Amelia sbatté più volte le palpebre per abituarsi alla luce, portandosi le mani davanti agli occhi e sbuffando sonoramente.
Un forte mal di testa le dava il tormento, come se un cerchio invisibile le stringesse le tempie, mentre le dita formicolavano neanche fossero rimaste ferme per mesi e mesi.«Buongiorno» disse una voce maschile al suo fianco, facendola sussultare per la sorpresa.
Cercando di restare impassibile si voltò verso colui che aveva parlato, incontrando il sorriso di Steve e non riuscendo a non ricambiarlo.
Lui era seduto accanto a lei, su una misera sedia d'ospedale posizionata il più vicino possibile al suo letto, mentre le pareti bianche e spoglie della stanza mettevano ancora più in risalto la maglia azzurra, la quale si intonava alla perfezione con i suoi occhi.«Come ti senti?» chiese lui, prendendole una mano e muovendo delicatamente il pollice per farle delle piccole carezze
«Abbastanza dolorante per essere morta. Insomma, se dici "ciao ciao" al corpo non dovresti smettere di provare dolore? Cos'è questa fregatura di mal di testa? Però anche tu, giovanotto, sei abbastanza in forma per essere deceduto»
«Melli... Noi non siamo morti» tentò di spiegarle lui, abbassando lo sguardo e scegliendo bene le parole «E non siamo più neppure tanto "giovani" a dire il vero. Noi... Ci siamo salvati, in qualche modo che non so spiegare, ma siamo finiti in coma per... Per una settantina d'anni. Siamo nel 2011, amore. Io mi sono svegliato cinque anni fa»
Il sorriso della donna si spense improvvisamente, così come l'esigenza di mettersi seduta prese il sopravvento e la portò ad appoggiare la schiena alla tastiera del letto e separarsi leggermente da Steve.
«Cinque anni fa...» ripeté lei «Dannazione, io ero cinque anni più grande di te! Quindi ora cosa succede, abbiamo la stessa età? No, non lo accetto. Voglio essere io la più grande»
«Davvero è questa la tua priorità al momento? Il fatto che non puoi più prendermi in giro?»
«Prenderti in giro è il mio passatempo preferito, che farò ora quando mi annoio? È stato veramente irrispettoso da parte tua svegliarti prima di me, sei un vero ingrato!»
Il capitano sorrise con un angolo della bocca, spostando lo sguardo a terra e scuotendo il capo.
Era incredibile con quanta ironia prendesse la situazione e come non si lasciasse scomporre neppure da quelle notizie, fingendo che la cosa non la sfiorasse nemmeno.«Sì hai ragione, è stata colpa mia» stette al gioco lui, riuscendo a sentirsi quasi più leggero «Avrei dovuto svegliarmi dal coma più tardi, è vero. Quindi, per farmi perdonare, cosa dovrei fare?»
«Portarmi un buon panino al salame e un bicchiere di Prosecco, se non ti dispiace. Oppure darmi un altro bacio, come minimo. S-sempre s-se tu vuoi, io... No, scusa, non...»
Il capitano si ritrovò ad allargare il suo sorriso, sporgendosi leggermente in avanti per lasciarle un delicato bacio sulla guancia e vedendola arrossire di colpo, anche se quella visione durò fin troppo poco, dato che un altro pensiero -decisamente più funesto- prese il sopravvento nella mente dell'aviatrice.
«Siamo nel duemila... Pietro e Margherita! Devo andare da loro, devo tornare a casa!»
«Amelia, io... Io non so come dirtelo, ma non c'è più nessuno. Tutti quelli che conoscevamo, le nostre famiglie, sono tutti... Sono tutti morti. Siamo rimasti solo io e te»
«No, no no no, è impossibile! Io non posso... Non posso aver perso di nuovo i miei genitori, non posso...» le parole le si bloccarono in gola, mentre dei piccoli singhiozzi impedirono al capitano di comprendere il resto della frase.
STAI LEGGENDO
THE SKY IN YOUR EYES
FanfictionAmelia non voleva realmente quel lavoro in America. Non voleva lasciare la sua casa, la sua terra e la sua famiglia; ma quando le era arrivata quella lettera dall'SSR e seppe che Erskin l'aveva raccomandata non poté rifiutare. Il suo sogno era sempr...