Quei baci avevano cambiato tutto, non dico che avessero complicato le cose, ma sicuramente ci avevano messo di fronte alla realtà. Una realtà che per me era stata evidente fin da subito, ma che fingevo di non vedere per non mettere in difficoltà Louis: era chiaro come il sole che eravamo innamorati l’uno dell’altra, ma lui aveva una relazione con un’altra ragazza. Baciarci in maniera appassionata e dichiararci in quel modo avevano trasformato il nostro rapporto in una patata bollente: in quel momento si trovava nelle mani di Louis e avrebbe fatto meglio a liberarsene in fretta prima di farsi troppo male.
Mia zia se la prese per “l’indecoroso spettacolo” che Tommo ed io avevamo offerto, “baciandoci lascivamente” di fronte agli ospiti dell’albergo. Mio fratello Jean e mio padre, invece, mi fecero una filippica senza fine perché secondo loro avevo rovinato il mio rapporto di amicizia con quel ragazzo. Erano convinti che lui volesse solo prendermi in giro, che mi stessi solo nutrendo di false speranze e che ben presto sarei precipitata malamente al suolo, coinvolgendo anche Luc nella mia caduta.
Ancora una volta mi chiesi con quale presunzione credevano tutti di sapere cosa accadesse tra Louis e me e cosa provassimo, quando noi per primi non avremmo neanche saputo dirlo?
Come sempre l’unica della famiglia che mi dimostrò complicità fu Léonie che volle sapere per filo e per segno come fosse stato baciare finalmente Tommo. Non fu facile spiegarglielo, dirle che le gambe mi tremavano, che ogni suo respiro contro le mie labbra mi faceva venire la pelle d’oca e che nel momento in cui la mia bocca aveva incontrato la sua non avrei saputo dire dove mi trovavo, né chi ero, né chi ero stata fino ad allora e neanche cosa avesse voluto dire baciare qualcuno prima di allora.
Quando rividi Louis il giorno successivo, aveva l’aria di uno che non era riuscito a riposare affatto, probabilmente aveva trascorso la notte chiedendosi se non avesse rovinato tutto e se ne stava di fronte a me, con le mani sprofondate nelle tasche, senza avere nemmeno il coraggio di salutarmi col solito bacio sulla guancia.
Gli chiesi se fosse nervoso e mi disse di sì, così, per toglierlo dall’imbarazzo, gli confessai che mi sentivo alle stelle come una diciassettenne al solo pensiero di baciarlo di nuovo. Come risposta avvicinò il suo viso al mio e non mi diede un bacio impetuoso e avido di sesso come credevo, bensì uno incredibilmente dolce. Sentivo la sua lingua morbida muoversi nella mia bocca, mentre la mia contava i suoi denti perfetti. Le mie mani gli scivolarono sul petto in una lunga carezza che gli provocò un brivido, mentre le sue risalivano l’interno della mia maglietta. Mi accarezzava senza lussuria, come se stesse semplicemente cercando di conoscere il mio corpo, ma al contempo si appoggiava a me con forza, spingendomi come se cercasse di condurmi verso un letto invisibile.
Alla fine riuscì a schiacciarmi contro un muro del Pilot, strusciandosi contro di me come un forsennato, senza smettere di baciarmi e sussurrare parole senza senso.
-Maaaammmaaaaa! Zio Tommo? Dove siete?
La voce di Luc sembrava arrivare da molto lontano e fece scoppiare la bolla in cui eravamo racchiusi Louis ed io, facendoci tornare brutalmente alla realtà.
-Eccovi qua!- esclamò felice spuntando da un angolo dell’edificio- perché siete tutti rossi?
-Abbiamo fatto una corsa- spiegai prontamente, mentre Louis cercava invano di venire a capo del problema dentro i suoi pantaloni.
-L’insegnante di scienze ha detto che dobbiamo fare un erbivoro e mi dovete aiutare.
Scoppiai a ridere.
-Vieni, prendiamo un libro, dei fogli di carta assorbente e andiamo sul Thames Path a cercare le piantine e i fiori per il tuo er-ba-rio.
Ci avviammo per il sentiero camminando lentamente, con Luc che ci precedeva correndo e che ogni tanto si fermava a strappare qualcosa dal terreno, tornando verso di noi per consegnarcelo. Louis mi teneva la mano.
-Se ci vede qualcuno?- obiettai.
-Non mi importa- disse, stringendomela più forte.
Mi chiesi cosa potesse aver pensato quella notte, a quali conclusioni potesse essere arrivato. Lo amavo troppo per porlo di fronte ad una decisione definitiva: o me o lei, ma forse la mia era solo una paura irrazionale di non essere scelta, perché se era vero che tra noi c’era molta alchimia era altrettanto vero che tra di loro c’era una relazione. E così mi accontentavo di averlo a metà, lasciando che fosse Louis a decidere della propria vita sentimentale, seguendo i tempi che preferiva, era un atteggiamento vigliacco che però, mi faceva vivere bene.
Ci sedemmo sull’erba, Luc si mise d’impegno a mettere nel libro tutto quello che aveva raccolto ed era così concentrato che ben presto si dimenticò di noi. Ne approfittai per appoggiare la testa contro il braccio di Louis che reagì prontamente abbracciandomi e baciandomi affettuosamente sulla testa.
-Come fai a portare le Vans senza calzini?- gli chiesi, mostrandogli con disappunto la piccola spellatura che avevo nel piede- Io ho dovuto mettere un cerotto.
-Povera principessina delicata- mi disse, prima di distendermi nuovamente sull’erba e ricominciare a baciarmi con passione. Mi portò subito in un altro mondo fatto di sensazioni mai sperimentate: la bocca di Louis mi sfiorava le guance, la fronte e il collo come se fosse fatta di braci ardenti. Quando finalmente si fermò sulle mie labbra e le nostre lingue si toccarono, cominciai a sentire il desiderio crescere sempre di più, il mio corpo si irrigidiva alle sue carezze e sentivo i capezzoli premere forte contro la stoffa della mia maglietta. Feci scivolare le mani lungo la sua schiena, dal basso verso l’alto, gli accarezzai il collo e le ciocche sudate dei suoi capelli, ormai troppo lunghi, mi rimasero impigliate tra le dita.
Eravamo così presi l’uno dall’altra, da dimenticare che non eravamo soli.
-State facendo la lotta?- chiese Luc aggrottando un solo sopracciglio come faceva quando era perplesso.
-Sì- mentì Louis, rialzandosi di colpo, senza smettere di ansimare.
Mio figlio mise i pugni contro i fianchi e lo rimproverò.
-Il nonno dice che le donne non vanno toccate nemmeno con un fiore.
-Tuo nonno ha ragione e se seguirai i suoi consigli, diventerai un perfetto gentiluomo e farai innamorare tutte le ragazze di te.
-Io non voglio essere una mummia come il nonno, voglio essere un supereroe come Green Lantern e fare sorridere e innamorare la mia mamma come fai tu.
-Io sono già pazza di te, mon petit choux- lo rassicurai tendendogli le braccia, lui mi strizzò l’occhio e disse:
-Lo so, anche io ti voglio bene, però la zia ha detto che non ti posso sposare, allora voglio che lo faccia lo zio Tommo.
Poi rimase a fissarci, con aria speranzosa, come se si aspettasse che ci scambiassimo un altro bacio, ma noi eravamo così stupiti da essere persino incapaci di rispondergli.
-Potete pensarci, mentre io finisco il mio erbivoro.
E corse via, sedendosi sotto un albero poco distante, col suo erbario in mano.
-Scusami Louis, non voglio che tu creda che sono io che gli metto strane idee in testa.
-Non devi scusarti, penso che i suoi occhi di bambino riescano a vedere molto più lontano dei nostri.
In quel momento mi fu chiaro il motivo per cui Harry fosse l’unico a fare il tifo per noi, perché era riuscito in un modo o nell’altro a non perdere la sua visione innocente del mondo. E anch’io, adesso che avevo recuperato il mio spirito di bimba, guardando Louis e me, vedevo una coppia innamorata. Ma lui, che diceva di essere tanto spensierato, cosa provava davvero? Ogni volta che fissava quei bellissimi occhi su di me, cosa pensava?
-E tu, cosa vedi?- gli chiesi a bruciapelo.
-Una gran confusione- tacque e abbassò la testa evitando il mio sguardo- Domani Zayn volerà a Parigi per raggiungere Perrie e le Little Mix. Io andrò con lui, così sarò già là prima del nostro concerto. Sta per iniziare la serie di tappe europee, non potremo più incontrarci per molto tempo.
-Lo so- dissi, lasciando che fosse la sua maglietta ad assorbire le lacrime che inevitabilmente non riuscii a contenere al pensiero di non vederlo per molte settimane.
-Non piangere Chérie, tieni, asciugati le lacrime con questo.
Allungai la mano per prendere quello che credevo un fazzoletto e rimasi a bocca aperta non appena capii che era un biglietto aereo per Parigi, con partenza la mattina successiva.
-Tommo…
-Ho bisogno di capire bene cosa fare di noi, ma devo farlo in un posto diverso, sconosciuto, senza legami o ricordi. Una città in cui possiamo essere semplicemente Elise e Louis, senza ruoli o etichette. Lontano da tuo figlio, che mi confonde le idee e forse mi fa vedere un futuro che non abbiamo. Devo fare chiarezza sul nostro rapporto e devo farlo lontano da qui.
-Capisco.
Il suo ragionamento era sensato e, per quello che mi riguardava, mi stavo giocando tutto con quel foglietto di carta.
-Ci vediamo domani in aeroporto. Se non verrai capirò.
Luc si alzò e venne verso di noi con un fiorellino in mano.
-Guarda mamma, questo è bello come te.
Louis glielo sfilò di mano e me lo avvicinò al viso.
-No, tua mamma è molto più bella. Dentro di sé ha dei colori che nessun fiore potrà mai avere.
Mio figlio non colse tutto il senso del discorso, gli bastò sentirsi dire che anche Louis era d’accordo con lui e ci salì in grembo, mettendoci le braccia al collo e straziandoci il cuore dicendo che era il bambino più felice e fortunato del mondo.
Tornammo al Pilot, salutai Louis, poi detti il cambio alla reception a Léonie che a sua volta, si occupò di Luc. Non c’era molto lavoro e trascorsi gran parte del tempo rigirando tra le mani il biglietto aereo, ben sapendo che in quei due giorni avrei potuto scrivere la parola fine alla mia storia con Louis o, al contrario, porre delle basi sicure per il nostro futuro insieme.
Per la prima volta in vita mia ebbi un motivo per scontrarmi con mio padre, lo affrontai dopo cena, non appena Luc si fu addormentato.
-Domani andrò a Parigi, solo un paio di giorni, senza Luc.
-Vai con quel ragazzo?
Sapeva benissimo il suo nome, eppure si ostinava ancora a chiamarlo con distacco “quel ragazzo”.
-Sì.
-Allora la risposta è no.
Di fronte a quel netto rifiuto mi arrabbiai, sapevo bene che dietro quel permesso negato di mio padre c’erano anche tutte le sue paure.
-Cosa ti aspetti da questo viaggio, Elise? Cosa farete da soli, in una delle più belle capitali europee. Rifletti: perché credi che lui abbia scelto proprio Parigi, città degli innamorati per eccellenza? Vuole fregarti.
-Non è così. Vuole solo incontrarmi in un posto diverso per capire bene cosa prova per me.
-E perché proprio Parigi? Perché non Brighton o Liverpool o Bath? Vuole incantarti, Elise, distrarti per arrivare al suo scopo. Ha solo bisogno di un posto tranquillo e romantico per portarti a letto. Dopo di che, l’indomani, si accorgerà magicamente di non provare più niente per te e ne uscirai con il cuore dilaniato.
-A Louis non interessa fare sesso con me.
-Mi ha raccontato la stessa bugia anche lui: smettete di mentire agli altri e a voi stessi, i vostri corpi si cercano in continuazione anche quando non ve ne rendete conto. E poi ho visto come vi stringevate, siete vicini all’inevitabile, vi manca solo l’occasione giusta, per questo domani non andrai a Parigi.
-Non puoi impedirmelo, ho ventidue anni!
-Hai un figlio.
Ero stufa! Mio padre non poteva trincerarsi ancora dietro la solita scusa che ero una madre e avevo delle responsabilità: erano cinque anni e mezzo che non pensavo a me stessa, cinque anni e mezzo in cui non mi ero mai concessa uno svago. Avevo pur diritto a essere egoista una volta nella mia vita! Ero stanca di comportarmi sempre come volevano gli altri e desideravo fare qual viaggio più di ogni altra cosa.
Uscii dalla stanza, furiosa e andai in camera di Léonie per sfogarmi con lei.
Fortunatamente mia cugina aveva un’altra visione della faccenda e mi rassicurò:
-Ti copro io e mi occuperò di Luc, va pure con Louis.
Così l’indomani, senza farmi vedere da nessuno, sgattaiolai fuori dal Pilot e mi immersi nella nebbiosa mattina londinese diretta a Heathrow, con un piccolo bagaglio di effetti personali e un’enorme borsa piena di sogni pronti a volare per Parigi.
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A Letter to Elise (Ita)
Fanfiction-Da bambina immaginavo il futuro come un immenso foglio bianco su cui disegnare la vita. Poi, a diciassette anni, mi sono ritrovata in mano un test di gravidanza positivo e quel foglio si è improvvisamente trasformato in un modulo prestampato cui ri...