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E ho sentito tutte queste persone
chiamare il mio nome
Ma loro non vedranno mai
come sono cambiato -Isaac Gracie; terrified
***
'No, aspetta,' iniziai a pregare con voce strozzata. 'Ti prego non mandarmi lì,' continuai sentendo le lacrime che iniziavano a bagnarmi il viso. 'Cecilia.'

La donna, un tempo più amichevole, non mi rispose nemmeno. Con la sua mano mi stringeva il polso e mi trascinava attraverso un corridoio che non avevo mai visto prima. Era ancora più freddo e più buio lì, mi fece rabbrividire. Volevo piangere ancora di più.

'Ti prego lasciami andare,' sussurrai ancora, speravo che provasse pietà per me e mi liberasse. Speravo che realizzasse che era uno sbaglio, proprio come le avevo detto.

'Mi dispiace così tanto, ragazzo,' disse una volta arrivati davanti ad una porta bianca con una piccola finestra. Il bianco della porta non era lo stesso delle pareti, qualcosa che mi fece inorridire. 'Ma gli ordini sono ordini,' continuó prima di aprire la porta. 'Non devi starci molto qui, ricordatelo. Va bene?'

'Ti prego, non lo fare,' la pregai un'ultima volta prima che mi spingesse oltre la porta. Caddi sul morbido tessuto di cui sembrava fatta la stanza. Lo toccai, sapevo che era stato messo lì così che non potessi farmi male.

'Ci vediamo tra poco, ragazzo,' disse l'infermiera prima di chiudere la porta, lasciandomi da solo nella stanza vuota. Chiudendo la porta aveva lasciato fuori tutta la luce che arrivava prima nella stanza, che ora era mezza all'ombra.

Lentamente iniziai a sentirmi strano. Essere rinchiuso non mi era mai piaciuto. Mi faceva sentire abbastanza a disagio sapere che non c'era nessuno che mi teneva d'occhio. Prima che me ne rendessi conto la prima lacrima rigò il mio viso, subito seguita da molte altre.

Mi sedetti nell'angolo, sentii le pareti e il pavimento soffice toccare quasi tutto il mio corpo. Anche se questa era stata una mia decisione (non c'era nessuno da incolpare per ciò che avevo fatto, nessuno mi aveva costretto a difendere il ragazzo corvino, quindi era stata una mia scelta) sentii le mani iniziare a sudare leggermente e il respiro diventare irregolare. Sapevo cosa stava succedendo; un attacco di panico.

Stare seduto in una stanza completamente bianca mi faceva perdere il senso della realtà. Non avevo idea di quanto tempo fosse passato, non avevo idea di qualsiasi cosa stesse accadendo al di là della porta. L'idea che non potessi andare da nessuna parte senza il permesso di qualcuno mi faceva sentire in prigione, mi faceva sentire vulnerabile.

Mi fece rivivere ogni momento in cui mio padre mi aveva rinchiuso nella mia stanza. Mi fece rivivere la sua rabbia, mi fece provare la stessa paura, lo stesso dolore. Potevo quasi sentirlo urlare attraverso la porta che sperava di non aver mai avuto un figlio, sperava che io non fossi mai nato.

Cercando di ricordarmi tutto ciò che Harry mi aveva insegnato iniziai a inspirare dal naso ed espirare dalla bocca, ma anche questo non riuscì a calmarmi. Provai ad afferrare qualcosa per sentire la consistenza di un oggetto, così non mi sentivo solo. Ma lo ero. Non c'era niente che potevo afferrare, niente a cui potevo aggrapparmi.

Le mie mani iniziarono a tremare ancora di più e la vista mi diventò sfocata. Sentivo di star perdendo tutto, tutti i miglioramenti che avevo fatto da quando ero arrivato qui. Il silenzio che era caduto da quando Cecilia aveva chiuso la porta fu rotto da un leggero bussare, seguito dal suono di una finestra che si apriva.

'Draco?' qualcuno disse in un sussurro. Quando finalmente aprii gli occhi notai che Harry era di fronte alla finestra, guardandomi con pietà. 'Draco, stai bene?' mi chiese anche se quella domanda non era necessaria. Non stavo bene per niente. Asciugai velocemente le lacrime che ancora erano sulle mie guance, speravo che non le avesse viste. Piangere mi faceva sentire incredibilmente debole, soprattutto quando mi trovavo di fronte a qualcuno a cui volevo far credere di essere forte.

'Cosa ci fai qui?' chiesi con una voce roca. 'Ti prego vai via prima che di vedano.'

'No,' disse Harry sicuro. 'Non ti lascio qua in questo stato sapendo che è stata colpa mia.'

'Non è stata colpa tua,' cercavo disperatamente di convincerlo. 'Ovviamente lo è,' iniziò il corvino. 'Mi hai difeso, per questo sei qui. Mi dispiace così tanto che ti abbiano fatto questo. E vorrei veramente ringraziarti.' Continuò mentre le sue guance si coloravano di rosso. I suoi occhi, all'improvviso, non guardarono più i miei. Il mio corpo sembrò riprendere qualche forza, così mi alzai. Sollevai con le dita il mento di Harry, forzandolo a guardarmi con quegli occhi fantastici.

'Ti prego guardami,' sussurrai, 'credo di star impazzendo qui dentro.'

'Ed è tutta colpa mia,' il ragazzo che è sopravvissuto si incolpó, chissà quante volte si era sentito così. Come se qualcosa fosse colpa sua anche se non lo era. Volevo proteggerlo.

'No, non lo è,' dissi. 'Non mi pento di averti difeso. Ad essere onesti, lo rifarei se dovessi. Nessuno ha il diritto di offenderti in quel modo, eccetto me ovviamente.' Lo feci ridere. Stando dentro quella stanza volevo sentire la sua bellissima risata ancora, e ancora, e ancora. 'Ció che voglio dire è che, per te, starei anche altre quattro ore qui dentro.'

Questo lo fece arrossire e un piccolo sorriso spuntò sulle mie labbra. Solo in quel momento realizzai quanto eravamo vicini. Potevo sentire il suo respiro e quando il mio sguardo si spostò sulle sue labbra non riuscivo a guardare altro. Non potevo far altro che chiedermi di cosa sapessero e volevo scoprirlo. Il più presto possibile.

I miei occhi ritrovarono quelli verdi dell'altro ragazzo, che però non guardavano i miei azzurri bensì le mie labbra. Ciò mi fece sentire un po' più sicuro e, prima che me ne accorgessi, iniziai a sporgermi verso Harry.

Riuscii a sentire il calore che proveniva dalla sua pelle soffice, potevo sentire il suo respiro e quasi urtai i suoi occhiali. Le nostre labbra erano vicinissime ma, prima di riuscire a toccarle, Harry balzò all'indietro.

'Qualcuno sta arrivando,' sussuró arrossendo proprio come me. Solo in quel momento mi resi conto che dei passi si stavano avvicinando. 'Dovrei andare,' disse. Annuii solamente e lo guardai allontanarsi. Dopo che se ne fu andato la realtà mi colpì. Se nessuno ci avesse interrotto ci saremmo baciati.

Ma, ancora peggio, mi sarebbe piaciuto.

Aftermath -drarry (trad. ita.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora