Capitolo 2: Vecchi amici, nuovi amici.

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"Mommy, mommy, we're late!" protestò il piccolo.
Isabella sorrise "Non siamo in ritardo" rispose distratta, mentre vagava per l'appartamento alla ricerca delle chiavi della macchina "Dove ca...volicchio le ho messe?" si ritrovò a borbottare tra sé e sé. Tra i cuscini del divano, e dove se no? Scosse il capo, mentre le afferrava vittoriosa. "Adesso possiamo ..." si bloccò non appena i suoi occhi si posarono su Thomas. Se ne stava davanti alla porta, le manine sui fianchi, sulle spalle, mezzo storto, lo zainetto da cui spuntava Dino e la fissava con quella buffa espressione spazientita che ogni volta le riempiva, lacerandolo, il cuore. "Vai di fretta?" gli chiese divertita.
"Mommy ..." s'imbronciò lui "è il primo giorno d'asilo!" le ricordò, come se fosse necessario.
"Lo so, ma non ti stai dimenticando niente?" lo prese in giro, Thomas seguì il suo sguardo fino ai suoi piedini, coperti solo da un paio di calzini colorati e, il ditino in bocca, sorrise, alzando le spalle. "Ci pensa, mamma" disse con un sorriso, mentre lo sollevava da terra per metterlo a sedere sul tavolo e infilargli le scarpe che aveva accuratamente scelto lui stesso, insieme al resto dell'abbigliamento; l'ometto cominciava ad avere gusti un po' diversi da quelli della sua mamma e non aveva certo problemi a farglielo notare! "Oplà ..." commentò Isabella dopo aver allacciato la scarpa destra "e ..."
"Mommy?" la interruppe la vocina di Thomas.
"Sì?" gli sorrise lei.
"Perché lo zio Riley non viene con noi?"
Isabella lo guardò sorpresa da quella domanda: "Cucciolo, ne abbiamo parlato, Riley vive tanto tanto lontano, non può ..."
"Perché?" insistette con innocenza disarmante.
"Perché ..." ripeté Isabella in imbarazzo "... Perché il lavoro di Riley è a Tokyo e quello della mamma, invece, adesso è qui e, anche se, Riley ti vuole tanto tanto bene, cucciolo, il suo posto non è qui con noi ..." Thomas s'incupì e abbassò gli occhietti e lei si sentì dannatamente in colpa. "Sai cosa facciamo?" propose, mentre gli aggiustava lo zainetto sulle spalle "Quando torni a casa dall'asilo, lo chiamiamo con il computer, così gli potrai raccontare tutto quello che hai fatto di bello oggi, ti va?" Il piccolo annuì con entusiasmo e il suo visino tornò a illuminarsi "Ok!" sorrise Isabella, mentre lo rimetteva con i piedi per terra "Let's go!" sospirò: non era così che sarebbe dovuta andare.

