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"Respira", si disse mentalmente, "respira, puoi farcela" continuò portandosi una mano a stringere il collo, come se potesse aiutarlo in qualche modo a sbloccarsi.
Gli tremarono le gambe, restavano rannicchiate, non riusciva ad allungarle. Faceva male, il petto faceva così tanto male, sembrava stretto e pressato, così tanto da comprimere i suoi polmoni per farli scoppiare come fossero due semplici palloncini.
Provò a deglutire, neanche quello ebbe effetto. Allora decise di ancorare la mano a terra, affondare le unghie nelle mattonelle. Le sentì scheggiarsi, ma sapeva di non poter mollare, aveva ancora delle cose da fare. Finire di indagare ogni singolo aspetto di quella situazione.
Sapeva perfettamente di essere diventato rosso in volto, bollente lungo il collo, quei secondi senza ossigeno sbravano interminabili.
Arrancò, provò a tirarsi su, ma ricadde lungo il pavimento. Poi un colpo di tosse sembrò riattivare le sue vie aeree, come se una diga si fosse rotta e l'aria avesse ripreso a defluire regolarmente.
I suoi pomoni si gonfiarono, li sentì scoppiare e quando espirò tossì nuovamente ed insieme ad esso vide le prime macchie di sangue a terra.
La mano corse veloce nella tasca dei pantaloni per afferrare il solito fazzoletto. Non fece in tempo a portarselo davanti la bocca che da essa uscirono altri schizzi.
Il suo stomaco si contorse, percepì uno strano rumore e venne travolto da un conato di vomito. Gli risalì lungo tutto l'esofago e sentì la bocca piena. Non poté trattenersi e si riversò sul pavimento.
Il sangue sembrò uscire a fiotti. Le sue mani si sporcarono, così come i vestiti. Cercava di contenersi ma non riusciva. Le fitte, le contrazioni erano così dannatamente dolorose.
Respirò a fatica quando tutto finì. Gli occhi umidi di lacrime dallo sforzo. Piantò le mani a terra ed osservò silenzioso quel disastro.
Sospirò, si afferrò la maglietta dal bordo inferiore e la tirò su, passandola sulla sua bocca per pulirla. Poi se la sfilò direttamente. Gli occhi gli caddero sul suo petto e sbuffò una triste risata. Si sfiorò con la punta delle dita...Le costole incominciavano ad essere molto evidenti.
Sbatté le palpebre, si impose di non piangere e si alzò, per recuperare uno straccio e ripulire. Afferrò un secchio, lo mise nella doccia e puntò dentro di esso il getto dell'acqua. Si appoggiò al muro e lo guardò silenziosamente riempirsi. Fino a che pieno, non si munì di uno straccio e si mise a raccogliere tutto il sangue.
Qualche ora dopo, uscì di casa, avendo fatto le adeguate ricerche sul web. Il monastero più vicino si trovava a mezz'ora da casa sua. Avrebbe usato la sua macchina, era tanto che non vi saliva su, gli mancava in effetti.
Flaccidamente inserì le chiavi ed accese il quadro. Mise in moto e partì. Il monastero buddista sembrava molto grande dalle foto, sembrava un bel posto in generale, un luogo dove riposare per un po' il cervello. Forse dopo aver fatto il suo dovere si sarebbe perso un po' tra i suoi giardini per rilassarsi.
Voleva parlare con un monaco, una persona valida che sapesse determinati argomenti. Sperò lo potessero aiutare.
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«L'incenso aiuta a liberare la mente» asserì colui che accolse Jungkook.
«Libererà la mia?» chiese allora il corvino, rigido, seduto sui talloni.
«Solo se ti rilasserai» e come se avesse pronunciato le parole magiche, la schiena di Jungkook si curvò appena con i muscoli meno tesi. Il monaco gli si sedette di fronte, gambe incrociate e sguardo scrutatore ma sereno. Lo guardò per qualche secondo, forse quasi un minuto intero e poi un piccolo sorriso affiorò sul suo volto, scomparì allo stesso modo velocemente «L'amore»
«L'amore?» ripeté Jungkook non capendo.
«Il tuo animo è caldo, cullato dai sentimenti» Jungkook si sentì scaldato da quelle parole, il malessere fisico sembrava anche alleggerirsi «Eppure c'è un fulcro nero, aggrovigliato su se stesso» a quel punto però sentì materializzarsi veramente un buco sul petto «C-cosa?»
«Hai paura»
Lo realizzò sul serio. Messo di fronte quell'emozione.
