Episodio XVI - Doloroso Risveglio

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INIZIO ATTO III

"... spiace... iato... cora."

Una giovane voce maschile si insinuò nel buio della sua mente. Ma lui quasi non se ne rese conto e le poche sillabe che riuscirono a filtrare non potevano avere alcun senso compiuto, tanto erano distorte dall'eco che gli rimbombava nelle orecchie. Non conosceva l'uomo che aveva parlato.

"... isco... armi... tamente."

Una seconda voce, anch'essa maschile, ma con un'intonazione più grave, si aggiunse alla prima. Stavolta gli parve di conoscerla, ma non riuscì a collegarla ad un volto. La sua mente era completamente annebbiata e lo sforzo lo fece ripiombare nell'oblio.

Dopo un tempo indefinito, dei suoni, stavolta decisamente più chiari e definiti, cominciarono nuovamente a filtrare nell'oscurità. Sentiva dei sibili sommessi, un bip a intermittenza che sembrava seguire il ritmo del suo respiro, delle voci indistinguibili in lontananza. Poi iniziò ad arrivare il dolore. Leggero inizialmente, ma poi sempre più forte, proporzionalmente al suo riprendere conoscenza. Come il dilagare di un'inondazione senza che ci fosse alcuna barriera che la potesse anche solo rallentare. Proveniva soprattutto dal viso, in particolare dallo zigomo destro e la guancia sinistra, dalla schiena, nella zona dove si trovavano le costole, e dalla nuca. Emise un lieve gemito che riuscì a malapena ad uscire dai denti serrati. Dopo quella che gli sembrò un'eternità, riuscì ad aprire gli occhi. Da buio il suo mondo divenne di un bianco accecante, che gli feriva le pupille.

Insieme alla vista, iniziarono a tornare i ricordi. Tutti insieme. Un'esplosione enorme, la mano di una ragazza stretta alla sua e la vista di Haven davanti, una grande impalcatura metallica sotto la pioggia, lo schema olografico di un dispositivo sospeso in aria in una stanza buia.

"Il progetto Kynima! Il motore ad arricchimento!" E a questa prima rivelazione ne seguì un'altra, decisamente più dolorosa. Ora ricordava: il collaudo del motore ad arricchimento... qualcosa era andato storto... c'era stata un'esplosione.

"Gyon! Zefyr!". Nonostante nella sua mente fosse risuonato come un grido disperato, fu poco più di un sussurro a lasciare le sue labbra. Sentì il cuore iniziare a battergli all'impazzata mentre il dolore alla nuca e al viso aumentava a dismisura. Cercava di divincolarsi dalle lenzuola che lo intrappolavano, ma quelli che a lui parevano sforzi titanici erano in realtà deboli movimenti.

"Albion, devi calmarti ora! Calmati! Rischi di peggiorare le tue condizioni!". La voce era la stessa che già aveva sentito, ma che non conosceva. Sentì un paio di mani forti afferrarlo alle spalle, cercando di tenerlo fermo. Per quanto avesse parlato in modo deciso, il tono dello sconosciuto era comunque gentile e riuscì a tranquillizzarlo almeno un po'. Stando alla direzione da cui proveniva la voce, l'uomo si trovava alla sua sinistra. Voltò lo sguardo in quella direzione e, dopo qualche istante, un volto iniziò ad emergere dalla nebbia che gli velava gli occhi. Apparteneva ad un aygidiano piuttosto giovane con capelli castani scuri di media lunghezza, che lo stava guardando. I suoi occhi erano quasi dello stesso colore dei capelli, con sfumature tendenti al verde.

Con voce ancora molto flebile e velata dall'apprensione, Albion disse:

"Il Dipartimento... il progetto... il direttore Ertz sta bene? La tecnologa Kessar?". La sua mente era ancora un po' confusa e non riusciva a mettere bene in ordine i pensieri e le domande. Il medico scosse la testa in segno di diniego e disse:

"Mi dispiace ragazzo, mi è stato espressamente ordinato di non rispondere alle tue domande. Non posso dirti niente. E oltretutto le informazioni in mio possesso sono molto scarse."

Dalla voce dell'aygidiano si intuiva chiaramente che non gli andava troppo a genio la cosa e che, se avesse potuto, gli avrebbe detto tutto quello che sapeva. Comunque col passare dei minuti la cappa nella mente di Albion iniziava a dissiparsi: pensieri e ricordi cominciavano ad organizzarsi in modo più lucido. Adesso iniziava a ricordare e non c'era bisogno che il medico gli rispondesse: in cuor suo Albion sapeva che il direttore Ertz non poteva essere sopravvissuto all'incidente. Realizzandolo, una morsa di gelo si espanse nel suo petto e sotto ai suoi occhi comparvero delle venature bluastre a sottolineare lo sconforto che provava. Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi ma le trattenne. Quasi tutte. Naturalmente il dottore lo notò, quindi in tono gentile proseguì:

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