-“Stupida, stupida, stupida Elise!”- mi ripetei, mentre radunavo i miei vestiti: Zayn mi guardava perplesso.
-In genere faccio una gran fatica a cacciare le ragazze dal mio letto e tu, invece, hai tanta fretta di andartene.
-Se proprio vuoi saperlo non è stato granché.
-Non mi pareva- disse lui deluso, infilandosi i boxer, mentre io mi tiravo su la zip della gonna- come ti chiami?
Alzai gli occhi al cielo: ci mancava solo la conversazione post coito!
-Elise.
-Elise, non buttarti via, mi sembri una bella persona.
-Che t’importa? Pensa per te, a come manchi di rispetto alla tua ragazza: hai la fortuna di avere qualcuno che ti vuole bene, non dovresti tradirla, non se lo merita- gli risposi duramente.
Zayn abbassò gli occhi e si passò una mano dietro la nuca in maniera nervosa, come se volesse dirmi qualcosa senza, però, avere il coraggio di farlo.
Non me la sentii di infierire ulteriormente; a vederlo così, in quel letto sfatto, con l’espressione triste e lo sguardo fisso sulle mani che torcevano nervosamente il lenzuolo, non sembrava neanche più il ragazzo spavaldo che avevo rimorchiato nella hall. Probabilmente era già pentito di quello che avevamo fatto, come me, del resto, era solo uno sciocco impulsivo esattamente come lo ero io.
-Elise?
Sbuffai chiedendomi cosa volesse ancora e poi allungai la mano per prendere il foglietto col numero di telefono che mi stava porgendo.
-E questo? Non eravamo d’accordo per una botta e via?- dissi cinica.
-Non è il mio, è di Louis.
-Vi passate le ragazze?- osservai sarcasticamente, mentre in realtà una parte di me stava morendo.
Zayn alzò le spalle.
-Ha la sindrome della crocerossina.
Uscendo dalla stanza mi imbattei in Liam che aspettava che avessimo finito, appoggiato al muro con le braccia conserte.
-È tutto tuo- gli dissi acida- spero che dia il culo meglio di quanto scopa.
L’altro entrò in camera, senza degnarmi nemmeno di uno sguardo e mi vergognai all’istante della stupida cattiveria che gli avevo detto, tra l’altro ero una di quelle persone che non credeva affatto alla storia delle bromance.
Andai di corsa nel mio alloggio, mi lavai bene le mani e mi sciacquai un po’ il viso sperando che l’acqua fredda mi aiutasse a dimenticare quello che avevo appena combinato, ma avrei avuto bisogno di una bella doccia profumata perché continuavo a sentirmi addosso l’odore pungente della colonia di Zayn mista a tabacco. E niente al mondo sarebbe stato in grado di lavar via tutta la cattiveria che nasceva dalle mie frustrazioni e che avevo riversato su quei poveri ragazzi; spesso mi chiedevo il motivo per cui fossi sempre fredda e sarcastica: chi aveva ucciso la dolce Elise delle foto che tappezzavano la camera di mio padre, quella dal sorriso sempre stampato sulle labbra? Non lo sapevo, probabilmente si era trattato di un suicidio, riuscivo ad essere felice e serena solo con mio figlio.
Mi avvicinai al lettino in cui Luc dormiva sereno, gli feci una carezza e sentire la sua pelle liscia sotto la mia mano, mi fece stare subito meglio. Appoggiai l’orecchio alla parete sperando di sentire il respiro di Louis e vinsi la tentazione di usare il passepartout per entrare in camera sua e osservarlo mentre dormiva come avevo fatto poco prima con mio figlio.
-Notte Tommo- mormorai passando davanti alla sua porta, accarezzando lo stipite come avrei voluto fare con la sua schiena, poi infilai la giacca da lavoro e andai a dare il cambio a Léonie alla reception.
-Com’è andata con Niall?-chiesi a mia cugina.
-Non ci ho nemmeno provato.
-Io mi sono fatta Zayn- dissi, spinta da una sciocca e infantile voglia di vantarmi.
-Ti sei fatta chi?- la voce profonda di mio padre ci spaventò da morire. Cosa ci faceva ancora sveglio?
-Zayn, quello moro, con il ciuffo- precisò mio fratello maggiore anche lui inspiegabilmente in piedi- ma non ti piaceva quello con problemi di iperattività?
-Sei andata a letto col pakistano?- ringhiò mio padre ancora fermo all’argomento precedente.
-Papà, è inglese quanto me.
-Tu sei francese.
No, non lo ero: non ricordavo niente della Francia, dei miei due anni e mezzo a Nizza, solo quello che mi avevano raccontato mio padre o i miei fratelli, ormai mi sentivo inglese a tutti gli effetti.
Guardai mio padre e Benoit negli occhi.
-Sono stata attenta, non preoccupatevi.
Mio fratello scosse la testa e fece una smorfia.
-Non abbiamo paura che tu rimanga di nuovo incinta, ma non vogliamo che tu sia un cattivo esempio per Luc, come credi reagirebbe se si sapesse che sei andata a letto con uno degli One Direction?
Cattivo esempio! Strinsi forte i pugni per non replicargli in malo modo e appena si furono allontanati, presi dalla tasca il foglietto che mi aveva dato Zayn, lo guardai per un attimo sospirando, poi lo gettai senza esitazione nel cestino.
-Era un numero di telefono quello? Di Zayn?- mi chiese Léonie curiosa, allungando il collo per vedere oltre il bancone.
Non le risposi: la testa mi ronzava, mi sentivo una persona orribile, in meno di un giorno aveva gettato via il sogno di tante fans: avevo dato un due di picche a Harry, litigato con Liam, umiliato Zayn, negato il dessert a Niall e soprattutto avevo buttato nei rifiuti l’unico modo per entrare in contatto con la sola persona che negli ultimi due anni mi aveva fatto sognare, che mi aveva regalato gli unici momenti in cui avevo l’illusione di essere come tutte le altre ragazze. Solo che io non avrei mai potuto essere come le mie coetanee e Louis sicuramente era odioso come il resto dei suoi compagni.
La mattina seguente, la luce indiscreta che penetrava il buio della mia stanza attraverso le fessure nelle tapparelle, sembrava voler violare anche la mia tristezza e il mio senso di solitudine. Uscii per accompagnare Luc a scuola e quando tornai al Pilot, gli One Direction non c’erano più poiché erano già all’arena O2 per le prove. Per me fu una vera fortuna, non avevo voglia di sostenere lo sguardo carico d’odio di Liam o di imbattermi di nuovo in Zayn, ma soprattutto, dopo quanto avevo combinato, mi vergognavo ad incontrare nuovamente Louis.
Il giorno successivo mi trovavo alla reception intenta a preparare le bolle per i fornitori, quando il mio telefonino iniziò a squillare mostrando sul display un numero sconosciuto.
-Pronto?
-Elise?
Era una voce squillante, che pronunciò il mio nome con un leggero sigmatismo, un tono che conoscevo bene che mi faceva battere il cuore durante gli assoli e che cercavo affannosamente nei cori: dall’altra parte c’era Louis Tomlinson!
-Come hai avuto il mio numero?
-Me lo hai dato tu ieri pomeriggio, non ricordi? Ci siamo scambiati dei messaggi, mi hai detto che eri libera solo la mattina e così ti ho chiamato.
Guardai con odio Léonie, che, impaurita, teneva lo sguardo incollato sui fogli da compilare fingendosi impegnatissima con quelle fatture.
-Sì, ma io non posso, sono fuori Londra, sono davvero molto occupata.
-Non pensavo che Greenwich fosse fuori Londra e che mettere alcuni timbri su dei pezzi di carta fosse un’operazione tanto impegnativa.
-Cosa?
-Sono dietro di te.
A quelle parole mi sentii avvampare e mi cadde quasi il telefono di mano, mi voltai lentamente e vidi Louis che mi sorrideva con quella sua maniera peculiare di inclinare la testa e stringere leggermente gli occhi.
-Che carina! Sei diventata tutta rossa. Allora non sei quel mostro di cattiveria e insensibilità di cui ho sentito parlare.
Mi venne vicino, il mio cuore batteva senza che riuscissi a controllarlo e per paura che si accorgesse di quanto mi tremavano le mani, cercai di distrarlo chiedendogli se voleva bere qualcosa.
Andammo al pub; mio fratello Jean stava pulendo il pavimento e per poco non mise il piede dentro il secchio dell’acqua sporca, tanto fu lo stupore nel vedermi entrare insieme a Louis.
-Posso offrirti qualcosa?- chiese balbettando, tornando dietro il bancone.
-Una birra, grazie. E tu Elise, non ne prendi una?
-Mia sorella non beve alcolici- rispose Jean al posto mio, mettendomi davanti un succo di frutta, prima di tornare alle sue occupazioni continuando, però, a tenerci d’occhio.
Louis buttò giù un paio di sorsate, poi, senza smettere di sorridermi, mi disse:
-Il tuo discorso dell’altra sera mi ha colpito molto e ho scommesso con Harry e Niall che sarei riuscito a riportarti il sorriso e la serenità, come se tu avessi avuto un’adolescenza normale.
Una scommessa! Ecco cosa c’era dietro il suo interessamento: se avessi avuto un minimo di dignità avrei fatto bene a rifiutare, ma pur di trascorrere del tempo con lui avrei accettato qualsiasi condizione.
-Spero non penserai male di me. Non sono la ragazza facile che si fa ogni celebrità che incontra.
-Davvero? Liam la pensa diversamente.
A quelle parole mi venne quasi da rimettere, non volevo che Louis avesse una cattiva opinione di me, ma d’altro canto quella era la sola impressione che si poteva avere, visto quanto era successo. Provai a fargli capire il mio punto di vista, tacendo, naturalmente, che era stata una reazione al suo disinteressamento nei miei confronti, non appena aveva saputo che Luc era mio figlio.
-Non so cosa mi sia preso l’altra sera, volevo dimostrare a me stessa di essere ancora attraente e desiderabile nonostante sia una mamma, tanto da portarmi a letto un ragazzo bello e ambito come Zayn Malik. Sono infantile, vero?
-Sei solo umana. Sai, anche Harry è soggetto a simili colpi di testa e mi tocca faticare parecchio perché non esageri. Farò lo stesso con te: cercherò di insegnarti come ci si sente ad essere normali e spensierati, senza nessuna etichetta appiccicata addosso. Però ricorda che in questo nostro gioco vale una regola molto importante: non devi innamorarti di me- fece una pausa e poi ridacchiò- e nemmeno io di te, ovviamente.
Quando Louis se ne fu andato, mi chiusi a chiave in camera e mi spogliai nuda davanti allo specchio, guardandomi con occhio critico e odiando ogni mio più piccolo particolare.
I capelli castani mi arrivavano fino ai gomiti, erano lunghi, sì, ma opachi e la frangia non ne voleva sapere di stare al suo posto. Avevo una pelle imperfetta, un naso non troppo regolare e banali occhi marroni. La mia bocca, però, era bella: grande, con labbra abbastanza carnose e dal colore piuttosto acceso senza bisogno del rossetto. Ero piuttosto proporzionata e abbastanza magra, ma la gravidanza purtroppo, aveva trasformato impietosamente il mio corpo allargando il mio girovita e dovevo fare i conti con un seno svuotato e una pancia non proprio tonica.
Non mi piacevo, tutti mi dicevano sempre che nel complesso ero carina, un termine scomodo che non mi dava il diritto di lamentarmi troppo della mia scarsa avvenenza, ma che non mi rendeva neanche una ragazza mozzafiato o comunque un tipo che potesse piacere a Louis Tomlinson.
Mi rivestii e lanciai un’occhiata al mio poster.
-Non preoccuparti Tommo, non corri certo il rischio di innamorarti di tutto questo.
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A Letter to Elise (Ita)
Fanfiction-Da bambina immaginavo il futuro come un immenso foglio bianco su cui disegnare la vita. Poi, a diciassette anni, mi sono ritrovata in mano un test di gravidanza positivo e quel foglio si è improvvisamente trasformato in un modulo prestampato cui ri...