Collant

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Sono appena rientrata in casa, la giornata di oggi è stata, come dire, strana.
Apro l'armadio e osservo la mia tuta nuova di pacca. Ho dovuto farne un'altra perché la prima dopo due anni di uso si era sgualcita, anche se non è ancora da buttare. L'aveva fatta il signor Stark, lui sapeva benissimo chi fossi, ripensandoci avrei voluto sapere perché mi ha lasciata andare così.
Prendo il costume nuovo tra le mani, lo porto vicino al viso, profuma ancora di nuovo anche se l'ho usato già un paio di volte. In realtà è un po' diverso da quello precedente, è un body bianco con uno scollo all'americana, accompagnato a degli stivali dello stesso colore e rivestiti internamente di sottili lastre di metallo, che posso usare in varie situazioni modellandole. Anche se mi muovo rimane aderente al mio corpo senza spostarsi fastidiosamente.

Levo la parrucca e sciolgo i capelli, rivolto il costume e controllo le varie funzioni, ho inserito quella di riscaldamento, su imitazione di quella del costume fatto dal signor Stark, ma non so se funzionerà effettivamente senza farmi prendere fuoco...

Aspetto l'arrivo della notte e indosso la tuta, ho sostituito la maschera ad un cerchietto rivestito internamente di metallo, tanto ormai non mostro più i miei capelli e i miei occhi se non a Fede e le autorità se arrivassero così vicino da potermi riconoscere riuscirebbero anche a togliermela, quindi tanto vale.
Posso dire di essere migliorata, ora sono più agile e riesco precisamente a disintegrare una certa area senza interferire sullo spazio attorno ad essa, per esempio potrei eliminare un dito toccando la falangetta, senza però intaccare il resto della mano. Sono più precisa in poche parole.
Riguardo a quello che ho fatto il giorno in cui ho svelato la mia identità a Peter non so come abbia fatto, credo che la carica emotiva mi abbia spinto fino a quel punto, ma non sarei in grado di rifarlo di nuovo e in modo controllato.

Scendo in strada con indosso un giaccone, non posso più uscire dalla finestra, o almeno cerco di ridurre al minimo queste situazioni, perché non abitando in cima ad un palazzo alto sarebbe più facile vedermi, in più sono a Manhattan ora, un po' più in vista.
Lascio il giaccone dentro ad un sacchetto in una via secondaria e finalmente mi dirigo verso un supermercato che avevo già selezionato in precedenza.

Entro silenziosamente e con calma faccio un giretto per il discount, mi apro un pacchetto di caramelle e ne mangio qualcuna. Stare da soli in un supermercato è rilassante, generalmente è un posto caotico e confusionario, ma ora è silenzioso.
Apro la cassa dopo avere disattivato i vari allarmi, prendo qualche mazzetta e inizio a sentire dei bip-bip.
Non può essere.
Salto il bancone e corro fuori dal negozio. Esplode.
Tutto esplode.
Ma che cazzo?!

Scappo qualche via più in là. Questa non può essere opera di un proprietario ingegnoso, che senso avrebbe far saltare in aria tutto il locale per qualche soldo?
Qualcuno aveva intenzioni omicide, non so se mirate a me o a un altro criminale, o forse a qualcuno in generale.
Mi guardo i polpacci, sanguinano; i cocci della vetrina esplosa si sono conficcati nelle mie gambe mentre uscivo. Li stacco uno ad uno, quelli più grandi almeno, e chiudo le ferite.

Non credo Spiderman si occuperà di questo caso, oramai è una celebrità. È uno degli unici eroi rimasti sulla Terra e i suoi problemi sono ben più grandi. I tempi in cui "investigavamo" insieme su quei delinquenti sono lontani e una cosa del genere adesso per lui sarebbe pane per i pesci.

Un po' zoppicante torno a casa con il mio bottino.

L'indomani mi alzo con il solito mal di testa e vado in università verso le nove. Frequento un paio di lezioni e appena fuori dall'aula di matematica trovo Peter.
« Hey, ho il tuo libro. » me lo porge, non lo prendo, ho le mani già impegnate con gli altri libri scolastici.
« Grazie, ci hai messo poco. » inizio a camminare verso l'uscita, mi segue.
« Sí, dove te lo metto? »
Alzo le sopracciglia « Mettilo qui sopra. » gli faccio cenno con la testa sopra ai libri che ho tra le braccia.
« Non ti cade? »
« E può darsi. »
« Non te lo posso mettere in borsa? »
« fai. » scosto il gomito dal fianco cercando di facilitarlo. Prende un manico della borsa di tela e infila il libro dentro.
« Cosa ne pensi di Adam? » mi affianca.
« Adam? » lo guardo storto.
« Adam Trask. Mica avevi detto di averlo già letto questo libro? »
« Ma tu mi hai detto di non averlo letto, non pensavo che intendessi il personaggio del libro... »
« L'ho letto ieri, »
« Mi fa un po' tenerezza penso, è difficile da dire. » arriviamo all'uscita, mi apre la porta.
« Bene, io vado di qua. » lo congedo.
« Ti devo parlare. » dice serio.
« Eccerto, ci mancava questa. » sbuffo, io devo stargli lontana.
« Non puoi andare in giro a dare fuoco a negozi. » continua senza nemmeno tenere conto della mia affermazione precedente.
« C-che? » mi fingo inconsapevole.
« Evita la scena. Perché l'hai fatto? »
Mi guardo in torno, è pieno di ragazzi che escono e siamo esattamente di fronte ai gradoni, siamo troppo esposti, non posso parlargli qui.
« Non qui. Non ti parlo di fronte a tutti. » rispondo imitando la sua serietà.
« Allora vieni. » mi afferra un braccio e trascina in un luogo più isolato dei giardini dell'Università, tra qualche albero che fa ombra e copre la visuale.
« Non sono stata io. »
« Ti ho vista. »
« Grazie di essere venuto a soccorrermi comunque... » ripenso alle mie gambe tagliate.
« Perché l'hai fatto? » ripete.
« Non sono stata io. » inizio ad irritarmi « Ho aperto la cassa ed ho iniziato a sentire una sorta di bip-bip, sono corsa fuori appena in tempo, ho rischiato grosso. Non ti sto mentendo, ho dei tagli su tutto ok retro delle gambe, non me li sarei mai provocati apposta. »
« Fammi vedere. »
« Ho la gonna, le calze lunghe e gli stivali, non posso. »
« Ti strappo i collant. »
« Non andrò in giro con le calze bucate. »
« Le riattacchi, non sei più capace? » mi prende in giro.
« Non riusciresti mai a fare un taglio preciso, si spaccherebbero ovunque, non sono un mago. »
Continua a parlarmi fissandomi dritta negli occhi « Vieni in camera mia. »
« Ci tieni davvero così tanto? » gli chiedo ridendo. Mi afferra il braccio senza darmi risposta, non mi costa niente, gli farò vedere quei tagli e smetterà di tediarmi.

Chiude la porta dietro di me e appoggio i libri sulla scrivania, mi sento sollevata, mi si stavano indolenzendo le braccia.
« Su, leva le calze. »
« Traquillo, fammi levare le scarpe prima. » mi abbasso per togliere gli stivali.
« Hai cambiato stile rispetto a qualche anno fa... » cerca di intavolare un discorso.
« Sí, non sto più cercando di essere invisibile. »
« Non lo eri. »
« Per te... »
« Sí, per me. Hai finito? » si volta.
« Potevi anche guardare, non ho tolto la gonna. Vedi, sono freschi di ieri. »
Si avvicina e si abbassa dietro di me prendendo con la mano una mia gamba, trasalisco.
« Hai le mani fredde. » mi lamento.
La porta sulla coscia senza rispondermi, « Hai ragione, non ti saresti fatta tagli del genere appositamente. E dubito tu abbia fatto un errore di calcolo. » si alza in piedi dietro di me.
« Ecco. » mi riabbasso per prendere le calze e sbatto contro di lui. Fa un passo indietro « Scusa, non pensavo fossi così vicino. » dico senza risalire.
Infilo gli stivali e mi rialzo, prendo i libri ed esco. « Diana, » mi chiama sul ciglio della porta, « Cosa c'è? » mi volto.
Ha un'espressione combattuta « Niente, ciao. » chiude la porta.
Sono sicura che andrà avanti a incolparsi per non avermi aiutata tutto il giorno, detto sinceramente un po' gli sta bene. È da più di un anno che non lo infastidisco e ha anche la faccia tosta di accusarmi così su due piedi.
Comunque mi sembra strano si sia interessato ad un caso del genere, chissà, forse si trovava solo nei paraggi.

Scusate se pubblico così tardi, ma mi ero dimenticata 😅

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