorno al cuscino. Traccio la vallata della sua colonna vertebrale, in mezzo alle scapole nude, con lo sguardo, poi risalgo sui suoi capelli bruni che le ricadono sul volto rilassato. È come un angelo caduto a cui sono state strappate le ali, con la pelle di porcellana e le labbra rosse schiuse in sospiri regolari.

Le sue ciglia hanno un fremito, quando le scosto i capelli dal viso e mi perdo ad accarezzarli in movimenti alienanti. Mi soffermo quindi a guardare il tatuaggio sulla sua spalla, all'altezza del mio: un ramo di spine. Come una rosa, come lei. Io ho il suo bocciolo tenero, lei le mie spine acuminate.

𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑨𝑻𝑬𝑳𝑳𝑰𝑻𝑰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora