Del potenziale

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Dopo la festa ho passato una giornata da zombie e poi Carla ha preso il treno abbandonandomi per tornare alla sua vita. Anche i giorni successivi sono stati piatti tra università e studio da casa, oggi devo indossare il costume, spero non salti in aria qualche vetrina...
Oggi salgo in cima al palazzo, ho voglia di stare in alto, sentire il vento tra i capelli e vedere le luci delle finestre spente che formano il quadro di una città addormentata, mentre io vivo il mio alter ego. Passo da un palazzo all'altro, non so ancora dove andare di preciso, confesso che mi è venuta una paura tremenda l'ultima volta, a Peter non ho detto niente, non gli volevo dare nessuna soddisfazione, nessun tipo di confidenza. Forse dovrei passarci sopra, lui è andato oltre ed io sono ancora fredda come il ghiaccio quando gli parlo, non lo so, magari non ho intenzione di cambiare effettivamente questo rapporto. O nonrapporto.

Il fatto che mi segua mi mette un po' in soggezione, confesso che una parte di me pensava lo facesse per tenermi al sicuro, ma in realtà, dopo quello che ho visto, comprendo che è più concentrato sul lavoro rispetto che sulla vita privata; ed ora sono questo: un problema di lavoro. Sento un rumore provenire da dietro di me, proprio ora che ci stavo pensando... mi volto, un bidone in fondo alla strada è a terra.
« Esci Peter, so che sei qui. » sbuffo, « Giuro, non ti attacco, » annuncio, « come se fosse un problema per te... »

Un braccio da dietro, mi attorciglia la vita strizzandomela, avvinghio le mani per toglierlo istintivamente « Hey, ma che cazzo fai!? » cerco di distruggerlo, non funziona, non riesco.
Cosa sta succedendo?
Un'altra mano mi prende alla gola immediatamente, soffoco, cerco in ogni modo di toglierla, mi ha alzato, tiro calci all'aria, vedo solo il cielo nero di fronte a me, cosa succede? Come è possibile?
Sento i sensi abbandonarmi, mi ha lasciato, cado, non ho la forza di alzarmi, svengo lentamente.

Mi risveglio in mezzo al vuoto, è tutto nero, non mi sarà ancora tornata la vista del tutto.
« Ciao Diana, » sento una voce femminile, il mio nome, come lo sa? Non sono riuscita a capire se le mani di prima fossero di un uomo o di una donna, potrebbero essercene altri.
Mi guardo intorno alzandomi di scatto in piedi, « Non preoccuparti, » dice « sono qui. » sento la sua voce nel mio orecchio. Giro la testa, non c'è nessuno. Sto impazzendo letteralmente.
« Tranquilla, non ti farò niente. » finalmente la vedo, è di fronte a me, lontano almeno cinque metri. « Sei troppo diffidente... » ha una voce calda.
« Chi sei? » domando ferma continuando a fissarla e rimanendo in posizione pronta a scappare.
« Non ti interessa questo, »
« Come fai a sapere chi sono? Cosa sei? » riprendo.
« Come si fa a non conoscerti, » si avvicina lentamente, indietreggio. « il tuo potere è strepitoso. » sento il suo respiro sul collo dietro di me, annusa una ciocca dei miei capelli, scatto in avanti quasi tremando.
« C-come hai fatto, vuoi dirmi cosa sta succedendo? »
Sono sull'orlo di una crisi, devo capire qualcosa, questa donna mi inquieta terribilmente, ha una voce profonda, è bella: sarà sulla cinquantina, occhi azzurri ghiaccio e capelli grigi, tuttavia ha un'aura che la rende repellente, ma il suo volto non è rilassante, mette ansia, inquietudine.
« Calmati, » ripete « voglio solo chiederti un favore e farti una domanda. »
« Me la farai solo se dopo risponderai a una delle mie. » rispondo ferma. Mi ha appena strangolata, come può pensare che mi possa anche minimamente fidare?
« Se ci tieni, va bene. Dimmi dunque, tu sei nata con questi poteri, giusto? »
« Sí. »
« E non sai da dove vengono, giusto? » rimarca l'ultima parola.
« Non sono più tenuta a risponderti, ora dimmi cosa vuoi da me. » tengo un braccio piegato davanti a me, le gambe quasi tremano, il mio potere non funziona, prima ho provato a rompermi un pezzo di tuta ma non è successo niente.
« Voglio farti conoscere te stessa. »
« Che risposta del cazzo è?! Bussa alla porta di casa mia e dimmi chi sei se mi vuoi parlare! »
« Capirai. Hai la possibilità di fare più cose di quanto ti immagini. » si dissolve. Cerco inutilmente di afferrarla rincorrendo quell'immagine « Cosa vuoi? Cosa diamine vuoi?!?! » grido. Una volta che se ne è totalmente andata, per quello che riesca a vedere, cado sulle ginocchia coprendomi gli occhi con le mani; sono scioccata, il respiro è affannato. Io non avevo chiesto niente di tutto questo, non ho più commesso crimini seri per non infilarmi in situazioni difficili e ora arriva questa che non riesco a combattere.
« Diana, Diana, Diana! Sei tu! Cavolo! Non ti trovavo da nessuna parte, mi stavo preoccupando! » mi si lancia addosso Peter « Ti stavo seguendo e poi sei scomparsa tutto ad un tratto! Dio mi hai fatto prendere un colpo. » mi abbraccia lasciandomi rannicchiata e ancora traumatizzata. Alzo lo sguardo: il cielo e la terra sono tornati ad essere tali, e Peter è Peter. Tiro un sospiro di sollievo.
« Ti prego non perdermi più di vista. » affondo la testa nel suo petto e allungo le braccia per tenerlo a me. Sento la sua tuta sui miei polpastrelli, provo velocemente a bruciarne un pezzetto, giusto per rassicurazione: non si rompe.
N-non si rompe?
Respiro i suoi capelli, profumano del suo shampoo, è tutto così accurato. Sono sul punto di esplodere.
« Peter sei un bastardo. » mi alzo in piedi e gli tiro un calcio facendolo cadere sulla schiena.
« Che cazzo fai? Dio Santo ma sei uscita di testa?!? » risponde stupefatto, gliene tiro un alto dritto in viso facendogli sanguinare il naso. Rimane là seduto a stringersi il naso « Tu non sei a posto, cosa ti è preso? »
« Addio Peter, » cammino verso il ciglio del palazzo per poi voltarmi verso di lui e sorridergli « vienimi a prendere. » mi lascio cadere all'indietro chiudendo gli occhi, i capelli mi scivolano sul volto e l'aria è tagliente: impressionante.
« Ti sei divertita? » sussurro, la mia caduta termina e atterro in piedi nel vuoto.
« Questo intendevo dicendo che hai del potenziale, più di quanto te ne capaciti. »
« La tua imitazione era pietosa. » rispondo acida.
« Eri così sicura che hai rischiato la vita? »
« Certo. » dico abbastanza soddisfatta, in realtà non ne ero sicura del tutto, insomma una buona parte di me ci avrebbe scommesso, ma comunque se Peter fosse stato quello reale, prima di tutto me le avrebbe date di santa ragione e secondo mi avrebbe salvata sicuramente, su questo potrei bruciarci la mano sul fuoco.

« Tu mi stavi mettendo alla prova. » la fisso irata.
« Volevo solo farti comprendere quante possibilità hai. » tiene gli occhi socchiusi dolcemente, mi innervosisce.
« Questo lo so, non mi servi tu per dimostrarlo, ora fammi uscire. »
« Mi cercherai, vorrai diventare più forte, ed io so come aiutarti. » cammina lentamente.
« Non mettere in pericolo nessuno, non azzardarti. »
« Non io. » Sorride e scompare rifacendomi trovare sullo stesso palazzo di prima.
Mi siedo di nuovo tenendo i gomiti sulle ginocchia e le mani tra i capelli, sto tremando, mi tocco il braccio per sapere se sono libera veramente, il tessuto della pelle si distrugge, continuo, questa è la prova della mia libertà. Non voglio sentirmi così mai più, senza via d'uscita, senza luce, impotente.

Forse questa è veramente la realtà perché nessun Peter è corso ad assicurarsi di come stia.

Mi alzo e cerco la via per casa, mi è stranamente passata la voglia di fare qualunque cosa. Passo qualche isolato lentamente, finché « Hey, come mai così distrutta? Cosa hai combinato oggi? »
Non alzo nemmeno lo sguardo, so chi è, sono quasi a casa, non ho intenzione di fermarmi o di rallentare a causa sua; sono stanca e Peter adesso è l'ultimo dei miei problemi.
« Per essere messa così male avrai di certo fatto un grande colpo! Vuoi spiegarmi cosa è successo cosí torneremo entrambi a casa tranquilli? »
« Da quando tutta questa gentilezza? » quasi ghigno.
« Non me lo vuoi dire quindi... » si fionda dietro di me alla velocità della luce, continuo a camminare non curante.
« Diana, non ignorarmi. » mi afferra il braccio saldamente. « Lasciami. » lo strappo dalla sua presa tirando dritto, sono esaurita. Mi lancia addosso una ragnatela sbattendomi dall'altra parte della terrazza del palazzo. Non reagisco nemmeno, mi alzo e riprendo a camminare, non voglio cedere, voglio solo sdraiarmi e non pensare più a nulla. « D-Mary! » urla « Che cosa ti prende?! » tira la ragnatela verso di sé facendomi scivolare contro a lui.
Alzo lo sguardo difficilmente,
« È successo qualcosa. » afferma guardando i miei sentimenti riflessi nei suoi occhi.
Mi sa ancora leggere, cosa gli dico? Cosa posso inventarmi? Non ho le forze per litigare con lui adesso, nè di scontrarmi.
Non mi lascerà andare finché non parlerò.

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