«Non voglio gli accada niente» sussurrò abbassando lo sguardo sul pavimento «Voglio che sia felice»
«Può farlo» rispose tranquillamente l'uomo aprendo un ventaglio e permettendo al fumo dell'incenso di disperdersi meglio ancora.
Jungkook lo guardò con la fronte corrucciata «Non sa a cosa mi stia riferendo» affermò ma senza far diventare il tono irrispettoso, era semplicemente una constatazione, non aveva ancora parlato di quella situazione.
«Segui le linee del vento» cosa diavolo sta dicendo? Si chiese al lì per lì Jungkook, osservò l'indice del sacerdote avvolgersi con il fumo dell'incenso, inseguendo i suoi ghirigori. Non gli rispose, o meglio lo fece ma in modo enigmatico «Non c'è limpidezza, solo nebbia. La sua mente è così ostruita»
«La mente? Ostruita?» doveva assolutamente mettere i pezzi insieme, collegare quelle cose. La memoria. Forse era quella. Insomma, lui per primo lo aveva ipotizzato. Taehyung doveva recuperarla a tutti i costi. Quella sembrava solo un ulteriore conferma «Come posso fare?» posò le mani sulle ginocchia e le strinse forte «Come posso farlo ricordare?»
«Sbloccare una mente è come sbloccare una serratura. Aprire un ricordo è come aprire una porta»
Non capì niente, ma quale serratura? Quale porta? Non avrebbe potuto essere più chiaro? E poi un fascio di luce sembrò rischiarare i suoi pensieri. Sotto la scala, la stanza che Taehyung non aveva notato in tutto quel tempo. Forse lì c'era qualcosa, forse era la chiave di tutto. Doveva riuscire a scardinarla a costo di buttarla giù ad accettate.
«Stai morendo»
Sgranò gli occhi. Come faceva a saperlo? Non poté negarlo di certo, non quando un colpo di tosse lo scosse e fece appena in tempo a prendere il fazzoletto e tossire il sangue lì dentro. Gli venne stappato dalle mani. Il monaco se lo distese davanti il volto e lo osservò. Strinse le labbra in due linee sottili «Sangue scuro, sangue vecchio, consumato. Non ti resta molto, ragazzo»
Già, non c'era bisogno di specificarlo. Jungkook lo sapeva benissimo. Aveva paura, così tanta dannata paura di morire. Avrebbe dovuto farsi forza e darsi coraggio. Per Taehyung. Doveva farlo per lui.
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Il parco dell'università frequentata da Jimin e Jungkook, era sempre stato una grande attrattiva per gli studenti. Il prato all'inglese, le comode panchine, gli alberi a fare ombra. Jimin si era rifugiato proprio là. Le gambe tirate al petto. Le braccia a circondarle ed il volto girato verso destra con la guancia poggiata su di una ginocchia.
Il suo sguardo era perso nel vuoto, la mente così tanto pensa di pensieri, di preoccupazioni. E Yoongi lo osservava. Infilato nel suo camice bianco, se ne stava fermo nell'entrata dell'aula di medicina. Lo aveva notato anche lui, vedeva Jimin più sturbato del solito e gli avrebbe fortemente voluto chiedere cosa non andasse. Ma non sapeva se Jimin fosse disposto a raccontargli tutto.
Non ebbero più parlato da quel giorno. Da quando lo baciò senza il suo permesso. Aveva provato a mandargli dei messaggi di scuse. Era stato lasciato con il visualizzato tutte le volte. Nessuna risposta. Non sapeva effettivamente cosa aspettarsi. Vi era la possibilità reale di beccarsi un pugno in bocca. Ma si avvicinò comunque, sedendosi al suo fianco.
«È successo qualcosa?»
Jimin alzò gli occhi su di lui e sospirò pesantemente, non avendo neanche la voglia di cacciarlo via «E cos'è che non succede ultimamente? È tutto un casino assurdo»
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𝑺𝑶𝑮𝑵𝑶 𝑶 𝑹𝑬𝑨𝑳𝑻À? // ᵗᵃᵉᵏᵒᵒᵏ
Fanfiction[𝐂𝐎𝐌𝐏𝐋𝐄𝐓𝐀] ⛔18+ Jungkook non è in grado di rispettare i sentimenti altrui. Per questo l'Universo deciderà di punirlo, portandolo sempre più frequentemente a svenire, "sognando" di trovarsi in un mondo parallelo. Ma si dovrà sbrigare a liber...