6. Ombre

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Stavo correndo da una parte all'altra della casetta.

Ero in ritardo...e non era da me.

Mi ero infilata i primi jeans che avevo trovato e una maglietta oversize gentilmente offerta da Christian.

Arrivata in cucina tutti i ragazzi erano ormai già usciti...tutti tranne uno.

-Alice nel paese delle meraviglie è in ritardo? Che è successo? Sto sognando?-
Dice ironico.

-No cretino, solo che Alice non aveva messo la sveglia.-
Dico infilando il giubbotto.

Ma quando sto per uscire la sua voce raggiunge di nuovo le mie orecchie.

-Aspetta, andiamo insieme.-

Rimango a fissarlo incredula.
È stato nuovamente gentile con me.
Wow, facciamo progressi.

Quando mi raggiunge ci incamminiamo verso gli studi.

Nel silenzio assoluto, uno affianco all'altro, l'unico rumore a farci compagnia è quello dei nostri passi sull'asfalto.

Poi mi faccio coraggio.

-Allora...-
Inizio lasciando la frase in sospeso.

-Non sei più arrabbiato con me?-
Chiedo provocatoria, usando la stessa frase che aveva usato con me oramai un mese prima.

Mi volto a guardarlo e giurerei che quello sul suo volto fosse proprio un sorriso.

-Non sono mai stato arrabbiato con te.-
Mi risponde provocatorio usando la risposta che gli avevo dato a quella domanda.

-Come no.- sussurro tra me e me leggermente sarcastica.
Ma purtroppo il cantante mi ha sentita.

-Davvero Ali, non ero arrabbiato.-

Mi blocco di colpo.
Non mi aveva mai chiamata Ali.
In casetta mi chiamavano tutti così, ma non so perché sentirlo da lui aveva avuto un certo effetto.

-Dico solo che ogni qualvolta ti incontravo eri sempre scontroso, soprattutto con me, e ho iniziato a pensare fossi arrabbiato.-
Spiego riprendendo a camminare al suo fianco.

Lo vedo indugiare.

Poi finalmente parla.

-Ti ricordi come mi hai chiamato quella sera?-
Chiede.
Con tono teso e dolce allo stesso tempo.

Aggrotto le sopracciglia non capendo.

-Come ti avrei chiamato? Alex non è il tuo nome?-
Chiedo ironica, ma notando il suo sguardo serio smetto di ridere.

-Mi hai chiamato Ale.-

Continuo a non capire.

Si passa una mano tra i capelli: è agitato.

-Mia sorella mi chiamava sempre così.-

Abbassa lo sguardo suoi suoi piedi.

Siamo davanti agli studi, ma non entriamo.
Non me ne frega più se sono in ritardo, l'unico posto dove voglio essere è qui difronte a lui, che si sta confidando con me dopo giorni dove tra di noi vedevo un muro alzato che non riuscivo a buttare giù.

-Lei è morta qualche anno fa.-
Confessa.

Mi si blocca il respiro in gola.

-Era bellissima, aveva degli occhi azzurri così profondi che ti ci perdevi dentro. E un sorriso così bello capace di illuminare anche la giornata più buia.-

-Come si chiamava?-
Chiedo cauta.

-Bella.-

Sorrido, afferrando la sua mano.

Non siamo soli //ALEX//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora