Per quella che fu probabilmente l'undicesima volta quel giorno, Ralf gettò le carte scoperte sul tavolo verde con un grugnito. Si grattò la testa e iniziò a borbottare sottovoce, mentre un cameriere smilzo e spaurito si avvicinava per offrirgli da bere.
«Dà qua!» gli gridò contro lui, strappandogli di mano la bottiglia per poi tracannare un lungo sorso direttamente da essa. La luce calda dei lampadari illuminava debolmente l'etichetta, che riportava il nome del liquore venturiano: lo Smielato si chiamava così perché, oltre ad essere dolce, era anche abbastanza forte da farti girare la testa in cinque minuti e farti fuggire di bocca segreti e moine. Il fatto che Ralf lo stesse trangugiando senza esitare dimostrava quanto fosse arrabbiato.
La ragazza accanto a lui aveva la metà degli anni e dei muscoli, ma uno sguardo che sprizzava lingue di fuoco. Gettò una manciata di monete al centro del tavolo e batté il pugno sul legno con determinazione, le labbra storte in una smorfia sicurissima.
Erano in tre, attorno al tavolo. Il terzo era un ragazzo sulla ventina, i capelli del colore della notte, gli occhi cupi che non riflettevano il sogghigno furbo tinto in volto.
«Ne sei davvero sicura, Ghelda?» provocò fingendo di allungare il collo per spiare le carte che la donna aveva in mano.
Lei le appoggiò contro il petto per nasconderle, sull'uniforme grigio fumo. «Questa volta sì. Piantala di parlare e mostra le tue carte.» sibilò frettolosa, dando uno scossone alla coda di cavallo ramata dietro la nuca.
Il ragazzo replicò con una scrollata di spalle. Con nonchalance, distese la mano in un gesto fluido e lasciò volare le sue carte dritte sul tavolo. Sia Ralf che Ghelda quasi si tuffarono in avanti, per osservarle.
La femmina rabbrividì e lanciò un urletto affranto. «Non è possibile!»
Una delle carte era un asso, il che significava che era la carta che valeva più punti fra tutte, a quel gioco. E anche che il giovane davanti a lei le aveva appena soffiato la vittoria.
Con calma - e un'evidente soddisfazione che non riuscì a nascondere - lui si piegò per circondare con le braccia le monete e tirarle a sé. Ne prese una d'oro tra indice e pollice, coperti dai guanti neri, e la lanciò in aria per poi riprenderla al volo.
«Che posso farci? La fortuna adora baciarmi.» sospirò pigro, rimettendosi comodo.
Forse non solo la fortuna mirava a baciarlo: aveva visto come la giovane cameriera che serviva ai tavoli lo stava tenendo d'occhio da quando avevano iniziato a giocare a carte. A volte gli ronzava attorno, gli aveva già chiesto se voleva bere qualcosa e sembrava delusa dal suo rifiuto. Anche questa volta, quando le mise gli occhi addosso, notò che lei lo stava già guardando, e chissà da quanto. Le schioccò un occhiolino fugace e lei si girò dall'altro lato, rossa dalla testa alla punta delle orecchie.
Nemmeno il bardo che strimpellava una canzone in fondo alla stanza riuscì a coprire con il suo liuto le lamentele di Ghelda e Ralf.
«Non è possibile! Non hai fatto che vincere da quando abbiamo iniziato a giocare!» lo accusarono.
Lui si puntò un palmo contro il petto, con l'espressione più innocente al mondo. «Avete tenuto voi in mano il mazzo e dato le carte. Che colpa ne ho io, se sono favorito dalla sorte?»
«Che Fenix possa bruciarti. Altro che sorte!» sputò nervoso Ralf, spingendo via il mazzo e alzandosi in piedi. «Tu stai barando, Munin! Credi di poterci fregare come due bambinetti?»
Il ragazzo alzò gli occhi grigio-blu al cielo. Bastava la sua emicrania a farlo stare male, e tutto quel chiasso non la alleggeriva. Avrebbe tanto voluto rispondergli con un ghigno e un "sì", ma sapeva che poi sarebbe scoppiata una rissa e al momento non aveva voglia di fare a pugni con due testoni come loro. La verità è che li aveva già fregati in passato, ma loro continuavano ad accettare i suoi inviti al tavolo come falene che si lanciavano dritte contro una fiamma. Ormai Munin lo considerava un hobby. Trovava semplicemente strano il fatto che quel giorno fossero stati loro due a sfidarlo.
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KADER - Erede della Luna
FantasyUn tempo serenamente governato dalla dinastia Moongem, il trono di Domiin fu usurpato dal leader dei Cavalieri di Cenere, che sterminò la famiglia regnante e si incoronò imperatore. Il culto della Dea Ephela, protettrice dei Moongem, fu bandito e so...