☾ 5 - Ceneri del passato ☽

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Elysia continuava a chiamarla. Il canto delle onde del mare e della brezza che soffiava tra le colline e i giardini era flebile, come un sussurro, ma Kader si disse che non poteva restare solo un ricordo. La sua città esisteva ancora, lì fuori, dove era sempre stata. Le città non scompaiono nottetempo. Se lo disse e ripeté mentre, seduta a gambe incrociate sul letto nella stanza degli ospiti di villa Krävinge, lanciava sguardi sofferenti fuori dalla finestra.

Era calata la sera ormai, ma il passare delle ore non l'aveva aiutata a sentirsi meglio. Quando il cavaliere le aveva dato la terribile notizia, lei aveva chiesto in tutta calma di essere riaccompagnata alla residenza nobiliare. Senza spiccicare parola se non un saluto appena bisbigliato quando si era separata da lui, si era chiusa nelle proprie stanze e non ne era più uscita. Aveva pianto tutto il pomeriggio, soffocando i singhiozzi e asciugando le lacrime sul primo, sventurato cuscino di piume d'oca che le capitò fra le mani.

Il soldato bianco e la governatrice bussarono alla sua porta, nell'arco della giornata, ma lei chiese di rimanere sola e non aprì a nessuno. La donna che l'aveva colpita non si presentò, e a lei non importava. Aveva già capito di che tipo di persona si trattasse e non le importavano le scuse di qualcuno che non si sentiva realmente in colpa.

Probabilmente a un tratto la sua riserva di lacrime si era prosciugata, perché da un'ora almeno non stava facendo che osservare il vetro oltre le tende, le chiome degli alberi e i tetti delle case molto più avanti, con le guance che le prudevano e le ciglia pesanti. I singhiozzi si erano calmati insieme ai fremiti, fino a sparire. Aveva avuto tanto tempo, lì da sola, per pensare.

All'inizio si era detta che insistere e fare i capricci non sarebbe servito a nulla. Non dubitava della tragedia capitata a Elysia, ma non credeva comunque che fosse tutto andato distrutto. Qualcosa doveva pur essersi salvato. Qualcuno... magari suo padre, o Fidel, o entrambi. Se fossero stati lì fuori, in condizioni gravi e in attesa di cure mediche? La sua intenzione, quando ci aveva rimuginato su per i primi minuti, era stata quella di chiedere alla Resistenza di mandare una squadra di salvataggio o qualcosa di genere al borgo, per occuparsi dei bisognosi. Una speranza vana, però, perché aveva sentito la soldatessa lamentarsi della corsa contro il tempo che stavano affrontando. Non avrebbero sprecato il poco vantaggio che avevano per lei, o almeno così pensava.

Poi, le era balenata in mente un'idea. Ci stava riflettendo da parecchio, e la considerava l'unico modo di accertarsi che i suoi dubbi fossero corretti. Aveva quasi finito, ormai... era questione di minuti.

Qualcuno bussò alla porta e per poco lei non cadde dal letto.

«Chi è?» La sua voce si levò indecisa, ma cercò di modularla per nascondere i brividi che ancora la facevano vibrare.

«Sono io, Kader.» Il cavaliere che le aveva dato la notizia.

Kader ebbe due pensieri: in primo luogo, non aveva ancora idea di quale fosse il nome del ragazzo, che non si era disturbato a presentarsi. Inoltre, non poteva aprire adesso la porta della camera. La stanza era parecchio in disordine, le coperte del letto sparse ovunque, i cuscini bagnati e gli sportelli dello scrittoio e della toeletta ancora spalancati. Ci aveva messo le mani poco prima, alla ricerca di utensili utili al suo piano che però non aveva trovato.

«Stanno servendo la cena, al piano di sotto. Mi chiedevo se volessi compagnia per raggiungere la sala da pranzo.» esclamò di nuovo la voce oltre la porta. Chiaro che quello fosse un pretesto. Il giovane uomo voleva solamente controllare le sue condizioni e permetterle di svagarsi, magari con una chiacchierata.

Kader si guardò attorno e impallidì. Mimò un colpo di tosse e, subito dopo, un singulto.

«Io... non ho molta fame, stasera. Ti ringrazio comunque.» Ed era vero.

KADER - Erede della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora