Capitolo 11: Anno nuovo, vita ...

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Avere Demi per casa era una benedizione, la sua allegria, la sua intraprendenza erano contagiose e la complicità tra lei e Thomas era qualcosa di spettacolare. Se aveste chiesto a Isabella chi avesse accolto peggio e chi meglio la notizia della sua gravidanza, nonostante nel primo caso la lista dei candidati fosse numerosa e nel secondo, piuttosto esigua, la sua scelta sarebbe ricaduta su un solo nome: Demi. Aveva pensato a lungo a quale fosse il modo migliore per comunicarle il suo stato, aveva rimandato, in attesa di trovare le parole giuste, che, puntualmente, non lo erano mai abbastanza: tutte premure inutili, per Demi era stato un fulmine a ciel sereno. Non capiva, non capiva perché non gliene avesse parlato prima, perché non avesse condiviso con lei quella scelta, loro due parlavano di tutti, lo avevano sempre fatto ... E così l'aveva tempestata di domande, un interrogatorio incessante nel tentativo di comprendere. Dove? A Los Angeles. Come? Staccando un assegno e sfogliando un catalogo. Quando? Quella volta che era tornata in città per lei. Perché? Egoismo probabilmente. Tutte bugie? Forse, ma cosa avrebbe dovuto dirle? La verità? Quale verità? Isabella non sapeva più quale lo fosse, come poteva raccontare a quella ragazzina, non ancora ventenne, tutte le stronzate che aveva commesso nella sua vita, come poteva confessarle che tutti i suoi buoni consigli erano il risultato dei suoi errori, di quanto in basso era riuscita a cadere, come? All'inizio Demi si era sentita tradita, come tutti, forse più di tutti, ma poi, poi aveva capito; non si trattava di loro, del loro rapporto, non si trattava di lei, ma di Bells: Bells sarebbe diventata mamma e sarebbe stata la migliore, ne era convinta ... "Bells?" la voce di Demi la distolse dai suoi stessi ricordi "Bells?" le passò una mano davanti agli occhi come a risvegliarla da un sogno "... Il telefono" le indicò lo smartphone che, abbandonato sul cuscino del divano, vibrava e la scritta Palestra lampeggiava sullo schermo.
Isabella si riscosse "Pronto!" rispose, mentre si alzava dal tappeto su cui stavano giocando tutti insieme.
"Scendi!" Ema non era tipo da giro di parole.
"Cosa?" domandò, allontanandosi ancora un po' da Demi, che aveva già ripreso a giocare con Thomas.
"Sono qui sotto ... Scendi!" ripeté.
"Che cosa ...?" Si era completamente bevuto il cervello?
"Muoviti!" la incoraggiò prima di riagganciare.
Isabella osservò per alcuni istanti il telefono ormai muto: che diamine si era messo in testa?
"Tutto a posto?" chiese Demi, cui non era sfuggita la stranezza di quella telefonata, né della sua reazione.
"Sì è che ..." cominciò a balbettare Isabella "Mi sono appena ricordata di ... Esco un attimo, ti spiace?" domandò, mentre si stava già infilando un paio di sneakers.
"Figurati ..." rispose con un'alzata di spalle "C'è qualcosa che ..." tentò di indagare ma Bells andava di fretta, talmente di fretta che "... il cappotto?!" le fece notare Demi, ma lei era già fuori dalla porta "Ah ..." sospirò, accarezzando la nuca di Thomas "Che cosa devo fare con la tua mamma?" chiese al piccolo, troppo impegnato a disegnare per preoccuparsi di quelle cose da grandi.

Appoggiato alla sua Kawasaki verde, parcheggiata sull'altro lato della strada, Emanuele attendeva con la sua solita spavalderia, infischiandosene delle occhiate curiose di alcuni condomini di passaggio. Sorrise non appena la vide sbucare dal portone e stringersi nel maglione di lana per ripararsi dal freddo pungente: "Che ci fai qui?" domandò a un passo da lui. Il bacio che ottenne in risposta, fu quella sbagliata. "Ma sei scemo?!" gli chiese, colta alla sprovvista. "Ci potrebbero vedere!" esclamò, lanciando un'occhiata allarmata verso le finestre del suo appartamento e non solo.
"E allora?" domandò, ma lei lo stava già trascinando dietro un grosso pino, al riparo da occhi indiscreti.
"Che ci fai qui?" ripeté la domanda.
"Volevo vederti ..." rispose di getto ma la sua aria spazientita, lo convinse a raddrizzare il tiro "Sono venuto a portarti questa ..." sfilò, dalla tasca interna del giubbotto, una busta voluminosa.
"E non potevi aspettare?" gli chiese indispettita.
"Consideralo il mio regalo per questo nuovo anno ..." sorrise Ema.
"Cos'è?"
"Aprila ..." la invitò. Isabella roteò gli occhi, poi lo accontentò: erano delle foto, le sue foto. "Così non potrò mai ricattarti ..." scherzò, era sicuro che quel pensiero le avesse attraversato la mente almeno una volta.
Isabella si lasciò, finalmente, andare ad un sorriso. "Non l'ho mai pensato ..." precisò. Ecco, forse poteva essersi leggermente pentita di quell'eccesso di fiducia ma addirittura pensare che ...
"Non si dicono le bugie ..." la canzonò Ema, accarezzandole le labbra, si erano lasciati trasportare un po' troppo dalla situazione, entrambi ...
"E così ... avresti attraversato mezza città solo per pulirti la coscienza?" lo punzecchiò Isabella.
"Non solo ..." spiegò Emanuele, baciandola di nuovo e quella volta lei non si sottrasse. Era passata quasi una settimana da quel pomeriggio insieme e non poteva negare che cominciava a percepire il bisogno del suo profumo, dei suoi baci, del suo tocco: le altre non erano come lei. "Ho una proposta ..." sussurrò, scostando momentaneamente le labbra.
"Davvero?" chiese stupita "Sentiamo ..." lo incoraggiò incuriosita.
"Mi chiedevo se avessi già qualche programma per sabato sera ..." Ebbene sì, lui, Emanuele, aveva appena chiesto un appuntamento a una donna con più di ventiquattro ore di anticipo.
Il sorriso sulle labbra di Isabella si smorzò: questo non se lo aspettava proprio "Io ... veramente ... Sono gli ultimi giorni di Demi in città e ..." Era la prima scusa che le fosse passata per la mente.
"Sarebbero solo un paio d'ore ..." insistette Emanuele.
"Non posso, lo sai che non posso ..." ribadì Isabella. "Magari un'altra volta?" sorrise.
"Certo ..." Emanuele si sforzò di nascondere la propria delusione: addio sorpresa!
Isabella si avvicinò per dargli un bacio "Adesso devo proprio andare ... Ti chiamo io" aggiunse e, dopo un altro rapido bacio, si avviò verso il portone. Emanuele rimase ad osservarla fino a quando non fu inghiottita dalle scale, poi, scalciato un sassolino che si era messo sulla sua strada, tornò verso la moto, scuotendo il capo: era davvero stato così stupido da cascarci con tutte le scarpe? No, certo che no ...

Scherzi del destino - la storia continuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora