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Erano quasi le dieci del mattino, quando il campanello del Bazaar tintinnò annunciando l'entrata di Daniel. Indossava una camicia bianca dalle maniche ripiegate sui gomiti a rivelare la peluria bionda delle braccia ed un paio di pantaloni eleganti di tweed, mentre in spalla portava una borsa in cuoio che, nell'insieme, gli donava un'aria accademica. Anche se lo conoscevo da troppo poco, stavo imparando già ad abituarmi al suo modo di vestirsi, nonostante fosse completamente opposto al mio. Immagino che l'ambiente che ci circondava ci avesse influenzato anche nell'abbigliamento, in quanto lui viveva in un ambiente sofisticato, fatto di uomini dai sorrisi affettati e che straparlavano di quotazioni e denaro, mentre io ero più da ragazza della porta accanto, quella da cui non ti aspetti molto; le maggiori chiacchiere sulla finanza che potessi aspirare ad ascoltare io erano quelle da bar provenienti dal ceto medio che non sapeva affatto di cosa stesse parlando, riportava semplicemente cose lette o sentite sul web o al telegiornale, senza analizzarle per non scendere in dettagli incomprensibili a chi di noi non fosse del mestiere. Nel mio lavoro vedevo dilagare l'ignoranza come la lava su Pompei, distruggendo gli ultimi neuroni sani dei miei poveri clienti. Gente che dava per scontato qualsiasi cosa gli venisse detta e la raccoglieva come oro colato, quando magari non era che ottone. Io preferivo non invischiarmi nelle cose che non capivo, e stabilivo di non riuscire a comprenderle soltanto dopo un'accurata ricerca di informazioni e riscontri per verificarne l'attendibilità. Ogni tanto mi lasciavo coinvolgere nei vaniloqui che sentivo nel servire ai tavoli, ma solo per poco, prima di rinunciare a tentare di spiegare a chi non volesse ascoltare. Perché spesso, più impreparati si è, più si resta fermi sulla propria posizione. Non si accettano versioni alternative semplicemente perché comporterebbero degli approfondimenti dell'argomento che le persone superficiali non hanno gusto nel ricercare. È più facile parlare a vanvera che sforzarsi di andare in fondo all'argomento.

«Ciao» mi salutò Daniel, i gomiti poggiati sul bancone.

«Bentornato al Bazaar» risposi con finto tono formale, accompagnato da un sorriso. «Cosa ti porto?»

«Solo un caffè, grazie.»

«Inizio a chiedermi se tu non sia davvero uno stalker» ammisi mentre mettevo il caffè nel braccio portafiltro della macchinetta. «Insomma, continui a venire nel bar dove lavoro per ordinare soltanto un caffè o una birra, devi ammettere che è sospetto.»

«Beccato» scherzò. «Hai un tavolo libero dove posso lavorare? E magari anche la password del Wi-Fi?»

Mi voltai per indicargli una postazione libera in fondo al locale, che fortunatamente si stava svuotando lentamente. «Se quegli uomini parlano a voce troppo alta dimmelo e ti disturbano, ti sistemo ad un altro tavolo.» Gli porsi un biglietto con la password per la connessione alla rete e aggiunsi: «Sono clienti abituali, perciò ti assicuro che sono dei grandi oratori e avvocati delle cause perse.»

«Un avvocato deve anche saper parlare, immagino.»

«Oh ma non sono veri avvocati, io stavo scherzando! Capirai presto cosa intendo, fidati.»

Fissò un istante il biglietto che gli avevo dato e aggrottò la fronte. «Qui manca qualcosa.»

«Cosa?»

«Il tuo numero.»

Sollevai lo sguardo al cielo, mentre se la rideva e si dirigeva al tavolo che gli avevo indicato. Non sapevo perché fossi così loquace con lui, nonostante tutto ciò che mi aveva detto nei giorni precedenti. Forse era solo la mia natura, non riuscivo a restare distaccata con le persone, preferivo non prendermi troppo sul serio, non ero io e mi metteva a disagio. Odiavo persino che mi si desse del lei, ero troppo giovane per certi formalismi. Certo era, però, che, come avevo già capito, Daniel ci metteva proprio del suo. Il suo linguaggio del corpo, il suo sorriso serafico, i suoi occhi maliziosi, c'era qualcosa in lui che mi impediva di stargli lontano come avrebbe suggerito il mio lato razionale. Chiunque si fosse sentito dire ciò che lui aveva detto a me adesso non avrebbe conversato con lui tanto tranquillamente, eppure io, invece di chiudermi a riccio come sarebbe stato logico, da parte mia, mi stavo aprendo sempre di più ed era un lato del mio carattere che odiavo, odiavo essere tanto amichevole anche con chi non se lo meritava e odiavo essere tanto influenzabile. Mi lasciavo prendere la mano dalla situazione attuale e dimenticavo che invece avrei dovuto essere arrabbiata con il mio interlocutore.

𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑨𝑻𝑬𝑳𝑳𝑰𝑻𝑰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora