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DEJA VU, Olivia Rodrigo

Quando quel venerdì sera i miei amici decisero di uscire ed io accettai, sapevo che ci sarebbe stato anche Daniel. Mi ero preparata all'idea di vederlo, che avrei ripensato per tutto il tempo a quella notte passata insieme e che avrei sofferto considerando che non avremmo potuto replicarla. Avevo persino immaginato che avrebbe voluto ulteriori chiarimenti, come suo solito, ed ero persino pronta a dargliene, ferma sulla mia decisione. Invece, niente di tutto ciò accadde. Perché Daniel si presentò al Trick Dog a braccetto con un'altra donna.

Mi soffermai a guardare i suoi capelli rosso fuoco che le ricadevano in fiammelle attorno al volto e sulle spalle, la sua pelle di porcellana ricoperta di spruzzi di lentiggini sul naso ed i suoi grandi occhi azzurri. Le sue labbra piene erano curvate in un lieve sorriso affabile, mentre varcava la soglia del locale ancheggiando nella sua gonna svasata verde menta, il suo fianco coperto dalla camicetta che premeva contro quello di Daniel. Non si poteva certo negare la sua bellezza.

Non appena Nada si accorse di lei, sentii il suo sguardo fissarsi sul retro della mia testa, come a valutare la mia reazione. Ma potevo davvero permettermi di averne una? Ero stata io, ad allontanare Daniel, perciò adesso ne pagavo le giuste conseguenze: era giusto, come punizione, che fossi costretta a guardarlo arrivare agli incontri di gruppo con altre donne, mentre forse, se solo non avessi avuto così tanta paura, avrei potuto esserci io, al suo fianco. O forse no, forse me ne sarei rimasta a fissarlo inebetita mentre faceva la sua entrata da re del mondo; perché in fondo, non avevamo mai nemmeno accennato a qualcosa di serio, nessuno dei due lo avrebbe nemmeno voluto, saremmo rimasti nell'ombra persino dei nostri amici. Allora perché non riuscivo a togliermi l'immagine di noi due che solcavamo quella soglia insieme dalla testa?

Tornai con lo sguardo sul mio analcolico, che avevo ordinato come gesto di solidarietà verso la mia amica incinta. Purtroppo, però, non potevo certo scappare da quella situazione; i due raggiunsero il tavolo e Daniel ci tenne a presentare la sua accompagnatrice come "un'amica", Briana. Ammonii con lo sguardo Julian, che probabilmente la stava già paragonando alla sua omonima pornoattrice.

Lei mi sorrise calorosamente. Sembrava dolce, mentre mi stringeva la mano. Non vedevo, perciò, il motivo per cui Nada e Zoey la stessero guardando in cagnesco. Non si dovrebbe mai giudicare una persona dalla prima impressione - non che Briana ne avesse fatto una cattiva, anzi.

«Quindi, come vi siete incontrati, tu e Daniel?» le chiese Benjamin, che per fortuna era sempre colui che cercava di stemperare la situazione.

«In un locale, tempo fa. Avremmo dovuto uscire, una volta, ma a lui sorse un impegno improvviso» spiegò lei con una voce piuttosto acuta. Finalmente avevo trovato qualcosa per cui valesse la pena odiarla.

Comunque, ricollegai presto ciò a cui si riferisse, e scattai a guardare Daniel, che mi stava già fissando di rimando con aria di rimprovero. Non ci fu bisogno che mi confermasse che la volta che avrebbe dovuto uscire con lei, in realtà era finito ad aiutare me alla nursery. Lei era l'appuntamento che Daniel aveva saltato per portarmi al Torpedo Wharf, quella per la quale mi aveva definito "più importante". Iniziai a pensare che lo avesse persino fatto di proposito, di ricontattarla e portarla con sé, quella sera, forse per darmi fastidio, rendermi gelosa, o forse, semplicemente, dimostrarmi che per lui non ero affatto importante.

«Volete scusarmi?» mormorai, mentre cercavo la mia borsa con le mani, tastando lo schienale della mia sedia. «Devo andare alla toilette.»

Rivolsi uno sguardo truce a Daniel, quando mi alzai. Ecco, adesso ero arrabbiata, e pensavo di averne il diritto. Perché era innegabile che lui potesse conquistare tutte le donne che desiderasse, eppure aveva scelto lei. Aveva appena rovinato il bellissimo ricordo che avevo di quella notte e di tutto ciò che portava con sé, dimostrandomi che non significasse assolutamente niente, per lui, perché era tornato dalla donna con cui avrebbe dovuto essere quella sera, se solo io non lo avessi chiamato. Ora che conoscevo il suo volto, mi sentivo persino in colpa, perché lei era bella come un raggio di sole, e cordiale, e dolce, ed io le avevo rovinato l'appuntamento. Per cosa, poi? Per vivere l'illusione di una serata memorabile? Per cacciarmi nei guai con il mio cuore?

𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑨𝑻𝑬𝑳𝑳𝑰𝑻𝑰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora