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Fu la prima volta che mi svegliai prima di Daniel. La prima cosa che vidi, quando aprii gli occhi, era la mia mano posata sul suo addome abbronzato e scolpito; poi, mentre ancora cercavo di mettere a fuoco la stanza che mi circondava, la tenda bianca del baldacchino, dalla quale filtravano i raggi solari che si abbattevano sull'isola di Anacapa. Il lenzuolo azzurro che mi copriva fin sopra il seno, il respiro calmo e placido di Daniel. Chiusi di nuovo gli occhi con un sospiro, stringendomi nelle spalle e seppellendo il volto nella pelle calda e setosa dell'uomo al mio fianco, i ricordi della notte precedente che mi infestavano la mente. Al solo pensiero, le mie gambe ebbero un fremito.

Quell'isola era davvero un paradiso, in tutti i sensi. Temevo il nostro ritorno a San Francisco, non avevo la più pallida idea della concezione che Daniel aveva riguardo al nostro rapporto. Io non ne avevo alcuna. La giornata precedente era stata a dir poco perfetta e si era conclusa nel migliore dei modi, ma... e adesso? Cos'avremmo fatto, ci saremmo comportati come se niente fosse accaduto? Avremmo continuato a coltivare quella... che diavolo avevamo, poi? Chi diavolo eravamo l'uno per l'altra? Se avessimo portato avanti quella cosa che c'era tra noi, prima o poi sarebbero arrivate le domande. Avremmo potuto comportarci come sempre, con i baci rubati, il sesso nei luoghi più sperduti della Terra, ma prima o poi ci sarebbe stato il bisogno di definire ciò che avevamo costruito e non avremmo saputo cosa rispondere. Avremmo dovuto far fronte ai nostri sentimenti, se ce ne fossero stati, e al nostro passato, perché iniziare qualcosa di nuovo insieme avrebbe decretato porre una fine a ciò che avevamo avuto con altre persone, e non so se ne fossimo pronti, né io, né tantomeno Daniel. Forse avremmo rovinato tutto. O forse si sarebbe concluso da solo quando lui sarebbe tornato alla sua vita a New York. Ma, sia che avessimo deciso di interrompere tutto una volta tornati a San Francisco, o una volta che Daniel fosse tornato a casa, come si può fingere che niente sia successo? Come si può accantonare tanto facilmente qualcosa che ti ha fatto stare dannatamente bene?

In quel momento, realizzai che io avevo paura di non riuscire a chiudere con lui. A non averlo più attorno, con gli aneddoti sulla sua infanzia, i flirt, gli appuntamenti improvvisi, i baci negli ascensori. Avevo paura di non riuscire a dire addio a Daniel, ma d'altronde, come avremmo potuto andare avanti all'infinito? Era una situazione senza prospettive.

Indossai gli slip ed estrassi un pacchetto di sigarette dalla mia borsa, quindi ne tenni una tra le labbra, aprii la finestra e feci scattare l'accendino tenendo la mano a coppa davanti alla punta di carta e tabacco. Quando ebbe innescato la scintilla e bruciato il rocchetto, mi chinai con i gomiti sul davanzale; mentre espiravo, mi passai una mano tra i capelli. Concentrarmi sulla respirazione e sul fumo che risaliva dalla sigaretta mi aiutò a far defluire qualche pensiero.

Infine, sentii le mani di Daniel posarsi sui miei fianchi, prima di avvolgermi la vita con le braccia e baciarmi una spalla. «Buongiorno» mormorò con voce roca.

«'Giorno.»

«Va tutto bene?»

Annuii, prima di fare un altro tiro.

«Ti sei pentita di stanotte?»

Aggrottai la fronte. Certo, ero indecisa sulla nostra situazione e su ciò che ci aspettava, una volta tornati a San Francisco, ma se c'era qualcosa su cui non avevo alcun dubbio, era che non mi pentivo affatto di ciò che era successo la notte passata. Scossi quindi il capo. «No. E tu?»

«No. Allora cosa ti turba?»

«Non ne voglio parlare, adesso.» Spensi la sigaretta sul davanzale della finestra, poi soffiai la cenere fuori, assieme al mozzicone, e mi voltai verso Daniel per prendergli il volto tra le mani, mentre le sue dita percorrevano la mia schiena nuda. «Non roviniamoci la giornata, va bene? Ne riparliamo quando saremo tornati a San Francisco.»

𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑨𝑻𝑬𝑳𝑳𝑰𝑻𝑰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora