PARTE 2
[ DI CARNE E SANGUE ]
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CAPITOLO 1
Due ragazzini giocavano allegramente in un angolo del campo deserto, dopo la fine degli addestramenti. Avevano delle spade smussate in mano, arrugginite e pesanti, e le ginocchia sbucciate e sporche di fango. Non c'era più nessuno lì, oltre loro. Tutti i ragazzi avevano riposto le armature da allenamento nella caserma e avevano fatto ritorno a casa per cenare con i loro genitori. Loro, però, non avevano la minima intenzione di andar via.
A undici anni, comprendere cosa sia una guerra non è del tutto possibile, se ci si limita a viverla da un punto lontano e sicuro, attraverso una semplice cortina di notizie e racconti. Quello, per loro, era solo un gioco. E lui avrebbe ceduto tutto l'oro del mondo per continuare a fingere immense battaglie con quello che era il suo migliore amico, colui con il quale era cresciuto e si era addestrato.
Il ragazzo che parò il suo ennesimo attacco, di anni ne aveva già compiuti dodici. La cosa divertente era la sua statura più bassa e il suo viso morbido, che lo facevano comunque sembrare più piccolo di lui. Uno dei motivi per i quali si divertiva a prenderlo in giro. Di solito era così che andava a finire: si spintonavano per scherzo, rotolavano sull'erba, e correvano in giro per il campo raccontandosi di quello che avrebbero fatto in futuro, quando sarebbero diventati entrambi dei soldati professionisti. Non sapevano che questo li avrebbe resi anche, e inevitabilmente, delle macchine da guerra.
Fu proprio il più grande a tentare un altro colpo, un affondo che però aveva dell'acerbo. Schivarlo fu piuttosto facile, dopodiché l'altro ragazzo gli afferrò un polso e lo tirò a sé. Con un calcio lo fece cadere a terra, con una leggera pressione lo disarmò. E i suoi energici occhi verdi lo guardarono stupiti e stanchi, contornati da tutte quelle lentiggini castane.
«Ora capisco perché l'istruttore dice sempre che sei il migliore della leva.» sbuffò, accettando la mano che si protese verso di lui e che lo aiutò a rialzarsi. «Questo però non significa che devi sempre strafare!»
«Non lo stavo facendo.» rispose lui, «Sei tu che hai commesso un errore.»
«Come sei serio.» Il ragazzo gli poggiò una mano sulla spalla e si fece una rapida risata. Il suo amico lo guardò incantato per qualche secondo, prima di distogliere lo sguardo. La vista del sole che risplendeva tra i suoi riccioli ramati gli faceva uno strano effetto, ma quel sorriso riusciva sempre a metterlo in totale soggezione.
«Un giorno diventerai un ottimo Cavaliere di Cenere. Il tuo nome è già famoso nel continente...» gli parlò il ragazzino, interrompendo il contatto, «... Corvo.»
La vista del più giovane si sfumò all'improvviso. Il suo amico sembrò allontanarsi gradualmente.
Ma lo diverremo entrambi, insieme, non è vero?
Quella domanda aleggiò nel nulla mentre gli occhi verdastri del compagno di addestramento guizzavano alle sue spalle. Si tinsero della sfumatura tipica della preoccupazione.
«Oh...» Di nuovo, si allontanò. Lui allungò la mano in sua direzione per chiamarlo, ma la sua voce non si concretizzò mai.
«Eccoti. Ti avevo detto di tornare immediatamente a casa per continuare le tue lezioni sul controllo del Dono. Che ci fai qui? Sei in tremendo ritardo.» La voce di una terza persona riecheggiò per un numero infinito di volte tutt'attorno a lui, ma sapeva che proveniva da una direzione specifica. Quindi si girò di spalle.
Suo padre era lì. Non era mai cambiato, da quanto ricordava. Quel volto austero, i capelli neri e lucidi come quelli del figlio, gli occhi di ghiaccio duro. Questi ultimi erano ancora più freddi, ora che stava per ricevere una punizione.
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KADER - Erede della Luna
FantasyUn tempo serenamente governato dalla dinastia Moongem, il trono di Domiin fu usurpato dal leader dei Cavalieri di Cenere, che sterminò la famiglia regnante e si incoronò imperatore. Il culto della Dea Ephela, protettrice dei Moongem, fu bandito e so...