Capitolo 12: D-Day

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Entrambe le mani giocherellavano con il sottile braccialetto di pelle che era comparso al suo polso tatuato ma, mentre le sue dita le accarezzavano ancora il seno, stuzzicandole il capezzolo turgido, la sua mente era lontana da quel divano. Demi se ne era andata da meno di quarantotto ore, portando con sé gli addobbi natalizi e la loro allegria, nemmeno il ritorno all'asilo e la prospettiva di rivedere Aurora e tutti i suoi amichetti, aveva riconsegnato il sorriso a Thomas ...
"Te l'ho detto che arrabbiata sei ancora più eccitante" Emanuele sorrise tra i suoi capelli, non aveva fatto altro che punzecchiarla, in quegli ultimi giorni, un messaggio dopo l'altro, in un climax ascendente d'impertinenza e sfacciataggine, consapevole che sarebbe tornata da lui ... Aveva una reputazione, una carriera, era una madre, lei! Ema l'aveva ascoltata inveire, trattenendo a stento un sorrisetto compiaciuto di fronte a quella sfuriata e, quando ne ebbe abbastanza, la baciò, interrompendo quel fiume in piena, c'era tutta la voglia che aveva di lei in quel bacio, la voglia di toglierle i vestiti, di morderle la pelle, di perdersi nella sua carne. Per quante Chiara, Martina e similia fossero entrate e uscite dal suo letto, c'era qualcosa di selvaggio in lei che rendeva ogni cosa più eccitante, era insaziabile, disinibita, a tratti cruda, era così che riusciva a insinuarsi sotto la pelle; erano anni che i suoi amici lo mettevano in guardia su donne del genere, creature mitologiche per Emanuele, fino a quando non ne aveva incontrata una ...
"Sei proprio un cretino ..." lo rimproverò Isabella, strusciando la guancia sul suo bicipite teso: non aveva mai trovato un rimedio migliore del sesso per sfogare la sua rabbia.
"Non ho pensato alle conseguenze ..." Emanuele lo ammise di punto in bianco: non si aspettava una reazione così veemente da parte sua ma ne era valsa la pena, soprattutto ora che aveva potuto costatarne i lati positivi ...
Isabella lasciò il suo polso e torse il collo per incrociare i suoi occhi: era serio e sinceramente dispiaciuto? "Lo so ..."si ritrovò a dire, forse, a mente fredda, la sua reazione era stata eccessiva, probabilmente neanche sua madre l'avrebbe riconosciuta ... "È una bella foto ..." lo era davvero e non glielo aveva mai detto.
"Lo so ..." Ema sorrise con la sua consueta spavalderia. "Tutto merito del fotografo! ... Un giovane artista di belle speranze ..." citò le parole dell'articolo che era uscito quella mattina "... anzi, la prossima volta che lo vedi, ringrazia il tuo amico da parte mia ..."
Isabella non poté evitare di scuotere il capo. "Certo che sei strano ..."
"Perché?"
"Non ti dà fastidio?"si lasciò scappare.
"Dovrebbe?" chiese interessato dalla piega che stava prendendo la conversazione.
"No ..." si affrettò a dire lei " Certo che no, ma ..." Non era usuale che un uomo ti parlasse di un altro mentre eri ancora nuda tra le sue braccia.
"Guarda che lo so che non ci sei andata a letto ..." le spiegò con divertita semplicità.
"Davvero? E come fai a esserne così sicuro?" gli chiese, curiosa.
"Non saresti qui altrimenti ..." Vederla con quel tizio, non lo aveva lasciato per nulla indifferente, ma li aveva studiati attentamente quella sera: non c'era complicità tra loro, né confidenza; si notava una certa intesa, avevano background simili, frequentavano gli stessi ambienti, parlavano la stessa lingua ma c'era ancora imbarazzo e poi, si capiva da come la guardava, i suoi occhi erano pieni di quel desiderio che si ha quando si vuole qualcosa che non si ha ancora avuto. Quando se l'era trovata sulla porta, Emanuele aveva capito che le sue intuizioni erano corrette: quel giornalaio da strapazzo era solo uno di quei novelli principi azzurri che, con tutte le loro belle parole e promesse, non sapevano mai dove mettere le mani o le labbra o ...
"Tu dici?" fece la vaga.
Emanuele annuì "Voi donne siete fatte così ... Non siete capaci di tenere il piede in due scarpe ..."
"Saresti sorpreso di scoprire dove sono capace di mettere i piedi ..." incrociò i suoi occhi con aria di sfida.
"Non sono uno che si sorprende facilmente ..." rilanciò lui.
"Non si direbbe ..." lo punzecchiò.
"Cosa vorresti dire?" Isabella sorrise, si mordicchiò il labbro ma non rispose. "Ah sì?" continuò e lei si limitò ad annuire maliziosa e divertita. "Sai che c'è? Sei un insopportabile so tutto io ..."
"E quanto ti piace questa insopportabile so tutto io? " chiese, spostandosi cavalcioni sulle sue gambe, le braccia, a circondargli il collo, la bocca, a pochi centimetri dalla sua, gli occhi, puntati nei suoi, passò lentamente la punta della lingua sulle labbra che Emanuele non tardò a fare sue. L'atmosfera si fece rapidamente incandescente, rovinata presto da una suoneria: "Non rispondere" supplicò senza smettere di baciarla.
"Non posso" sussurrò Isabella e, dopo un attimo di esitazione, si sporse per recuperare lo smartphone dalla borsa, abbandonata ai piedi del divano.
Ema capì subito che, anche quella volta, la fine giochi era arrivata prima del previsto, il sorriso sul volto di Isabella era sparito, sostituito da una strana agitazione: non era l'ufficio ma l'asilo. "Arrivo subito ..." assicurò prima di chiudere la conversazione. "Devo andare ..." era già in piedi quando lo informò.
"Tutto bene?"
"Sì, credo di sì ..." balbettò "Ti chiamo io" aggiunse e gli stampò un rapido bacio sulle labbra.
Emanuele annuì, tacendo l'idea che aveva preso possesso della sua mente: "Vuoi che vengo con te?"

Scherzi del destino - la storia continuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora