8. Il ritorno del cavallino

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Novembre 1943
Italia, Europa

Amelia sì lasciò cadere su una sedia della locanda, prendendo svogliatamente il giornale e lanciando un rapido sguardo alla porta davanti a lei, da cui Pietro stava entrando lentamente e salutandolo con in cenno del capo, mentre Margherita gli andava in contro e lo aiutava con la giacca.

Si erano trasferiti da poco per aiutare un amico d'infanzia dei coniugi, un certo Antonio (chiamato da tutti Tony) che aveva aperto quel locale non troppo distante da un fronte, e dato che Amelia lavorava ad una base lì vicino era conviene per tutti.

«Cea*, hai letto il giornale?» le chiese l'uomo, andando a sedersi accanto all'agente

«No, non ancora» mentì lei, facendo di tutto per nascondere un sorriso «L'ho solo sfogliato. Perché? Ci sono novità rilevanti?»

Pietro le lanciò un'occhiata, facendo due rauchi colpi di tosse e pensando a come formulare la risposta nel migliore dei modi, anche se la figlia adottiva già lo sapeva.

"Il cavallino è tornato" dicevano i titoli, riportando la descrizione di un aereo tale e quale a quello di suo padre che solcava i cieli del Nord Italia a combatteva contro i nazisti e poi spariva nel nulla, lasciando un'ombra di mistero su chi fosse o da dove provenisse.

«A quanto dicono un certo fantasma è nostro alleato» disse, vedendo Melli annuire seria «Un aviatore, che porta il simbolo della tua famiglia e i colori della nostra nazione. Lo chiamano "il fantasma del cavallino

«Nome patetico. Be', io avrei sicuramente fatto di meglio, comunque» rispose lei, incrociando le braccia al petto e fingendo una disinvoltura che in realtà non aveva «Sono sicura che questo "fantasma" non riuscirebbe a starmi dietro neanche se gli dessi un po' di vantaggio»

«Lo sappiamo, ed è per questo che mi chiedo se magari tu non sappia chi sia questo misterioso aviatore... O aviatrice»

Amelia contrasse le labbra in una smorfia, gesto che faceva spesso per trattenersi dal ridere, e alzò gli occhi verso il soffitto, come se stesse veramente pensando a qualcuno in particolare che potesse essere invischiato in quella faccenda.
La verità è che era lei alla guida di quel mezzo, ma non poteva dirlo né alla sua famiglia, per non farli preoccupare, né ai suoi colleghi, perché nessuno aveva autorizzato quei voli e registrato quell'aereo.

Gli unici a sapere questo suo segreto erano Howard e Abraham, ma ora uno era completamente coinvolto nella faccenda e l'altro nella tomba. Era completamente coperta, a meno che non la prendessero, ovvio.

«Non ne ho idea» rispose vagamente, mentre Margherita, dall'altra parte della stanza, accennò ad un sorriso istintivo «Anche perché sennò gli avrei già fatto mangiare la polvere da un pezzo, lo sapete. Detesto avere concorrenza»

«Sì, certo... E-»

«Melli, tesoro» si intromise la moglie dell'uomo, bloccando quella conversazione e indicando un volantino pubblicitario appeso alla parete «Faranno uno spettacolo di "Captain America" oggi, ti va di andarci? Sarebbe un bel modo per distrarsi un po'»

«Perché mai dovrei andare a vedere un patriottico americano vestito in calzamaglia?»

«Perché in teoria era un tuo collega» rispose la donna, staccando il foglio delicatamente e porgendolo all'agente «Guarda, non è quel tipo di cui ci parlavi tramite lettere mentre eri in America? Si chiama Steve, giusto?»

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