Sesto senso

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Venerdì arriva in fretta, anche perché faccio fatica a pensare ad altro; so di essere coinvolta solo parzialmente ma era molto che non "cercavo di risolvere un caso", tiene occupati diciamo.

Verso sera mi dirigo in uno dei vicoli peggiori di Broadway, proprio dove sta l'Hotter, il club. Entro, è illuminato di rosso e ci sono più divanetti e tavolini di quanti ce ne siano solitamente.
Non vedo Peter da mercoledí, che poi sarebbe l'altro ieri; dato che è la mia prima settimana mi hanno concesso di iniziare poco alla volta facendo un giorno sí, un giorno no, a eccezione del sabato.

Non sono più ultima in classifica, ma bensì 15esima, le ragazze che ho superato non sono molto contente, forse perché anche loro si sono accorte che Peter non ha un fisico niente male e che ho avuto fin troppo culo per essere appena arrivata.
I clienti iniziano ad arrivare, avevano ragione, sono decisamente di più del solito. Se riesco me ne sto in disparte finché non arriva Peter, e anche lì, dovrei capire cosa fare.
Eccolo, è entrato già accerchiato da due o tre ragazze bramose di fare una lap dance a lui piuttosto che a qualche ricco signore di mezza età; ha sempre su una maschera, anche se oggi riesco a vedergli gli occhi.

Si siede su una poltrona abbastanza centrale e mi fa cenno col capo di andare verso di lui, così mi alzo e cammino verso di lui passando tra i tavolini.
« Fermati qui, tesoro. » qualcuno ha afferrato la mia coscia, mi volto, non ho la più pallida idea di chi sia e non voglio scoprirlo.
« In realtà dovrei... » indico Peter.
« Non preoccuparti, lui ha il suo da farsi ora, » si riferisce alle tre ragazze che gli girano intorno « resta qui per una canzone. » mi infila qualche banconota tra l'anca e l'elastico degli slip, trasalisco.
« Sei la più bella qui, vediamo come te la cavi. »
Faccio un passo indietro « Certo. » sorrido.
Inizio a muovere i fianchi e a far scivolare le mani lungo il mio corpo mentre lui mi fissa estasiato; Peter mi lancia un'occhiata, lo vedo con la coda dell'occhio: non capisce cosa stia succedendo.
Si alza, che pensa di fare?
« Hey, » si rivolge all'uomo davanti a me prendendomi per un fianco nel mentre « è un problema se te la rubo? Ti lascio queste due. » mostra le ragazze che gli stanno appresso. Non lascia che l'uomo risponda e mi strattona due metri più in là « Che diavolo stavi facendo. » quasi ringhia nel mio orecchio.
« Non avevo molta scelta, mi ha bloccata. » rispondo a tono. Mi afferra per un braccio e si va a sedere sulla poltrona dov'era prima « Guarda te cosa vai a fare. » si massaggia la fronte con una mano, « Te lo devo ripetere che non posso dire di no a un cliente o ci arrivi da solo? »
« Hai ragione, ora falla a me. » dice ancora irritato.
« C-cosa? »
« La lap dance. » allarga le gambe.
« Scherzi? » piego il capo,
Si scosta dallo schienale muovendo il busto verso di me « Hai detto che non puoi dire di no ad un cliente giusto? » alza le sopracciglia, lo fulmino con lo sguardo e si chiarisce « Quello là continua a guardarci, se non farai niente non penso ci metterà troppo a liquidare quelle là per chiedere te. » , mi volto, in effetti ha ragione, ci fissa, mi fissa.

Mi sistemo davanti a Peter « Sta volta vedi di... »
« Sí, non c'è bisogno che tu me lo dica. » guarda altrove.
Inizio a muovermi, Peter non si concentra su di me, osserva la sala, gli uomini seduti nell'angolo, li fissa con un certo odio. Noto che non è l'unico che si guarda intorno, anche loro fanno lo stesso, non vorrei l'avessero notato. Mi giro e mi abbasso quasi per sedermi tra le sue gambe continuando a muovermi, « Diana, cosa- »
« Sei sospetto Peter, devi smetterla di fissarli e in più c'è bisogno che salga nei primi posti se vogliamo concludere questa storia. » non è l'unico a cui la situazione suona strana, ma in questo caso forse lo definirei più necessario della volta scorsa.
« Sí, se è così allora... » si ferma un attimo a riflettere, mi prende per il mento e sposta la mia testa indietro più vicino alla sua « dai loro qualcosa per cui guardare. »
Questo al contrario non saprei come definirlo, non so come rispondergli, come pensa che possa non andare a fuoco dopo una frase del genere, credo di avere le guance bollenti.
Allarga ulteriormente le gambe e si sistema meglio sulla poltrona mentre mi afferra il busto con le mani e mi spinge ancora più a contatto con lui, con il suo cavallo dei pantaloni. Devo inventarmi qualcosa per far sì che ci notino per una volta.
Mi giro e mi inginocchio davanti a lui passando poi le dita dalle sue caviglie fino alle cosce e risalendo lentamente seguendo col viso dove andavano a toccare le mie mani, sento i suoi muscoli tendersi sotto ai pantaloni sottili quando li solletico. Risalgo fino ad avere il suo viso perfettamente di fronte al mio, quindi ad essere piegata come un'asse da stiro, giro intorno alla poltrona passando le dita tra i suoi capelli e facendo affondare la sua testa tra i miei seni una volta dietro di lui.
« Come si sente? » chiedo ad alta voce per portare avanti la recita, guardando il suo viso al contrario sotto al mio.
Lo capisce « Ce l'ho appena duro, puoi fare di meglio. » regge il gioco (forse).
« È solo l'inizio. » sorrido maliziosa. Torno di fronte a lui e prendo le sue mani tra le mie, quasi come fosse un gesto romantico, le intreccio; allargo le cosce e mi metto a cavalcioni su di lui portando le sue mani sui miei seni e iniziando a muoverle per poi lasciarlo fare da solo mentre io penso a strusciarmi.
Mentre faccio cadere la testa indietro noto che qualche occhio si è fissato su di noi, così riafferro le sue mani e stringo i miei seni quasi gemendo. Ci mette del suo e li strizza ancora di più, vedo il suo petto muoversi velocemente in alto e in basso, ci metto sopra una mano « Non puoi andare in iper ventilazione, non sei una ragazzina che vede Harry Styles. » gli dico in un orecchio severa; quei bastardi ci guardano e immaginano innumerevoli frasi sconce che avrei potuto dirgli.
Peter sorride senza sforzo, si schiarisce la voce « Come ti chiami, tesoro? » porta una mano sul mio fondoschiena alzando il tono di voce.
« Io- Gwen. » pronuncio timidamente il nome datomi da Ylang, un giorno dovrò pure raccontarla la storia di come questo nome mi rievoca diversi ricordi di momenti che quasi rimpiango.
« Bene Gwen, devi sapere che io ho qualche problemino ad eccitarmi, quindi mi sa che hai ancora un po' da lavorare. » mi guida nel movimento facendomi sfregare sempre più intensamente con il suo membro coperto.

Ancora? Saranno quasi cinquanta minuti che lo tocco, e mi tocca; generalmente mi avrebbe già presa e spinta senza ritegno per necessità di venire, forse anche più di una volta.
Non che Peter mediamente duri poco, è che forse da un lato ho scoperto il suo corpo nello stesso momento in cui l'ha scoperto lui e quindi so quali tasti toccare, o almeno sapevo. Parliamo al passato, l'ultima volta che l'abbiamo fatto è stata, beh, prima di tutto tutto, su quello stramaledetto balcone.
Magari crescendo preferisce altre cose oppure il suo sesto senso si è sviluppato anche in questo, anche se l'altro giorno non sembrava.

« Non pensavo dovessi passare a questo, ma se è necessario... » alzo le sopracciglia e passo le mani sopra alla camicia che lascia intravedere il suo fisico statuario, fino ad arrivare al cavallo dei pantaloni. Peter mi lancia un'occhiataccia, ha paura di cosa stia per fare, « Tranquillo, rimarrà una cosa tra me e lei. » Lo afferro delicatamente con una mano iniziando a delineare la sua lunghezza seguendo la mia mano col bacino.
« Si sente che le stanno stretti i pantaloni, » passo un'unghia sulla parte interna delle sue cosce.
« Dice che dovremmo allentare tutta questa tensione? Non penso sia salutare. » sbatto le ciglia odiandomi un po'.
Mi odia anche lui in questo momento, glielo si legge negli occhi, « Sí tesoro, lascio tutto nelle tue mani. »
Mani, proprio quelle.
Slaccio con un movimento che sembra infinito la sua cintura e gli abbasso la zip quel tanto da poter vedere i boxer grigi come il completo, « ora peró ti si è indurito un po'. » lo tocco sopra agli slip, « Vediamo se così senti meglio il contatto tra di noi. » mi avvicino nuovamente passando il suo membro tra le mie grandi labbra. I miei occhi traballano. Devo concentrarmi per non abbandonare del tutto i miei movimenti al piacere, non sono qui per questo.

Ora sono io quella a far fatica, sono fradicia, quello stronzo c'avrà pure il prurito, ma io non sono geneticamente modificata per reggere una tortura del genere. Gli sto inumidendo tutti i boxer, mi sa che questo è troppo anche per lui. 
« Dici che può bast- » alzo lo sguardo, sullo sfondo scorgo una minuscola crepa nelle vetrate oscurate, questione di secondi.

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