La prima cosa che aveva fatto un attimo dopo aver accettato la proposta di Tolomei, era stata iniziare la ricerca del miglior asilo per Thomas. A Tokyo usufruiva di quello per i dipendenti, un piano sopra il suo ufficio, così da poter passare la pausa pranzo a giocare con lui o, a volte, nelle giornate più tranquille, tenerlo addirittura con sé. Sapeva che le cose sarebbero dovute cambiare e quella consapevolezza non aveva reso la scelta più semplice, ma, alla fine, aveva scelto un istituto bilingue a metà strada tra il loro appartamento e il suo ufficio. Ne aveva sempre sentito parlare molto bene e, grazie ai giusti agganci, era riuscita a saltare in cima alla lista d'attesa, non che ne andasse particolarmente fiera ma con tutto quello che le sarebbe costato ... La manina stretta in quella della sua mamma, Thomas camminava con il nasino all'insù, stregato dai soffitti altissimi e dai corridoi ampissimi, Isabella riusciva a percepire un po' di soggezione nel suo bimbo e per quanto fosse normale, quasi ovvia, di fronte a un luogo totalmente sconosciuto, questa non fece altro che aumentare la sua ansia e le mille domande che le frullavano in testa: e se non si trovasse bene? E se gli altri bambini lo prendessero di mira perché è l'ultimo arrivato? E se lo facessero sentire diverso? E se ...? Se, se, se ... L'ultima classe sulla sinistra, così le avevano detto all'ingresso, Isabella si affacciò sulla porta, una ragazza che sembrava più giovane di lei, le sorrise, mentre una donna più matura le andò incontro "Lei deve essere la signora Giovini, io sono Alberta" le porse la mano. "E tu devi essere Thomas ..." si accovacciò per essere all'altezza del bambino che annuì timidamente, stringendosi più vicino alla mamma. "La vedi quella ragazza ..." indicò la più giovane che all'interno intratteneva un gruppetto di bambini "Lei è Patty e conosce un sacco di giochi divertenti, ti va di andare a giocare con gli altri?" Thomas, titubante, alzò gli occhi verso la mamma che, dopo avergli sfilato lo zainetto dalle spalle, lo incoraggiò con un gran sorriso che lo fece correre dentro senza grande timore. "Le mostro l'armadietto di Thomas" disse Alberta, indicando lo zainetto che aveva inconsapevolmente cominciato a torturare tra le dita.
Isabella annuì e la seguì fino al terzo sulla destra. "Mi hanno detto che poteva portare un peluche per il pisolino ..." disse, mostrandogli Dino "Ultimamente non riesce a dormire senza ..."
"Ha fatto benissimo" la rassicurò la donna, notando la sua indecisione "Non si preoccupi, starà benissimo ..."
"Mi scusi ..." sorrise, imbarazzata "Devo sembrarle una di quelle madri esageratamente apprensive ..."
"É assolutamente normale le prime volte ..." la tranquillizzò, ne aveva viste di peggio in tutti quegli anni di servizio "C'é qualcosa che la preoccupa in particolare?"
"A dire il vero, sì; Thomas tende a parlare ancora molto in inglese, ci siamo appena trasferiti da Tokyo e l'italiano lo usavamo solo quando eravamo noi due, non vorrei che ..."
"Le assicuro che non é un problema" la anticipò "... i bambini trovano sempre un modo per comunicare tra loro, Thomas sarà da stimolo per gli altri bambini, come loro lo saranno per lui ... E poi guardi ... " la invitò a sbirciare dentro l'aula "... mi sembra che si sia subito ambientato"
Isabella sorrise sollevata, stava giocando con una bimba dalle trecce nere, sembrava a suo agio, probabilmente le sue erano solo paranoie inutili "Allora vado?" chiese ancora titubante.
La maestra annuì "Ci vediamo questo pomeriggio" la salutò prima di tornare verso l'aula.
"Mi scusi ..." richiamò la sua attenzione Isabella, trovava talmente inutile specificarlo che quasi se ne dimenticava "Mi hanno suggerito di farglielo presente di persona, per evitare equivoci ..." così le avevano detto "Ecco, siamo solo Thomas ed io ... Nessun papà."
"Ha fatto bene a dirmelo ..." sorrise di nuovo Alberta. "Non si preoccupi signora, non ci saranno equivoci ..."
Isabella ricambiò il sorriso, un po' incerta su quale fosse il reale significato di quella parola e rimase ancora alcuni istanti a osservare il suo bimbo giocare prima di allontanarsi; un piede dietro l'altro, era quello che aveva imparato a ripetersi nei momenti difficili, un piede dietro l'altro per affrontare le proprie indecisioni e lasciarle alle spalle. Era già arrivata al portone, quando il cellulare cominciò a squillare, Isabella si mise a frugare nella borsa sempre troppo piena e sorrise, leggendo il mittente: "Buongiorno!" salutò.
"A te" ricambiò Silvia. "Come va? Hai appena lasciato il piccoletto all'asilo?"
"Adesso leggi anche nel pensiero?" domandò divertita, mentre attraversava il cortile.
"É uno dei miei tanti talenti ..." rispose prontamente l'amica. "Carini quegli occhiali da sole, nuovi?" commentò distratta.
"Cosa?" Isabella si toccò la testa, mentre si guardava intorno confusa: Silvia era proprio sul lato opposto della strada. "Che ci fai qui?" le domandò allibita, mentre si affrettava a raggiungerla.
"Pensavo avessi bisogno di una mano per resistere alla tentazione di tornare a controllare che tutto fosse a posto" la prese in giro.
"E l'ufficio?" Lei si era presa un paio di giorni prima di tornare operativa ma Silvia ...
"Mi godo un po' di libertà prima che arrivi il nuovo capo ..." le spiegò "Sai, si dice che sia una gran stronzetta ...
"Non mi dire ..."
"Sì, ma io credo che riuscirò a conquistarla ... " le strizzò l'occhio.
"Non ho dubbi ..." scosse il capo ancora incredula che fosse lì "Tu sei completamente fuori!"
Silvia alzò le spalle: "Programmi per la mattinata?" s'informò.
"Devo andare a comprare alcune cose per la casa, ti va di farmi compagnia?" effettivamente non aveva voglia di restare sola.
"Shopping? Come potrei dire di no!" accettò di buon grado e, sottobraccio, si avviarono alla macchina.

Scherzi del destino - la storia continuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora