«Ciao, Judy» sussurrai quella sera, per non svegliare i bambini della nursery dello UCSF Obstetrics & Ginecology. L'infermiera era vestita con un abito elegante verde bottiglia che le fasciava perfettamente le curve pronunciate e si intonava bene con il color cacao della sua pelle; i capelli frisé erano raccolti in una treccia e sul volto aveva un accenno di trucco che di solito non portava.
«Hey, Abby» rispose con lo stesso tono, prima di rifilarmi tra le braccia Veronica, che piangeva come una dannata, contro la mia volontà.
«Cosa...? Judy!» esclamai sottovoce, tentando di restituirle la bambina.
«Senti, devi aiutarmi, okay? Il mio turno sarebbe finito da un pezzo, ma Alice non si è ancora vista, la bambina non smette di piangere ed un uomo mi sta aspettando da un'ora e mezza per uscire.»
«Chi diavolo uscirebbe per un appuntamento a quest'ora? Sono le undici passate, per la miseria!»
«Le undici? Dovevamo uscire alle nove, il mio turno finiva alle nove!»
«Hai provato a chiamare Alice?» le chiesi, dondolando la bambina tra le mie braccia nella speranza che smettesse di piangere.
«Almeno un milione di volte, ma non mi ha mai risposto.»
«Non c'è nessun altro che può sostituirti?»
«Vanessa ha il turno di mezzanotte.»
«Non puoi lasciarmi qui con i bambini per mezz'ora! E se succedesse qualcosa? Se si sentissero male? Io che devo fare?»
«Non succederà niente, Abby.»
«Ma se succede, io che faccio? Non sono un'infermiera, Judy, e non me ne intendo, di bambini, andiamo! Non puoi seriamente affidarli a me.»
«Se dovesse succedere qualcosa, chiama il guardiano di notte, ci penserà lui a chiamare il medico.»
«E se fosse grave?»
«Si tratta soltanto di mezz'ora, Abigail, cosa vuoi che succeda? Ti prego, ti sarò debitrice.»
«Non me ne faccio di niente, del tuo debito, Judy, se io vado in prigione per aver preso il posto di un'infermiera quando un bambino si è sentito male.»
«Non andrai in prigione, te lo prometto, e nessun bambino si sentirà male. Devi solo pensare a mettere questa peste a letto e lasciare l'ospedale nelle mani di Vanessa tra mezz'ora, nient'altro. Puoi farcela, Abigail.»
Non ebbi nemmeno il tempo di ribattere un'ultima volta, che Judy se ne stava correndo via verso l'uscita. Era folle, non potevo restare da sola con i bambini della nursery, non ero un'infermiera e non avevo mai avuto a che fare con dei neonati, non sapevo che fare, a partire da come far dormire Veronica, che non sembrava intenzionata a smettere di piangere.
«Che diavolo faccio, adesso?» sussurrai a nessuno in particolare, dato che c'ero solo io. Provai a chiamare ognuno dei miei amici, ma Nada e Benjamin avevano il cellulare staccato, Julian era ubriaco - condizione che non mi sembrava idonea per portarlo in mezzo a dei bambini - e Zoey era a lavoro. Tentai persino di chiamare i miei genitori, ma dovevano star dormendo, perché i loro telefoni squillavano a vuoto. Alla fine, decisi di chiamare l'unica persona che mi era rimasta, nonostante mi costasse molto.
«Pronto?» rispose Daniel al primo squillo ed io ringraziai il Cielo con gli occhi al soffitto.
«Ciao,» dissi sollevata, «ciao, sono Abigail. Ti prego, dimmi che non ti disturbo.»
«Affatto, perché?»
«Ho un disperato bisogno del tuo aiuto, non so a chi altro rivolgermi...»
«Abby, sta' tranquilla e dimmi dove sei, che arrivo subito.»
STAI LEGGENDO
𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑨𝑻𝑬𝑳𝑳𝑰𝑻𝑰
Romance"Eravamo due nane bianche morte, spoglie di tutto, della speranza, dell'amore, della felicità, per restare un nucleo nudo della stessa sostanza con la quale nasciamo: le lacrime. Ma per qualche strana reazione chimica, quando collidevamo non esplode...