Capitolo 51

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"Quindi, cosa si fa?"

"Dammi del tempo, Fede, devo riflettere" rispose lei. Fece per uscire dalla porta ma una mano afferrò la sua.

Lei si voltò, incrociando ancora una volta i suoi amati occhi castani.

"Sono stato sincero dall'inizio fino alla fine"

"Lo so... lo so" e così uscì da quel bagno, dopo un tempo inestimabile.  Ma i problemi non erano finiti lì, perché un altro tornado le si stava scaraventando contro, alto, muscoloso e con poca calma in corpo. Quel tornado si chiama Matteo Pessina.

"Ma si può sapere perché ti sei chiusa in bagno per così tanto tempo?!" Le urlò in faccia.

Lei sussultò.

"Potresti non urlare?"

"Mi chiedi di non urlare?! Seriamente?"

Lo sguardo di Matteo si spostò proprio dietro alla ragazza, quando un ragazzo moro uscì dallo stesso bagno, e sappiamo tutti chi è.

"Non ci posso credere" si passò una mano sul volto.

"Ti sei fatta Chiesa in un bagno nonostante ti abbia tradita?!" Sbraitò.

Ok, questo era troppo.

Lo trascinò fuori da quel locale, sorpassando la folla, nonostante Matteo non avesse molta voglia di parlare.

E finalmente, quando uscirono dal locale, ebbero avuto occasione di parlare, seduti su un muretto alquanto distante, il giusto pur di non sentire la musica assordante.

"Innanzitutto, non urlare più in quel modo" iniziò lei.

"Non dovr-"

"Fai parlare me. Punto due: non mi sono fatta Chiesa in un bagno" mimò delle virgolette con le mani, contraendo il volto in una smorfia di irritazione.

"Non scambiarmi per una qualunque" rimarcò l'ultima parte.

"Mi dispiace, non era mia intenzione. Ma cosa ci facevi con Chiesa, allora?"

"Abbiamo parlato"

"Di cosa?"

"Mi ha spiegato cosa è successo... con Benedetta"

"Andiamo, non crederai mica alla storiella che lei lo ha voluto mettere in difficoltà" disse senza pensarci troppo.

Forse fin troppo.

Aveva appena ammesso di sapere tutto, senza mai dirlo alla sua migliore amica (anche se di miglior amica ha ben poco, visto che lui vuole tutto tranne che un'amicizia, ma continuiamo) che in quel periodo aveva speso fin troppe lacrime.

"C-cosa?"

Gli rivolse uno sguardo assassino, alzandosi lentamente.

"Te lo avrei detto..."

"Sapevi tutto?"

Lui non parlò. Chi tace acconsente.

"Sapevi tutto?!" urlò. Si portò i capelli dietro, camminando su sé stessa, mentre tentava di calmare il bollore che aveva dentro.

"L'ho fatto per il tuo bene"

Ed eccola qua, la solita frase fatta che si dice quando non si sa come giustificarsi. Un puro tentativo di manipolazione, così da far passare il ferito come colpevole, un classicone.

"Mi vuoi così bene da lasciarmi piangere su un letto, credendo che il mio ragazzo mi stesse tradendo?"

"Ti voglio così bene da proteggerti da lui perché ti ha fatto fin troppo male quest'anno. Avevi bisogno di dimenticarlo"

"È assurdo"

"Non è assurdo. Ti avrà fatto forse più male che bene in questi mesi. Come fai ancora a difenderlo?"

"Non sai quanto bene mi abbia fatto quel ragazzo, non lo sai"

"Quindi vuoi ritornare da lui e far finta che non sia successo nulla?"

"Effettivamente non è successo nulla: non ha sfiorato Benedetta"

"Non intendevo loro due, intendevo noi" si alzò anche lui.

"Noi?"

"C'è attrazione, ed è evidente a kilometri di distanza" si avvicinò lentamente, posizionandosi proprio davanti a lei. "Io impazzisco quando ti vedo, tu sussulti quando ti sfioro" con un dito prese ad accarezzarle la spalla scoperta.

"Tu ti imbarazzi quando si incrociano i nostri sguardi, io starei ore a guardare i tuoi occhi verdi" posizionò una mano sulla guancia.

"Giuro che fremo dalla voglia di sentirti mia e averti fra le mie mani"

Bastarono queste parole per farle scorrere lungo la schiena un brivido.
Ma ora non erano più coscienti, erano quegli istinti a parlare (e l'alcol). Tanto, a chi dovevano dar conto e ragione?

Le loro labbra si unirono ancora una volta, mentre i corpi si surriscaldavano.

Lui la sollevò così che lei potesse circondargli la vita con le gambe. L'appoggiò delicatamente contro un muro, le sue mani si posarono sul sedere.

Scontravano i loro bacini, facevano scoccare le loro lingue, erano fin troppo presi dal piacere e quella notte sembrava voler durare più del solito e terminare in modo diverso.

Lui le alzò leggermente il vestito, portandovi una mano in mezzo. Inaspettatamente, con due dita toccò la sua intimità.

"È così che ami Federico?" Pensò fra sè.

No, non è così. Cosa diamine sto combinando?

"Fermati" lo bloccò.

"Che succede?"

"Non riesco"

"Lasciati andare, ne hai bisogno"

"Non voglio essere una scopata e via, Matteo"

"Non lo sei e mai lo sarai. Voglio solo farti stare bene. Ti serve rilassarti e siamo fin troppo brilli per riflettere in questo momento. Colpa dell'alcol"

Era vero, l'alcol si stava facendo sentire e non poco.

Massì, colpa dell'alcol!

Riprese a baciarlo. Lui sorrideva sulle sue labbra.

"Ma non voglio farlo su un muretto" rise lui.

"Ti porto a casa?" continuò.

Lei lo guardò male. Ok, era ufficialmente sbronza.

"Ehi, non sei l'unica a star soffrendo qua" ribatté lui facendola arrossire.

È sbagliato. Monica, ragiona, potresti star per fare una cazzata.
Rovineresti tutto, non puoi.
Non vuoi.
Hai lottato tanto per avere quel ragazzo e te lo lasci scappare per un altro, sbronzo quanto te, che non ami?
Pensa.
Che poi così brillo non è neanche in grado di guidare!

Beata coscienza.

"Vieni?"

"Non sei in grado di guidare"

"Mi sottovaluti"

"Non sto scherzando, è un errore"

"Che vuoi dire?"

"Io amo Federico. Non posso fargli un torto così grande"












Filo Rosso - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora