Capitolo 1: Radici

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Si rigirò nel letto. Di nuovo. L'occhio le cadde sulla sveglia digitale che, in rosso, segnava le tre del mattino e sospirò. Irrequieta. L'avambraccio destro a coprire gli occhi, sbuffò. Si arrese di fronte all'evidenza di un'altra notte passata insonne in un letto troppo grande, l'ennesima, l'ultima in quella metropoli che non conosceva il buio, violato dalla illuminazione artificiale dei grattacieli che tenevano accese le strade silenziose e deserte. Un gesto lento, quasi annoiato e sciolse la lunga chioma rossa; pensare che, qualche anno prima, era stata sul punto di nasconderla sotto un comune e ordinario nero ma ... Non sarebbe stata una scelta responsabile da parte sua. Il contatto dei piedi scalzi con il pavimento le diede immediato sollievo, s'incamminò a passo leggero, al buio, non voleva destare la casa addormentata e tranquilla, così lontana dai mille pensieri che affolavano la sua mente e poi, quel breve tragitto, stanza-cucina, le era straordinariamente familiare, nonostante l'arredamento ormai spoglio a causa dell'imminente trasloco. Aprì lentamente il rubinetto e raccolse l'acqua corrente in un bicchiere; cominciava sempre così la sua attesa dell'alba tra chiamate intercontinentali e rimproveri: "Non dovresti dormire a quest'ora?" Emma non aveva ancora smesso di preoccuparsi dei suoi ritmi di vita ... "Sei dimagrita ancora!" Silvia era in grado di indovinare le variazioni minime della bilancia con un solo sguardo, a nulla serviva addurre una distorsione dello schermo e, comunque, dal giorno seguente non avrebbe più potuto trincerarsi dietro quella banale scusa; per fortuna c'era Demi ad allietarle le notti con i suoi racconti spensierati: il college, i fumetti, la nuova passione per la fotografia, i flirt universitari... Portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò distratta, nella penombra la sua figura si stagliava perfetta, accolta in una vecchia maglia di proprietà altrui, che si era conservata senza grossi danneggiamenti nonostante tre traslochi e centinaia di passaggi in lavatrice. Forse è vero che un tempo la qualità dei prodotti era migliore o più semplicemente quella maglia dei Rolling Stones aveva visto troppe lacrime, troppe paure, troppe scelte sbagliate ma coraggiose o giuste ma codarde, per potersi rovinare; era un simbolo, un ricordo e quelli non si cancellano, indelebili come i tatuaggi sulla pelle.
"Non riesci a dormire?"
Isabella sobbalzò leggermente e si voltò lentamente: "Non volevo svegliarti" si scusò.
"Mi sono addormentato, eh?" sorrise, passandosi una mano dietro la testa, in leggero imbarazzo, come se fosse la prima volta che crollava sul suo divano e lei non se la sentiva di svegliarlo per mandarlo a casa.
"Alla seconda canzoncina" sottolineò con tono divertito, privo di rimprovero: non era stata un'ottima idea accettare che, dopo aver smontato un turno di dodici ore, la aiutasse con gli ultimi dettagli prima della partenza, ma in quegli anni aveva imparato che Riley era persino più testardo di lei e dirgli no, quando si metteva in testa qualcosa, era pressochè impossibile.
"E il diavoletto della Tasmania?" le chiese.
"È crollato, ma è stata dura! È così eccitato per la partenza di domani, per lui è tutta una grande avventura ..."
L'incertezza nella sua voce non gli sfuggì: "Lo sai che non devi farlo per forza ..."
Isabella scrollò le spalle: "Glielo devo ..."
"Cazzata..." ribattè lui con tranquillità.
"Avrebbe potuto darmi il benservito, in molti lo avrebbero fatto, mettermi in pachina, trincerarsi dietro un patetico: ora hai qualcosa di molto più importante a cui pensare. Dopotutto, non era quello che si aspettava da me, che si aspettavano da me, non mi aveva scelta perché andasse così ..."
"Semplicemente sapeva che te la saresti cavata alla grande e così è stato, Isa."
"Sì?" chiese poco convinta. "E comunque ..." sviò il discorso, abbozzando un sorriso: "...Erano i piani, no? Cinque anni e poi un altro paese, una nuova città ..." Peccato che Milano non avesse nulla di nuovo per lei.
Riley scosse il capo: aveva imparato a conoscerla, non lo poteva fregare. "Vieni qua!" la strattonò delicatamente per il polso e la strinse in un abbraccio.
Isabella chiuse gli occhi, abbondonandosi tra quelle braccia, la guancia appoggiata poco sotto la sua spalla, sorrise mentre le dita tra le scapole, stringevano inconsapevolmente la sua maglia, come se temesse che scomparisse da un momento all'altro. "Non riesco a fare a meno di chiedermi se sia stata la scelta giusta" sussurrò appena il suo timore.
E quella volta Riley non poté evitarlo: "Non ti lascerei mai andare, se non fossi certo che sia la cosa migliore ..." rispose sicuro, sfiorandole lo zigomo con il pollice. Un bacio a fior di labbra, delicato, il primo.
"Perché lo hai fatto?" Un bisibiglio quasi impercettibile.
"Non volevo passare il resto della vita a chiedermi come sarebbe stato"
"Già..." sussurrò Isa, mentre si alzava in punta di piedi per riprendersi la sua bocca in un climax ascendente, discendente e poi di nuovo ... Ci aveva mai pensato prima? No, non lo aveva mai considerato sotto quel punto di vista, eppure ora che stava succedendo le sembrava così naturale, così logico ... Le loro labbra si separarono e i loro occhi si intrecciarono, smarriti, imbarazzati, la mano scivolò sul suo cuore, che batteva forte, poi Isabella si allontanò senza dire nulla, seguita dallo sguardo confuso di Riley. Pochi passi e si girò di nuovo verso di lui per tendergli la mano.

Scherzi del destino - la storia continuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora