Capitolo 7: In guerra e in amicizia

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"Quindici verticale, sei lettere ..." si passò la penna dietro l'orecchio "Secondo i romani, del destino tessono i fili" rilesse a bassa voce la definizione che lo separava dal completare il cruciverba giornaliero.
"Parche" rispose una voce dolce e gentile.
Gennaro alzò gli occhi sorpreso: non si era accorto del suo arrivo "Signorina Isabella!" sorrise in leggero imbarazzo "Cominciavo a pensare che non l'avrei vista oggi" confessò, solitamente a quell'ora era già entrata e uscita dall'ufficio un paio di volte.
"Ormai dovrebbe saperlo, Gennaro, non si libererà di me facilmente ..." lo canzonò bonariamente.
"Non dica sciocchezze, signorina ..." Era così gentile con lui, si fermava sempre a fare due chiacchiere, non era mica come tutti quegli altezzosi che non lo degnavano neanche di uno sguardo "Mattinata produttiva?" s'interessò.
"Magari, magari... Da quando gli uomini sono così capricciosi?" domandò.
"Non lo chieda a me, signorina..." si strinse nelle spalle, arricciando i baffi grigi.
"Già ... Novità dai piani alti?" s'interessò.
"Non ancora ..."
"Posso fare qualche domanda in giro, magari riesco a ..." si era presa a cuore la sua situazione, non voleva che lo rimpiazzassero con l'ennesima ochetta botulinata e pettegola.
"Non si disturbi signorina, hai già tante cose a cui pensare ... A proposito..." si ricordò " ...ho ritrovata questa ieri sera, deve esserle caduta ..." Tirò fuori da sotto la postazione una macchinina blu elettrico "Il suo piccolino potrebbe sentirne la mancanza"
Isabella sorrise grata e sollevata: "Pensavo di averla persa ..." la portava  sempre con sè, più come portafortuna, che come salvagente per prevenire eventuali crisi di pianto o noia di Thomas "Grazie, davvero" sottolineò con gli occhi.
"Dovere" si schermì il portiere.
"Le devo un caffè ... E non accetto rifiuti" lo anticipò, strappandogli un sorriso. "Se siamo d'accordo ..." non gli aveva concesso replica "La lascio al suo cruciverba ..."sorrise soddisfatta, prima di imboccare la via degli ascensori.
"P-a-r-c-h-e" scandì Gennaro riempiendo le caselle e, soddisfatto, posò la penna.

Fu sufficiente mettere un piede fuori dall'ascensore per capire che nell'aria c'era qualcosa di strano. Il telefono squillava, riempiendo l'atrio silenzioso e deserto, Rosa non era alla sua postazione e nessuno sembrava intenzionato a prendere quella telefonata. lsabella sospirò insofferente, stava per affrettare  il passo quando due delle nuove apprendiste le tagliarono la strada, troppo indaffarate a bisbigliare tra loro per accorgersi della sua presenza: "Hai visto che figo ..." ridacchiò una delle due "Quei  muscoli poi ... Illegali in 200 paesi al mondo ..."
"Per non parlare di quei tatuaggi ..." le diede manforte l'altra. "Ero sul punto di offrirmi come su assistente personale ... Sì, signore ..." continuò maliziosamente "... Tutto quello che vuole"
Entrambe scoppiarono in una risata sciocchina, Isabella, perplessa, le guardò sfilare di fronte a sé, ci mise un attimo a realizzare che il telefono aveva smesso di squillare: Beatrice, una delle stagiste, stava prendendo nota di qualcosa e quando la raggiunse aveva giá chiuso la telefonata. "Buongiorno" la salutò la giovane, che nei suoi confronti nutriva una sorta di venerazione mista a soggezione.
"Che sta succedendo?" le chiese senza troppi giri di parole: stagiste che rispondono al telefono, oche allegramente starnazzanti per i corridoi.
"L'arrivo del fotografo ha scombussolato i piani della mattinata" spiegò prontamente Beatrice.
"Quale fotografo?" chiese confusa.
"Per il sito e la brochure ..." Possibile che non lo sapesse? "Il dottor Tolomei ha deciso di rinnovare l'immagine della sede. Non è stata ..." la stagista fu bruscamente interrotta.
"Finalmente!" ultimamente era la frase con cui Silvia la saluta più spesso. "Manchi solo tu!" esclamò sollevata. "Non vorrai mica farti fotografare in questo stato?" le chiese.
"Perché?" chiese ingenuamente "Cosa c'è che non va?" indossava un comodo tailleur pantalone e una camicia bianca diligentemente abbottonata.
Silvia la guardò storto "Pari Suor Maria Claretta" la schiettezza con cui lo desse strappò a Beatrice un sorriso spontaneo. "Per fortuna ho mandato Rosa a prendere i tuoi abiti in lavanderia ..."
"Tu cosa?" domandò allibita.
"Tanto te ne dimentichi sempre ..."non le prestò ascolto. "Eccola!" sorrise quando le porte dell'ascensore si aprirono nuovamente e la segretaria fece la sua comparsa con tre abiti freschi di lavanderia. "Grazie" le andò incontro Silvia, liberandola dal peso. "Che fai lì impalata?" si rivolse ad Isabella, porgendole l'abito che aveva rapidamente selezionato per lei "E vedi di rifarti quel trucco" aggiunse.
Isabella aprì bocca per protestare ma Silvia la fulminò con lo sguardo e lei si limitò a stringere il pugno libero e lanciare a quell'insolito trio una bonaria occhiataccia: me la pagherete!

Scherzi del destino - la storia continuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora