Capitolo 3

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Amava lavorare nel pub di Zelma. Poteva essere sé stessa perché ai clienti non importava se ogni tanto le sue mani tremavano, mandando qualche goccia del drink fuori dal bicchiere, e non l'avevano mandata via quando i rumori forti o i tocchi inaspettati la facevano sussultare, irrigidire e volteggiare come un animale spaventato, in cerca della sua bacchetta prima che si rendesse conto di non averla con sé. A volte i suoi nervi erano sul punto di esplodere per il dolore lancinante procurato dai rimasugli della maledizione cruciatus e sentiva la necessità di rannicchiarsi in un angolo, provando a leggere per allontanarsi dai flashback che le ricordavano tutta quella sofferenza, cercando di domare uno degli attacchi di panico che sapeva l'avrebbero raggiunta ma fallendo miseramente. Tutti ormai sapevano di non doversi avvicinar per aiutare durante una delle sue crisi, che voleva affrontarlo da sola. Alla fine si sarebbe rialzata, facendo finta di niente, e dopo aver rassicurato con un sorriso teso Zelma, avrebbe ripreso il suo posto dietro al bancone perché sapeva che doveva lavorare da qualche parte, riempire il suo tempo, mentre guariva abbastanza da capire cosa voleva fare del resto della sua vita.

Le persone non erano stupide, sapevano che Hermione, o Isabel, come tutti avevano imparato a conoscerla, era una ragazza che aveva affrontato parecchie cose. Sapevano che qualcosa non andava, e il suo sorriso fragile e i cambi di argomento di certo non aiutavano a smentire quello che gli altri pensavano di lei. Ma era grata che le avessero dato spazio come nessuno aveva mai fatto prima d'ora. Fu durante questa riflessione che il campanello sopra la porta tintinnò, annunciando l'arrivo di nuovi clienti. Quando Hermione sollevò lo sguardo, rimase bloccata sul posto. Lì, a qualche metro da lei, si trovava Charlie Weasley. Notò che si avvicinava sempre di più al bancone, ridendo, mentre i suoi lunghi capelli rossi erano sciolti dalla coda di cavallo che era solito portare, l'orecchino a forma di zanna di drago che oscillava dall'orecchio destro dandogli un aspetto libero e selvaggio. Indossava la tenuta da dominatore attraverso la quale poteva intravedere alcune delle cicatrici e dei tatuaggi che gli ricoprivano le braccia. I suoi amici e colleghi erano vestiti più o meno allo stesso modo ed erano ugualmente sfregiati e tatuati, ma c'era qualcosa in Charlie che attirava la sua attenzione.

Cercò di farsi coraggio, ignorando la paura crescente di venire scoperta, e fece finta di non averlo notato mentre con i suoi compagni occupavano gli sgabelli davanti al bancone.

<< Dov'è Zelma? >> domandò Charlie, guardandosi intorno.

<< Sono qui giù. >> urlò la donna, dalla sedia posta all'angolo del bancone.

<< Che ci fai lì? Ti hanno messa in punizione? >> la schernì Charlie.

<< La carissima Isabel ha deciso che oggi dovevo riposarmi. >> spiegò la donna. << Ma sono comunque quaggiù, in caso dovesse servire una mano. >>

<< Isabel? >> chiese confuso Charlie.

<< Ti ho già spiegato che se ti alzi da quella sedia ti ci incollo sopra. >> disse Hermione, ignorando intenzionalmente il rosso.

<< Con quale bacchetta? >> le sorrise Zelma, credendo di averla vinta.

<< Chi ha detto che avrei utilizzato la magia? >> le sorrise Hermione, maliziosamente, mostrandole un tubo di colla.

<< Bene Isabel, mi piace il tuo modo di adattarti ma in questo momento io ed i miei colleghi avremmo bisogno di bere. >> disse Charlie, divertito.

Hermione annuì, evitando di rivolgergli la parola a o anche solo di guardarlo in viso. Prese un paio di bicchieri e li riempì di firewhisky, porgendoglieli.

<< Quel dannato Ironbelly mi sta facendo uscire pazzo. >> si lamentò il domatore dai capelli biondi. << Per poco oggi non mi ha staccato un braccio. >>

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